Trieste, Piazza G. Verdi, dicembre 1905 / gennaio 1906. Prove di collocazione del Monumento a Giuseppe Verdi (esemplare in gesso)

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Trieste, Piazza G. Verdi, dicembre 1905 / gennaio 1906. Prove di collocazione del Monumento a Giuseppe Verdi (esemplare in gesso).

Il monumento in pietra bianca, realizzato dallo scultore Laforet, venne poi collocato in Piazza S. Giovanni e inaugurato Il 27 gennaio 1906, dove rimarrà fino al maggio 1915. Distrutto dalle rappresaglie che seguirono la dichiarazione italiana di guerra all’impero austroungarico, venne rifatto in bronzo nel 1926 dalla fonderia Savini e Ripamonti di Milano.

Trieste, Piazza G. Verdi, dicembre 1905 / gennaio 1906. Prove di collocazione del Monumento a Giuseppe Verdi

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Trieste, Piazza G. Verdi, dicembre 1905 / gennaio 1906. Prove di collocazione del Monumento a Giuseppe Verdi (esemplare in gesso).

Il monumento in pietra bianca, realizzato dallo scultore Laforet, venne poi collocato in Piazza S. Giovanni e inaugurato Il 27 gennaio 1906, dove rimarrà fino al maggio 1915. Distrutto dalle rappresaglie che seguirono la dichiarazione italiana di guerra all’impero austroungarico, venne rifatto in bronzo nel 1926 dalla fonderia Savini e Ripamonti di Milano.

Trieste – Vaporetto proveniente da Capodistria

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Vaporetto proveniente da Capodistria. Foto collezione Sergio Sergas.

Sullo striscione scrive “bagni Punta Sottile”.
Nel 1910 il movimento dei vaporini (vaporetti) nel porto di Trieste era così intenso, che essi dovevano attendere prima di attraccare per sbarcare i passeggeri. Ciò provocava malumori e proteste, tanto che l’autorità portuale decise di destinare quale sito di approdo, sia alla società Capodistriana che ad altri piccoli armatori, il molo dei pescatori in Sacchetta, scomodo e lontano dall’approdo tradizionale davanti alla Piazza Grande. Vi furono vari interventi e ricorsi anche da parte dei podestà delle cittadine istriane interessate, finché venne assegnata alla società Capodistriana la radice sinistra del Molo della Sanità. Nel 1912 entrava in linea il “Tergeste”, la prima “nave bianca” della Società (gli altri vaporini avevano, per lo più, lo scafo dipinto di nero). Questa ripresa nella foto potrebbe essere”l’Egida” il più piccolo mezzo della società. (Margherita Tauceri)

Trieste Rive, vaporetto proveniente da Capodistria

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Vaporetto proveniente da Capodistria. Foto collezione Sergio Sergas.

Sullo striscione scrive “bagni Punta Sottile”.
Nel 1910 il movimento dei vaporini (vaporetti) nel porto di Trieste era così intenso, che essi dovevano attendere prima di attraccare per sbarcare i passeggeri. Ciò provocava malumori e proteste, tanto che l’autorità portuale decise di destinare quale sito di approdo, sia alla società Capodistriana che ad altri piccoli armatori, il molo dei pescatori in Sacchetta, scomodo e lontano dall’approdo tradizionale davanti alla Piazza Grande. Vi furono vari interventi e ricorsi anche da parte dei podestà delle cittadine istriane interessate, finché venne assegnata alla società Capodistriana la radice sinistra del Molo della Sanità. Nel 1912 entrava in linea il “Tergeste”, la prima “nave bianca” della Società (gli altri vaporini avevano, per lo più, lo scafo dipinto di nero). Questa ripresa nella foto potrebbe essere”l’Egida” il più piccolo mezzo della società. (Margherita Tauceri)

Trieste – Le “case degli Americani” (in primo piano, sopra via Cantù)

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Le “case degli Americani” (in primo piano, sopra via Cantù).
L’Università è stata terminata da poco.
Quasi al centro è ancora visibile la ciminiera della fabbrica di saponi Pollitzer (sullo stesso luogo verrà costruita la chiesa dei Santi Pietro e Paolo). (Dino Cafagna)

Trieste – Villa Arnstein

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Villa Arnstein (“Villa Triste”), via Bellosguardo 12, 1935.
La villa Arnstein, dal nome dei proprietari, una famiglia di commercianti di caffè di origine ebraica costretta a fuggire da Trieste a seguito dell’emanazione delle leggi razziali, venne, a seguito delle leggi razziali, requisita dallo stato e, nella primavera del 1942, adibita a sede dell’ispettorato speciale della P.S. per la Venezia Giulia (“Banda Collotti”). Quando in giro si cominciò a sapere delle torture e delle violenze che dentro ad essa venivano compiute, venne dalla gente soprannominata “Villa Triste”.
La villa di allora era molto grande, comprendeva infatti un giardino, un casotto del giardiniere, la villa propriamente detta, un’autorimessa ed anche un campo da tennis. (Dino Cafagna)