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Lo Statuto di Trieste del primo o secondo decennio del 1300 vietava di gettar acqua dalle finestre e di lavar panni, carne, pesce e vasi presso alle publiche fontane; proibiva ai calzolai di esporre, stendere od asciugare pelli sulle mura, o sulla publica via, e sino di lavorare alla finestra, alla porta, o fuori della bottega. Di contro accordava il diritto di poter tenere per un anno letame, vinaccie e legna presso la propria casa.
La pulizia della piazza veniva fatta una volta alla settimana, e lo spazzino non doveva servirsi di rastrelli od altri ordigni di ferro che avrebbero potuto danneggiare lo spiano, ma adoperare soltanto la scopa e raccogliere le immondizie ed i rifiuti con le mani.


(Giuseppe Caprin “Il Trecento a Trieste”, Trieste 1897).

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