Il Duecento a Trieste – Giulio Bernardi


Il Duecento a Trieste – Giulio Bernardi


La storia di Trieste nel Duecento risente naturalmente della sua posizione geografica. Affacciata sull’Adriatico essa è oppressa alle spalle dal dilagare di marchesi, baroni e castellani tedeschi. Essi si disseminano sul Carso devastato dai Magiari, spingendo due tentacoli sul mare, l’uno al castello di San Servolo (a oriente oltre Zaule), l’altro a quello di Duino. Trieste è baluardo di italianità in un nuovo mondo estraneo, esotico ed eterogeneo che si forma alle spalle della città isolata. E’ un baluardo che vuole però mantenere la sua indipendenza da Venezia, che sempre più l’accerchia risalendo le coste adriatiche. Cerca così l’appoggio del Patriarca, cui è legata per il vincolo di vassallaggio del suo Vescovo.
Patriarcato e parlamento friulano, come l’episcopato e il comune triestino sono realtà politiche ed economiche italiane nel XIII secolo unite e assimilate nella lotta per mantenere la propria integrità territoriale e culturale, difendendosi da tedeschi e ungheresi a nordest, dai veneziani a sudovest.
Attorno al 1400 entrambe perderanno molto della loro identità: Trieste aggregata all’Austria nel 1382, il Patriarcato conquistato dei veneziani nel 1420. I secoli di dominazione successiva tenderanno, anche per cosciente proposito dei dominatori, a far cadere in oblio e a cancellare le tracce della complessa, tenace, a volte gloriosa vitalità civile di queste due organizzazioni statali del Duecento italiano ai confini nord-orientali. Il loro destino si diversificò poiché il Friuli venne assorbito, si fuse e divenne parte integrante di un suo remoto rampollo, lo Stato veneziano. Trieste invece continuò, in modo nuovo ma con immutato vigore, la sua più che mai solitaria battaglia per mantenere integrità culturale, lingua italiana, autonomia comunale, immediato e indipendente rapporto con il Sovrano.

Un commento su “Il Duecento a Trieste – Giulio Bernardi”

  1. Nel 1200 e fino al 1500 almeno, a Trieste si scriveva in latino, come in tutti regni del tempo (o in dialetto-vd. Procuratori Generali-Archivio diplomatico bibl. Hortis) e si parlava in dialetto e nelle varie lingue dei suoi abitatori, tra cui una forma arcaica di slavo, conosciuto anche da molti dei cosiddetti nobili. L’Ungheria poi, fù sempre considerata nazione protettrice di Trieste dalle mire espansionistiche di Venezia, degli Asburgo e dai conti di Gorizia, infatti la città si appella al re ungherese sia durante i vari assedi, che durante i blocchi confinari operati dai soprascritti, e lo stesso vescovo della città viene mandato come ambasciatore da Roma al re per evitare una strage a Napoli, dopo l’assassinio di suo fratello.

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