Come cambiò nel tempo Piazza Grande- un momento di transizione

Dall’Albertina di Vienna questo dipinto che mostra il porto di Trieste, autore Leander Russ, anno 1845.
Il titolo Porto di Trieste: ovviamente il porto di allora, di fronte alla piazza principale presso le Rive.
Fissa nel suo dipinto un momento particolare della storia di Piazza Grande anche detta Piazza san Pietro   (ora, ingrandita,  Piazza Unità d’Italia) e del porto di allora: hanno già abbattuto le mura e la torre del porto ( 1837-38), ma non ancora la Locanda grande che si riconosce al centro, a sinistra palazzo Plenario poi Pitteri unico a rimaner al suo posto e si intravede la colonna di Carlo VI a sinistra. In primo piano a sinistra dovrebbe essere casa Stratti (1837). A destra c’è il mandracchio e il moletto che si intravede non è il molo san Carlo ( ora Audace) ma il piccolo molo che si trovava al centro del porticciolo .
La casa in fondo si trova tuttora in via Mercato vecchio.

Successivamente 1858-63 interrarono il porticciolo – mandracchio , per ricordarlo attualmente in piazza ci sono lucine azzurre per terra, per ricordare che lì un tempo arrivava il mare.

Alcune immagini della Biblioteca Civica Attilio Hortis che mostrano la zona vista dal lato della piazza, prima che abbattessero torre e carceri

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Trieste – San Giovanni Decollato, stazioni o tappe della Via Crucis: XII-XIII-XIV

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Trieste - San Giovanni Decollato, stazioni o tappe della Via Crucis, opera del pittore Giovanni Luigi Rose (1858)
XII Gesù muore in croce
XIII Gesù è deposto dalla croce
XIV Gesù è deposto nel sepolcro

La chiesa venne costruita a partire dall’anno 1856 su progetto dell’architetto Giuseppe Sforzi  e venne consacrata dal vescovo Bartolomeo Legat il 27 giugno 1858. Nel 1859 fu istituita a vicariato parrocchiale; nel 1864 venne elevata a parrocchia.

Resasi la vecchia chiesetta dei SS. Giovanni e Pelagio insufficiente alla popolazione di S. Giovanni, nel 1852 venne sottoposta al Magistrato civico la richiesta di ampliare la stessa o in alternativa di costruirne una nuova. L’allora Podestà di Trieste, Muzio de Tommasini, era favorevole alla costruzione di nuove chiese a Trieste (diede parere favorevole anche alla costruzione di quella di S. Giacomo e di Roiano). L’8 febbraio si optò per la realizzazione di un nuovo edificio a spese del Comune e la concessione del terreno. Il 29 giugno 1856 vennero iniziati i lavori di costruzione.

Dedicata a San Giovanni Decollato (cioè al Battista), porta l’iscrizione latina sulla lunetta del portale:

TEMPLUM / IOANNI / DECOLLATO / VARDULENSIUM / PATRONO / SACRUM TERGESTINORUM / PIETATE / EXCITATUM BARTHOLOMAEUS / EPPUS / TERGESTIN / IUSTINOP /  DEDICAVIT / ATQUE / CONSECRAVIT / DIE / XXVII / IUNII / MDCCCLVIII.

L’edificio è stato progettato dall’architetto Sforzi e si presenta a pianta a croce latina ad unica navata, con due bracci laterali e con abside pentagonale. Il campanile è a base quadrata addossato all’estremo lato dell’abside. L’altare maggiore, disegnato dallo Sforzi nel 1857, è costituito da una mensa con tabernacolo, decorata a motivi geometrici con marmi policromi; i due altari laterali sono stati progettati ed eseguiti dallo scalpellino Antonio Trobec nel 1873. Sopra l’altare maggiore si trova la pala raffigurante S. Giovanni in attesa del martirio, opera del pittore viennese Edoardo Heinrich, siglato e datato 1858; ai lati dell’altare due statue devozionali in stucco policromo (del 1902), ritenute i Santi Cirillo e Metodio, realizzate da Fr. Ks. Tončić.

Lungo le pareti troviamo quattordici stazioni della Via Crucis (1858) dipinte dal pittore Giovanni Luigi Rose (che nel 1856 aveva già eseguito la Via Crucis per S. Giacomo); sui due altari laterali le pale della Beata Vergine del Rosario e di San Giuseppe, attribuite sempre al Rose, con l’aiuto del figlio Antonio.

Sulla parete destra, presso l’entrata, si trova il quadro dell’Assunta, produzione barocca ispirata alla celebre pala del Tiziano, donata da un privato; sulla parete di fronte è collocata la pala con la Madonna fra i santi Giovanni e Pelagio, dipinta dal Rose nel 1853 (firmata e datata), eseguita per l’antica chiesetta dei SS. Giovanni e Pelagio e in seguito trasferita nella nuova parrocchiale.

L’organo originale, proveniva da S. Giusto ed era stato costruito nel 1780 da Francesco Dazzi o Dacci. Diviso a metà (l’altra metà finì nel 1862 nella chiesa di Roiano), venne collocato nella chiesa di san Giovanni nel 1860. Venne sostituito nel 1953 da uno realizzato da Elli Zanin di Codroipo.

Nel 1932 sono stati effettuati dei lavori di restauro e di decorazione esterna con il concorso della Soprintendenza.

(g.c.)

Trieste – San Giovanni Decollato, lato sinistro presso l’entrata, la Madonna fra i santi Giovanni e Pelagio

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Trieste - San Giovanni Decollato, lato sinistro presso l'entrata, la Madonna fra i santi Giovanni e Pelagio, dipinta dal Rose nel 1853 (firmata e datata), eseguita per l'antica chiesetta dei SS. Giovanni e Pelagio e in seguito trasferita nella nuova parrocchiale

La chiesa venne costruita a partire dall’anno 1856 su progetto dell’architetto Giuseppe Sforzi  e venne consacrata dal vescovo Bartolomeo Legat il 27 giugno 1858. Nel 1859 fu istituita a vicariato parrocchiale; nel 1864 venne elevata a parrocchia.

Resasi la vecchia chiesetta dei SS. Giovanni e Pelagio insufficiente alla popolazione di S. Giovanni, nel 1852 venne sottoposta al Magistrato civico la richiesta di ampliare la stessa o in alternativa di costruirne una nuova. L’allora Podestà di Trieste, Muzio de Tommasini, era favorevole alla costruzione di nuove chiese a Trieste (diede parere favorevole anche alla costruzione di quella di S. Giacomo e di Roiano). L’8 febbraio si optò per la realizzazione di un nuovo edificio a spese del Comune e la concessione del terreno. Il 29 giugno 1856 vennero iniziati i lavori di costruzione.

Dedicata a San Giovanni Decollato (cioè al Battista), porta l’iscrizione latina sulla lunetta del portale:

TEMPLUM / IOANNI / DECOLLATO / VARDULENSIUM / PATRONO / SACRUM TERGESTINORUM / PIETATE / EXCITATUM BARTHOLOMAEUS / EPPUS / TERGESTIN / IUSTINOP /  DEDICAVIT / ATQUE / CONSECRAVIT / DIE / XXVII / IUNII / MDCCCLVIII.

L’edificio è stato progettato dall’architetto Sforzi e si presenta a pianta a croce latina ad unica navata, con due bracci laterali e con abside pentagonale. Il campanile è a base quadrata addossato all’estremo lato dell’abside. L’altare maggiore, disegnato dallo Sforzi nel 1857, è costituito da una mensa con tabernacolo, decorata a motivi geometrici con marmi policromi; i due altari laterali sono stati progettati ed eseguiti dallo scalpellino Antonio Trobec nel 1873. Sopra l’altare maggiore si trova la pala raffigurante S. Giovanni in attesa del martirio, opera del pittore viennese Edoardo Heinrich, siglato e datato 1858; ai lati dell’altare due statue devozionali in stucco policromo (del 1902), ritenute i Santi Cirillo e Metodio, realizzate da Fr. Ks. Tončić.

Lungo le pareti troviamo quattordici stazioni della Via Crucis (1858) dipinte dal pittore Giovanni Luigi Rose (che nel 1856 aveva già eseguito la Via Crucis per S. Giacomo); sui due altari laterali le pale della Beata Vergine del Rosario e di San Giuseppe, attribuite sempre al Rose, con l’aiuto del figlio Antonio.

Sulla parete destra, presso l’entrata, si trova il quadro dell’Assunta, produzione barocca ispirata alla celebre pala del Tiziano, donata da un privato; sulla parete di fronte è collocata la pala con la Madonna fra i santi Giovanni e Pelagio, dipinta dal Rose nel 1853 (firmata e datata), eseguita per l’antica chiesetta dei SS. Giovanni e Pelagio e in seguito trasferita nella nuova parrocchiale.

L’organo originale, proveniva da S. Giusto ed era stato costruito nel 1780 da Francesco Dazzi o Dacci. Diviso a metà (l’altra metà finì nel 1862 nella chiesa di Roiano), venne collocato nella chiesa di san Giovanni nel 1860. Venne sostituito nel 1953 da uno realizzato da Elli Zanin di Codroipo.

Nel 1932 sono stati effettuati dei lavori di restauro e di decorazione esterna con il concorso della Soprintendenza.

(g.c.)

Dimostranti si recano con il tricolore alla Cattedrale di San Giusto, 1918

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Lauro Lach Laghi (Trieste 1891-1971).
Caricaturista per il giornale "Il Piccolo" e per il giornale satirico "Marameo".
Trieste nella guerra mondiale 1914-1918: 
”Dimostranti si recano con il tricolore alla Cattedrale di San Giusto”, tempera su carta, datato 1918. Già Stadion Casa d'Aste, Trieste.
La Cattedrale di san Giusto.
Al culmine del colle omonimo, dove si suppone, ma senza prove evidenti, che ci potesse essere stato un castelliere, in epoca romana si creò una sorta di Acropoli. In corrispondenza all’attuale cattedrale vi era un tempio dedicato alla Triade Capitolina (provato dalle cuspidi con le immagini simboliche di Giove Giunone e Minerva) e quello che adesso viene considerato dai più come un propileo a due corpi laterali avanzanti, sul tipo dell’altare di Pergamo e di cui parte è inglobata nel Campanile.
Nei primi tempi cristiani, la zona sacra cimiteriale si trovava a mare, presso la Basilica dei SS Martiri e della Madonna del Mare e probabilmente là era conservato il venerato corpo di san Giusto, martire protettore della città.
Già nel V secolo d.C. si ritiene che ci sia stata una primitiva basilica paleocristiana sul Colle, di cui rimangono alcune tracce reimpiegate o esposte. Successivamente, verso l’anno Mille, ma le date sono tuttora controverse, sono comparse due chiese parallele, una dedicata alla Vergine ed una a san Giusto, impreziosite dalla due absidi a mosaico. La Vergine in trono, gli Apostoli e il Cristo fra san Giusto e san Servolo.All’inizio del Trecento il vescovo Rodolfo Pedrazzani unificò le due chiese eliminando un lato di ciascuna per creare una basilica unica a cui aggiunse il rosone trecentesco.
Su questa versione, le fonti concordano, tranne A. Tamaro, che sulla base di citazioni relative alla Basilica di S Maria e san Giusto, e di evidenze stilistiche dei capitelli, sostiene che la chiesa unificata sia stata molto precedente e progettata direttamente; in questo caso i capitelli son di reimpiego, molto diversi uno dall’altro e nell’absidina della chiesa di san Giusto troviamo reimpiegati capitelli portanti il monogramma del vescovo Frugifero, il primo vescovo triestino storicamente accertato.
Con la costruzione della nuova basilica venne pure costruito il campanile su cui è inserita una statua di san Giusto con in mano la città ed una piccola epigrafe in caratteri medievali. Il portale venne decorato con a stele dei Barbi e la  nuova abside venne dipinta a fresco con un’Incoronazione della Vergine fra i Santi triestini, che venne distrutta nei lavori del 1843. Frammenti sono conservati al Museo del Castello.
L’absidiola di san Giusto che ora mostra gli affreschi romanici, venne decorata con quegli affreschi di storie del santo che adesso ammiriamo esposte nel Battistero.
Tracce delle pitture della Basilica del Tre e Quattrocento si trovano ancora in Cattedrale…Fra il Trecento e il Quattrocento furono aggiunte alcune cappelle laterali dedicate rispettivamente a S. Caterina (poi san Carlo), san Servolo e S. Antonio Abate. Nel Seicento venne aggiunta la cappella di san Giuseppe, affrescata nel Settecento.
Nel 1630 il vescovo Scarlichio “ritrovò” le reliquie di san Giusto, come dice una lapide in facciata ed una per terra che la commemora un secolo dopo. Altari seicenteschi come quello nell’abside dell’altar maggiore e quello della cappella dell’Addolorata vennero rimossi nei lavori dell’Ottocento.
Nel Seicento / Settecento la cappella di san Giusto venne decorata dalle tele del Panza rappresentanti sempre il martirio del Santo.Nel 1842-43 imponenti lavori eliminarono l’antica abside affrescata per sostituirla con una a cassettoni neoclassici, vennero tolte tutte le lapidi delle tombe terragne per metterle a decorare l’esterno della chiesa.
Negli anni Trenta venne eliminata l’abside neoclassica e dopo un concorso venne scelto il progetto di Guido Cadorin. Vennero riportate in chiesa la maggior parte delle lapidi.
Sono conservati pur dei bozzetti di Guido Marussich giudicati troppo innovativi per essere inseriti nella chiesa.
Negli anni 50 venne eliminato l’altare barocco della cappella della Vergine o del santissimo – in cui sono sepolti gli ultimi vescovi triestini – altare proveniente da una chiesa veneziana e ora trasferito a san Bartolomeo a Barcola. Venne sostituito da un altare moderno opera di Marcello Mascherini a cui si deve pure il san Giusto dell’acqua con un mosaico neutro per evidenziare quello superiore. Dalla Cappella di san Giusto venne spostata una statua ottocentesca di san Giusto ad una navata.
Nell’Ottocento e nel Novecento la cappella di san Carlo è diventata la cappella di sepoltura degli ultimi Borboni Carlisti di Spagna.
(Elisabetta Marcovich)

I primi abitanti di Grignano vedono passare la nave degli Argonauti

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Cesare Dell'Acqua (Pirano d'Istria 1821 - Bruxelles 1905). 

" I primi abitanti di Grignano vedono passare la nave degli Argonauti", 1867. Olio su tela. Castello di Miramare.



Secondo Plinio, gli Argonauti, dopo aver attraversato il Danubio e la Sava, arrivarono alle Alpi Giulie, dove avrebbero trasportato sulle spalle la loro nave fino a giungere alle foci del Timavo. Nel dipinto, Cesare Dell’Acqua rappresenta gli antichi abitanti di Grignano, raffigurati nell’atto di salutare, con rametti di alloro, la nave degli Argonauti che solca le acque del golfo triestino.
Il dipinto venne commissionato al pittore, insieme alla tela che raffigura la partenza di Massimiliano I per il Messico, dallo stesso neo imperatore del Messico.

Alexander Kircher (Trieste, 1867 – Berlino, 1939). Pittore e illustratore di marine e paesaggi

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 "Veduta di Trieste", datato (18)'97, olio su tela, cm. 45 x 60. Già Stadion Casa d'Aste

 

Alexander Kircher (Trieste, 1867 – Berlino, 1939). Pittore e illustratore di marine e paesaggi.
Nato a Trieste nel 1867, Kircher ha studiato pittura all’Accademia di Berlino (1888), sotto la guida diHans Gude e Hermann Eschke, dedicandosi fin dall’inizio ai soggetti di marina. E’ stato uno dei pittori ufficiali delle navi della Marina da guerra austro-ungarica e un eccellente pittore di vedute, a firma Alex. Kircher. Alla fine della guerra ha lasciato Trieste e si è trasferito a Dresda, continuando a dipingere navi della Marina da guerra tedesca. La Città di Rovigno gli ha dedicato una sala Museo dove sono esposte 12 sue opere.

Giovanni Zangrando, Trieste dal mare con Palazzo Carciotti

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Giovanni Zangrando, Trieste dal mare con Palazzo Carciotti 
Il noto pittore triestino Giovanni Zangrando (1867-1941) era un uomo che chiacchierava volentieri, che amava la barzelletta: il vero tipo della simpatica «macia» triestina, antitesi dell’artista tormentato. “Dipingendo canta”, ricordava un suo contemporaneo, e se non canta osserva sornione, con sigaro in bocca, il paesaggio da cogliere o la modella da ritrarre. Socievole e di compagnia, nel 1905, insieme al collega Guido Grimani inaugura una scuola di pittura a Trieste, precisamente al primo piano dell’allora Corsia Stadion (oggi via Battisti) n. 20. Zangrando vi insegnava la figura e la natura morta, Grimani il paesaggio. Il sodalizio si concluse forzatamente nel 1914, allo scoppio del primo conflitto bellico. Alla loro scuola si formarono alcuni giovani poi distintisi nell’arte pittorica, quali Arturo Nathan, Giannino Marchig ed Eugenio Finazzer Flori. (Daniele D’Anza)

Giovanni Zangrando, Le rive di Trieste all’altezza di Piazza Unità

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Giovanni Zangrando, Le rive di Trieste all'altezza di Piazza Unità
Il noto pittore triestino Giovanni Zangrando (1867-1941) era un uomo che chiacchierava volentieri, che amava la barzelletta: il vero tipo della simpatica «macia» triestina, antitesi dell’artista tormentato. “Dipingendo canta”, ricordava un suo contemporaneo, e se non canta osserva sornione, con sigaro in bocca, il paesaggio da cogliere o la modella da ritrarre. Socievole e di compagnia, nel 1905, insieme al collega Guido Grimani inaugura una scuola di pittura a Trieste, precisamente al primo piano dell’allora Corsia Stadion (oggi via Battisti) n. 20. Zangrando vi insegnava la figura e la natura morta, Grimani il paesaggio. Il sodalizio si concluse forzatamente nel 1914, allo scoppio del primo conflitto bellico. Alla loro scuola si formarono alcuni giovani poi distintisi nell’arte pittorica, quali Arturo Nathan, Giannino Marchig ed Eugenio Finazzer Flori. (Daniele D’Anza)

Giovanni Zangrando, Veduta del golfo di Trieste

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Giovanni Zangrando, Veduta del golfo di Trieste
Il noto pittore triestino Giovanni Zangrando (1867-1941) era un uomo che chiacchierava volentieri, che amava la barzelletta: il vero tipo della simpatica «macia» triestina, antitesi dell’artista tormentato. “Dipingendo canta”, ricordava un suo contemporaneo, e se non canta osserva sornione, con sigaro in bocca, il paesaggio da cogliere o la modella da ritrarre. Socievole e di compagnia, nel 1905, insieme al collega Guido Grimani inaugura una scuola di pittura a Trieste, precisamente al primo piano dell’allora Corsia Stadion (oggi via Battisti) n. 20. Zangrando vi insegnava la figura e la natura morta, Grimani il paesaggio. Il sodalizio si concluse forzatamente nel 1914, allo scoppio del primo conflitto bellico. Alla loro scuola si formarono alcuni giovani poi distintisi nell’arte pittorica, quali Arturo Nathan, Giannino Marchig ed Eugenio Finazzer Flori. (Daniele D’Anza)

Giovanni Zangrando, Le rive di Trieste verso la Pescheria

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Giovanni Zangrando, Le rive di Trieste verso la Pescheria
Il noto pittore triestino Giovanni Zangrando (1867-1941) era un uomo che chiacchierava volentieri, che amava la barzelletta: il vero tipo della simpatica «macia» triestina, antitesi dell’artista tormentato. “Dipingendo canta”, ricordava un suo contemporaneo, e se non canta osserva sornione, con sigaro in bocca, il paesaggio da cogliere o la modella da ritrarre. Socievole e di compagnia, nel 1905, insieme al collega Guido Grimani inaugura una scuola di pittura a Trieste, precisamente al primo piano dell’allora Corsia Stadion (oggi via Battisti) n. 20. Zangrando vi insegnava la figura e la natura morta, Grimani il paesaggio. Il sodalizio si concluse forzatamente nel 1914, allo scoppio del primo conflitto bellico. Alla loro scuola si formarono alcuni giovani poi distintisi nell’arte pittorica, quali Arturo Nathan, Giannino Marchig ed Eugenio Finazzer Flori. (Daniele D’Anza)