Trieste: Segnaletica della seconda guerra mondiale sui palazzi.

U.S. Uscita Sicurezza. Via Parini 9
Segnaletica della seconda guerra mondiale sui palazzi di Trieste

Foto: Roger Seganti 
Post di Roger Seganti

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Presa d'aria del rifugio antiaereo in Viale Campi Elisi.
Presa d’aria del rifugio antiaereo in Viale Campi Elisi.

Durante la seconda guerra mondiale sui muri delle città italiane furono dipinti (spesso con l’uso della membranite, un legante per pitture resistenti alle intemperie) molti segnali distintivi per la protezione antiaerea (noti anche come segnaletica a muro, pittogrammi, graffiti di guerra o indicazioni murarie). Erano simboli (frecce e lettere) destinati ad indirizzare la popolazione civile verso i rifugi durante i bombardamenti aerei e ad aiutare l’opera delle squadre di soccorso con la rapida individuazione delle uscite di sicurezza dei rifugi e degli attacchi per gli idranti. Particolari segnali furono utilizzati per evidenziare al nemico gli edifici con destinazioni speciali (ospedali, chiese e monumenti) nella speranza che fossero rispettati. Infine vanno citate le scritte nei ricoveri, con un’ampia varietà di prescrizioni e divieti.
Il 30 gennaio 1941 una disposizione del Ministero dell’Interno indirizzata ai prefetti raccomandava “l’ubicazione di grafici (ovvero di cartellonistica) indicanti l’accesso ai ricoveri pubblici antiaerei, illuminati di notte da una lampadina azzurrata protetta verso l’alto”. Altre circolari ministeriali torneranno sull’argomento dei “cartelli e scritte indicatrici delle installazioni”; nel corso del 1942, anche con la prescrizione del dovuto “dispositivo luminoso per segnalazione ricoveri”. Sino ad ora, però, non è stata trovata alcuna tabella specifica delle tipologie grafiche da usare per i segnali distintivi e si ritiene che questi venissero liberamente declinati nel disegno a livello locale

Classificazione
Quella che segue è una prima ipotesi di classificazione (con categorie e sottocategorie) dei segnali distintivi per la protezione antiaerea. Occorre premettere che, non essendovi all’epoca prescrizioni grafiche univoche su scala nazionale, si osservano nelle diverse città simboli molto simili ma spesso non identici (variabili anche nelle dimensioni e nei colori). Inoltre per alcune lettere manca ancora un’interpretazione certa, non essendo stati trovati riscontri in documenti ufficiali.

"I" Idrante. Via Torino angolo Via Duca d'Aosta. Foto Giornalfoto 1972 (Collezione Privata).

“I” Idrante. Via Torino angolo Via Duca d’Aosta. Foto Giornalfoto 1972 (Collezione Privata).

Scritte esterne
La scritta esterna più comune è la parola “rifugio” o “ricovero” accompagnata o meno da una freccia. In alcuni casi è seguita dalla parola “ingresso” o, in prossimità dello stesso, dalla specifica della capienza dei posti. In un edificio del Policlinico di Milano è presente l’indicazione “roggia” (dentro un cerchio bianco bordato di nero) per indicare la presenza di un canale artificiale.

Frecce
Le frecce stilizzate appaiono principalmente in bianco e nero, con il contorno più o meno bordato. Ve ne sono poi alcune in colore bianco e rosso (spesso per indicare le uscite di sicurezza).

P Pozzo. Piazza Garibaldi.

Lettere
La lettera più ricorrente è la R di ricovero/rifugio, sia su campo bianco che nero, spesso inserita in una freccia. Compare anche nella versione con la c minuscola per indicare l’ubicazione in una corte o cortile (possibile anche condominiale). Lo stesso vale per la sigla US dell’uscita di sicurezza (talvolta con la scritta “in corte”). I punti in cui erano presenti gli idranti (in realtà bocchette dell’acqua poste rasoterra e chiuse da tombini) erano segnalati, oltre che dalla lettera I nera dentro ad un cerchio, anche con una targhetta. La I dell’attacco Idranti è stata segnalata a Genova anche con la m minuscola per l’uso di acqua marina. Alcune lettere sono di interpretazione controversa (in assenza di documenti ufficiali): come la F segnalata a Genova e Parma (forse derivante da “feuerloscher”, ovvero estintore in tedesco; oppure per segnalare fonte, fossato o qualcosa legato ai farmaci) e la S presente a Roma (probabilmente ad indicare un ricovero sotterraneo o in scantinato).

Segnaletica “P” Pozzo.

Segnaletica “I” Idrante.

Questo l’elenco completo:
C (Cisterna/canale)
F (Da indentificare: forse “feuerloscher”, ovvero estintore in tedesco)
I (Attacco idranti) – Im (Attacco idranti acqua marina)
P (Pozzo)
R (Ricovero/Rifugio) – Rc o R in C (Ricovero/Rifugio in corte)
S (Da identificare: forse Ricovero sotterraneo/in scantinato)
US (Uscita di sicurezza) – US in C (Uscita di sicurezza in corte)
V (Ventilazione/Presa d’aria dei rifugi). Quest’ultimo era uno dei più importanti, visto che segnalava i punti da liberare dalle macerie del bombardamento per evitare che le persone occupanti il ricovero rimanessero soffocate.

Fonti Testo: Wikipedia.

Segnaletica “US” Uscita Sicurezza. U.S. racchiusa in un cerco bianco dal bordo rosso con una freccia indicante alle eventuali squadre di soccorso (in caso se la casa fosse stata colpita dal bombardamento) dove bisognava scavare per raggiungere eventuali superstiti.

A cura di Lorenzo Grassi, vedi anche;

Segnali di guerra

La Pescheria Nuova ora Salone degli Incanti

L’edificio della pescheria è stato eretto nel 1913 su progetto dell’architetto Giorgio Polli.
Il “campanile” che si erge sulla parte sinistra dell’acquario era in realtà una “torre dell’acqua”, in quanto conteneva il serbatoio sopraelevato di acqua marina che poi veniva fatta affluire ai banchi di vendita dei pesci. La pescheria era composta da un ampio salone centrale, con i banchi di vendita, mentre dalla parte opposta all’acquario, ove adesso si trova l’entrata principale della sala espositiva, c’era la sala per le aste del pescato. Uno dei banchi di vendita è tuttora esposto all’interno della zona espositiva. L ‘acquario marino di Trieste nasce a Trieste nel 1933 in un lato dell’edificio della ex pescheria Centrale (ora trasformata in sala espositiva, chiamata Salone degli Incanti). ( da Wikipedia)

Una collezione di immagini della pescheria, per l’album completo , i contributori ed i commenti,  su Facebook, al gruppo Trieste di ieri e di oggi https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1336726989772019&set=oa.1146055815418007&type=3&theater

 

 

Le immagini della costruzione della Pescheria

 

Vecchie immagini e cartoline della Pescheria 

 

 

Gli interni della Pescheria nelle vecchie foto

Trieste : Piazza della Borsa, anni ’40

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Piazza della Borsa, anni '40. 
Collezione Giancarla Scubini

 

BORSA (piazza della)

Piazza della Borsa: San Vito-Città Vecchia/Città Nuova-Barriera Nuova. Tra capo di piazza G. Bartoli e corso Italia.

Toponimo ottocentesco invalso dopo la costruzione dell’edificio della Borsa al numero civico 14 (architetto A. Mollari, 1800) e sostituito in data 1.7.1939 (Delibera Commissario Prefettizio numero 789) con il nome di Costanzo Ciano (1876-1939), ammiraglio e uomo politico; capeggiò l’impresa navale di Buccari (1918), fu Sottosegretario alla marina mercantile (1922), ministro delle poste (1924), ministro delle comunicazioni e infine presidente della Camera (1934). Con Delibera del Podestà d.d. 10.6.1944 numero 497 venne soppressa la denominazione «piazza Costanzo Ciano» e fu ripristinato il toponimo «piazza della Borsa». Il palazzo neoclassico della Borsa Vecchia, oggi sede della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, è stato sottoposto a lunghi lavori di restauro (1966-1988), tra cui quello delle facciate (1972, architetto V. Frandoli), la ristrutturazione interna (1973-1980, impr. Savino) e il restauro delle decorazioni esterne (1988).
Al numero civico 15 è il Tergesteo opera, secondo i più recenti studi, dell’architetto F. Bruyn (1840) nei cui progetti confluirono quelli di altri architetti. La galleria venne ristrutturata nel 1957 dall’architetto A. Psacaropulo che sostituì la vecchia copertura con una nuova in vetro-cemento armato cui venne aggiunto un cornicione in cemento, decorato nella parte inferiore a forme astratte da C. Sbisà. Al numero civico 4 si trova casa Moreau (f.lli Vogel, 1788) completamente ristrutturata nel 1904 (architetto C. De Nolde) con la sola conservazione dei tre bassorilievi sulla facciata (scultore A. Bosa, ante 1820). Al numero civico 7 è casa Bartoli, edificio liberty dell’architetto M. Fabiani (1905) mentre al numero civico 8 è il palazzo delle Assicurazioni Generali (architetto M. Piacentini, 1939); al numero civico 9 la settecentesca palazzina Romano, già ospitante la libreria F. H. Schimpff e oggi sede del Credito Italiano (dal 1921), ristrutturata nel 1921 dall’architetto G. Polli; al numero civico 11 edificio ottocentesco ristrutturato nel 1985 quale sede della Banca Antoniana di Padova e Trieste. Di fronte alla Borsa Vecchia era la settecentesca fontana del Nettuno (scultore G. Mazzoleni), rimossa nel 1920 e più tardi ricostruita in piazza Venezia (ora ricollocata nella piazza della Borsa). La colonna con la statua dell’imperatore Leopoldo I, prima in linea con la fontana e la Borsa Vecchia, venne spostata di alcuni metri nel 1934; il moderno chiosco per l’attesa delle autocorriere davanti all’edificio delle Assicurazioni Generali è dovuto all’architetto C. Guenzi di Milano (1983).

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989

Trieste : via Carducci di notte – anni 40/50

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Trieste : via Carducci di notte - anni 40/50 
Collezione Giancarla Scubini

 

CARDUCCI Giosuè, via, città Nuova-Barriera Nuova/Barriera Vecchia. Da piazza Dalmazia a largo della Barriera Vecchia.

La via del Torrente, così chiamata dal Settecento per il torrente che vi scorreva nel mezzo (coperto nel 1849-1850), venne intitolata a Carducci con delibera Del. Mun. d.d. 17.2.1907 in occasione della morte del poeta, su proposta di F. Venezian; tale denominazione venne soppressa tra il 1915 ed il 1918 quando, causa la situazione politica, venne ripristinato il vecchio toponimo.

Giosuè Carducci nacque a Val di Castello nel 1835; laureatosi in filosofia alla Normale di Pisa (1856), si dedicò all’insegnamento. Fu docente di letteratura italiana all’Università di Bologna (1860-1904) e senatore dal 1890. Nel 1906 gli venne conferito il premio Nobel per la letteratura. Tra le sue raccolte di poesie si ricordano i Levia Gravia (1867-1871), Giambi ed Epodi (1867-1869), le Rime Nuove (1861-1887) e le Odi barbare (1877- 1889). Morì a Bologna nel 1907.

Carducci fu in visita a Trieste dal 7 all’11 luglio 1878; visitò la città ac- compagnato da Felice Venezian e da Giuseppe Caprin, recandosi a Miramar, a San Giusto e in visita ai musei cittadini. Fu questo breve soggiorno triestino a ispirargli le due odi barbare Saluto italico e Miramar. Il Saluto Italico venne pubblicato per la prima volta, nella forma non ancora definitiva, con il titolo Capo d’anno nel volume La stella dell’esule (Manzoni, Roma 1879), una strenna «pubblicata a benefizio della Associazione per le Alpi Giulie unione di Roma». L’ode Miramar, invece, fu scritta a strofe in diverse epoche, tra il 1878 ed il 1889. La parte iniziale venne pubblicata per la prima volta sul giornale irredentista L’Eco del Popolo (Balestra, Trieste) il 14 gennaio 1882.

Risale al 1883 il volumetto Guglielmo Oberdan, memorie di un amico, con prefazione di Giosuè Carducci (Quadrio, Milano 1883).

La via G. Carducci, una delle più ampie della città, raggiunse l’attuale larghezza nei primi anni del secolo, con l’atterramento delle case Sinibaldi, una fila di bassi edifici ottocenteschi già esistenti sul lato destro della strada e di nessun valore architettonico. Già nel 1887 venne demolita una di queste case per l’apertura dell’attuale passo San Giovanni; nel 1902 il podestà S. Sandrinelli approvò il piano di demolizione dell’ing. E. Grulis e nel 1904 l’opera era compiuta. Risale al 1903 casa Junz-Calabrese (o Mordo) al n. civ. 11: originariamente progettata dall’arch. G. Polli (1902), venne costruita nel 1903 su progetto esecutivo dell’arch. G.M. Mosco; al n. civ. 6 si trova il palazzo prima sede dell’I.N.P.S. e oggi sede della Giunta Regionale (arch. M. Giovannozzi, 1929); al n. civ. 18 edificio del 1927 e al n. civ. 36 è il Mercato Coperto, opera dell’arch. C. Jona (1935). Al n. civ. 24 si trova invece casa Berlam (1879), costruita dall’arch. R. Berlam. Al n. civ. 18 venne inaugurata, il 19.5.1929, una lapide con iscrizione dettata da Silvio Benco in memoria del chimico Luigi Chiozza (Trieste 1828 – Scodovacca 1889): «NELLA CASA AVITA / CHE QVI SORGEVA/  NACQVE/  IL XX DICEMBRE MDCCCXXVIII / LVIGI CHIOZZA/  CHIMICO INSIGNE/  INIZIATORE /  ALLATO AL GERHARDT /  DI NOVA SCIENZA /  MVRATA PER INIZIATIVA DELLA /  SOCIETÀ ADRIATICA DI SCIENZE NATVRALI / 19MAGGIO 1929».

A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna. Trieste, 1989

Trieste: Periodo del Governo Alleato, a sinistra la lanterna dipinta a strisce

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Periodo del Governo Alleato, a sinistra la lanterna dipinta a strisce, in primo piano l'ex lazzaretto trasformato in autoparco per gli automezzi americani.
Foto Sergio Sergas

La chiesa della Madonna del Mare in piazzale Rosmini: interni

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La  statua di Tristano Alberti raffigurante la Madonna con Bambino nella cripta. Foto di Elisabetta Marcovich

La chiesa della Madonna del mare

Costruita negli anni 50 in piazzale Rosmini, su progetto dell’architetto Forlati 1948 54
Precedentemente nel 1937 il podestà di Trieste Salem aveva donato alla comunità dei frati minori un terreno per edificare un convento con chiesa annessa, il convento venne costruito subito mentre la chiesa venne iniziata il 14 maggio 1948.
Di stile ispirato al romanico, in particolare nella sua forma veneta, il suo alto campanile ( il più alto della città, 62 metri) completato nel 1958, svetta sul rione circostante.
Il materiale per la costruzione venne in parte ricavato da donazioni del fedeli e in parte da materiale abbandonato al termine della guerra: da questo, e dalla presenza di pietre volutamente dipinte in bianco ad imitare le chiese medievali in cui si reimpiegavano materiali preesistenti, è nata la leggenda della chiesa costruita con lapidi tombali riciclate.
L’interno misura 57 metri di lunghezza, 22 di larghezza e altrettanti di altezza ed è uno dei più vasti di Trieste e le colonne che dividono le navate sono monoliti di pietra di Aurisina pesano ciascuna 9 tonnellate.
L’altare è un monolito di peralba rosso, ai lati sotto gli amboni di pesco carsico, ci sono gli accessi alla cripta.
Al centro dell’abside un mosaico di Luciano Bartoli , autore anche dei simboli in marmo di Aurisina delle porta a bassorilievo.
Del medesimo autore le vetrate, eseguite fra il 1969 e il 1970, le tre vetrate della controfacciata rappresentano gli episodi della creazione mentre le vetrate
laterali rappresentano simboli mariani.
Nella cripta la venerata immagine della Madonna del mare ed una Madonna di Tristano Alberti; per Natale la cripta ospita un noto e ricco presepio animato. ( E. M.)

La chiesa della Madonna del Mare in piazzale Rosmini : le vetrate

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Vetrata di Luciano Bartoli rappresentante Trieste . Foto Elisabetta Marcovich

La chiesa della Madonna del mare

Costruita negli anni 50 in piazzale Rosmini, su progetto dell’architetto Forlati 1948 54
Precedentemente nel 1937 il podestà di Trieste Salem aveva donato alla comunità dei frati minori un terreno per edificare un convento con chiesa annessa, il convento venne costruito subito mentre la chiesa venne iniziata il 14 maggio 1948.
Di stile ispirato al romanico, in particolare nella sua forma veneta, il suo alto campanile ( il più alto della città, 62 metri) completato nel 1958, svetta sul rione circostante.
Il materiale per la costruzione venne in parte ricavato da donazioni del fedeli e in parte da materiale abbandonato al termine della guerra: da questo, e dalla presenza di pietre volutamente dipinte in bianco ad imitare le chiese medievali in cui si reimpiegavano materiali preesistenti, è nata la leggenda della chiesa costruita con lapidi tombali riciclate.
L’interno misura 57 metri di lunghezza, 22 di larghezza e altrettanti di altezza ed è uno dei più vasti di Trieste e le colonne che dividono le navate sono monoliti di pietra di Aurisina pesano ciascuna 9 tonnellate.
L’altare è un monolito di peralba rosso, ai lati sotto gli amboni di pesco carsico, ci sono gli accessi alla cripta.
Al centro dell’abside un mosaico di Luciano Bartoli , autore anche dei simboli in marmo di Aurisina delle porta a bassorilievo.
Del medesimo autore le vetrate, eseguite fra il 1969 e il 1970, le tre vetrate della controfacciata rappresentano gli episodi della creazione mentre le vetrate
laterali rappresentano simboli mariani.
Nella cripta la venerata immagine della Madonna del mare ed una Madonna di Tristano Alberti; per Natale la cripta ospita un noto e ricco presepio animato. ( E. M.)

La chiesa della Madonna del Mare in piazzale Rosmini

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Chiesa della Madonna del Mare, esterno, Foto di Elisabetta Marcovich

Costruita negli anni 50 in piazzale Rosmini, su progetto dell’architetto Forlati (1948-54).
Precedentemente nel 1937 il podestà di Trieste Salem aveva donato alla comunità dei frati minori un terreno per edificare un convento con chiesa annessa, il convento venne costruito subito mentre la chiesa venne iniziata il 14 maggio 1948.
Di stile ispirato al romanico, in particolare nella sua forma veneta, il suo alto campanile ( il più alto della città, 62 metri) completato nel 1958, svetta sul rione circostante.
Il materiale per la costruzione venne in parte ricavato da donazioni del fedeli e in parte da materiale abbandonato al termine della guerra: da questo, e dalla presenza di pietre volutamente dipinte in bianco ad imitare le chiese medievali in cui si reimpiegavano materiali preesistenti, è nata la leggenda della chiesa costruita con lapidi tombali riciclate.
L’interno misura 57 metri di lunghezza, 22 di larghezza e altrettanti di altezza ed è uno dei più vasti di Trieste e le colonne che dividono le navate sono monoliti di pietra di Aurisina pesano ciascuna 9 tonnellate.
L’altare è un monolito di peralba rosso, ai lati sotto gli amboni di pesco carsico, ci sono gli accessi alla cripta.
Al centro dell’abside un mosaico di Luciano Bartoli , autore anche dei simboli in marmo di Aurisina delle porta a bassorilievo.
Del medesimo autore le vetrate, eseguite fra il 1969 e il 1970, le tre vetrate della controfacciata rappresentano gli episodi della creazione mentre le vetrate laterali rappresentano simboli mariani.
Nella cripta la venerata immagine della Madonna del mare ed una Madonna di Tristano Alberti; per Natale la cripta ospita un noto e ricco presepio animato. ( E. M.)