Come cambiò nel tempo Piazza Grande- un momento di transizione

Dall’Albertina di Vienna questo dipinto che mostra il porto di Trieste, autore Leander Russ, anno 1845.
Il titolo Porto di Trieste: ovviamente il porto di allora, di fronte alla piazza principale presso le Rive.
Fissa nel suo dipinto un momento particolare della storia di Piazza Grande anche detta Piazza san Pietro   (ora, ingrandita,  Piazza Unità d’Italia) e del porto di allora: hanno già abbattuto le mura e la torre del porto ( 1837-38), ma non ancora la Locanda grande che si riconosce al centro, a sinistra palazzo Plenario poi Pitteri unico a rimaner al suo posto e si intravede la colonna di Carlo VI a sinistra. In primo piano a sinistra dovrebbe essere casa Stratti (1837). A destra c’è il mandracchio e il moletto che si intravede non è il molo san Carlo ( ora Audace) ma il piccolo molo che si trovava al centro del porticciolo .
La casa in fondo si trova tuttora in via Mercato vecchio.

Successivamente 1858-63 interrarono il porticciolo – mandracchio , per ricordarlo attualmente in piazza ci sono lucine azzurre per terra, per ricordare che lì un tempo arrivava il mare.

Alcune immagini della Biblioteca Civica Attilio Hortis che mostrano la zona vista dal lato della piazza, prima che abbattessero torre e carceri

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Trieste : Porta Riborgo e Donota nel 1692

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Trieste : Porta Riborgo e Donota nel 1692 
VIA DONOTA E VIE LIMITROFE

TORRE-PORTA DONOTA
Nel medioevo questa porta era sormontata da una massiccia torre merlata a pianta quadrata datata nel Trecento; inoltre era munita di un ponte levatoio e di un fossato riempito d’acqua che si estendeva lungo quasi tutto il perimetro di difesa.
La porta Donota, che si trovava in linea retta sopra quella di Riborgo, con la quale formava il complesso fortificato di Donota-Riborgo, rappresentava uno dei principali accessi alla città e portava direttamente al colle di San Giusto.
Oggi appare come aperta verso l’interno, mentre la facciata originale esterna non è più visibile, poichè gli è addossato un edificio moderno. In seguito allo sviluppo urbano ottocentesco l’area antistante alla torre è stata circondata da diversi edifici, diventando l’attuale PIAZZA DONOTA. Nel corso degli interventi di ristrutturazione edilizia nel periodo 1982-1984 vennero rinvenute parte delle strutture medioevali della torre che consolidate ospitano l’ANTIQUARIUM inaugurato il 14 dicembre 1985.
La denominazione Donota è antichissima, attestata almeno dal XIV secolo, di origine non accertata, per opinione comune, è da collegarsi al fatto che questa porta fosse la sola che potesse venir aperta di notte, quindi dall’antico dialetto “de note”, ne è derivato il nome di Donota. Lo storico Luigi de Jenner fa risalire l’origine del nome a Donata vedova di Cadolo dei Cadoli che possedeva immobili nella zona.

PIAZZA DI DONOTA
Gli edifici all’angolo della piazza – via della Piccola Fornace vennero demoliti nell’aprile 1935.

VIA DONOTA (da largo Riborgo a via del Seminario)
La strada un tempo aveva inizio dalla scomparsa piazzetta San Giacomo, l’intera zona mutò aspetto nel 1935 con la demolizione di un gruppo di dodici case comprese fra le vie Donota, della Ghiaccerae di Riborgo, che portò alla creazione dell’attuale largo Riborgo.
All’angolo di via Donota e via Battaglia nel 1981 durante i lavori per il recupero edilizio condotto dall’Istituto Case Popolari, vennero ritrovati importanti ruderi romani, in una sucessiva campagna di scavi condotta dal 1982 al 1986, vennero alla luce un edificio risalente al I secolo, tombe a fossa del IV secolo, altre sepolture e anfore, tutto ciò ora è visibile nell’Antiquarium di via Donota, aperto dalla Soprintendenza in data 14 dicembre 1985
 
 
VICOLO SANTA CHIARA (oggi da piazza di Donota a via delle Candele), a ricordo dell’antico cenobio [1] di S.Chiara, monastero delle Clarisse con annessa chiesa dedicata a Santa Chiara che è esistito attorno al XIII secolo.
[1](cenòbio s. m. [dal lat. tardo coenobium, gr. κοινόβιον, comp. di κοινός «comune» e βίος «vita»] – Luogo dove più monaci fanno vita comune, sottoposti alla medesima regola; monastero).

VIA DELLE CANDELE ( da vicolo Santa Chiara a via Battaglia) in riferimento ad una cereria aperta sul posto forse nel 1740 da un certo Guadagnini o nel 1780 da Abramo Vita Basevi

VIA BATTAGLIA (da via Donota a via del Caboro)
in riferimento alla famiglia Battaglia che possedeva parecchie case nella via.
VIA GRUZZULIS (da via Donota a via Prelaser)
in riferimento ad una famiglia con tale nome.

VIA DEL CROCEFISSO
toponimo settecentesco dovuto all’edicola detta “Pontal de Cristo” che si trova all’angolo con via di Donota L’originale forse di origine medioevale è stato distrutto dal fuoco nel 1931 e sostituito da un altro appositamente eseguito, che fu trafugato assieme alla corona sovrastante, il 23 dicembre 1980. L’Associazione commercianti ed esercenti e e il comitato “Fiorire Trieste” fecero realizzare un nuovo crocefisso ad opera dello scultore Renzo. Possenelli che fu posto nell’edicola il 30 ottobre 1987.
Il crocefisso rubato era stato restituito danneggiato, qualche mese dopo il furto lasciato in un confessionale, restaurato a cura del laboratorio di Viviana Deffar e Donatella Russo Cirillo è stato riposizionato nella sua sede originaria in data 23 maggio 2004
Lungo la strada si trova la piccola edicola dedicata a S.Maria, a protezione della via , la cupoletta con le finestre in vetro è scomparsa, ma l’edicola con la madonnina è stata restaurata. Sulla base c’è scritto A 1834

VIA DI MONTUZZA oggi VIA ROTA ( inizia dove via Donota s’incontra con via del Seminario, causa la forte pendenza è formata soprattutto da scalini termina in via Capitolina)
Via G. Rota fino al 1919 si chiamava “via di Montuzza” e prima ancora “contrada di Montuza.” E’ dedicata all’illustre musicista-compositore Giuseppe Rota(1833-1911), nato a Trieste, suo padre era originario di Momiano d’Istria, studiò violino, pianoforte e composizione, esordì nel 1851 al teatro Mauroner con l’opera “il Lazzarone”, dopo aver tenuto concerti in varie città d’Italia si stabilì a Torino, nel 1859 fece ritorno a Trieste, chiamato ad occupare il posto di direttore della Cappella Civica e della Civica scuola di canto, le sue opere vennero rappresentate anche a Parma, Bologna e la Scala di Milano… non fosse che ormai da anni è chiusa.

A destra della via Donota: c’erano gli edifici le strade e le androne scomparse nelle demolizioni fra gli anni 1934-1937.

ANDRONA DEI PORTA attraverso la quale si entrava nel giardino appartenente alla famiglia Porta (oggi non più esistente, subito dopo l’anfiteatro romano)

ANDRONA DEGLI SCALINI sistemata con scalini dalla metà del settecento (al termine di via Donota, nell’androna si trovava un lavatoio pubblico rimasto in funzione fino al 1936 ; oggi collegata all’ex androna della Fontanella è un sentiero che collega via del Teatro Romano e via Donota

VIA DI RENA (oggi non più esistente da via del Pozzo Bianco a via Donota)
Nella foto s (scomparsa nelle demolizioni degli anni ’30), da via Donota alta. La mappa del 1912 nei commenti.
All’origine di questo nome è il Teatro Romano, al tempo considerato erroneamente un “arena”, (arena vecia= Rena Vecia) ci sono documenti che ne attestano l’esistenza del teatro già nel 1690, in seguito i resti scomparvero sotto le case costruite nel corso degli anni. Via di Rena iniziava da via del Pozzo Bianco e arrivava fino via Donota; in questa strada nel 1732 venne edificata da Stefano Conti, la casa domenicale e la cappelletta dedicata alla Sacra famiglia.

ANDRONA DEI POZZI (oggi non più esistente si trovava alla fine della via Rena) in riferimento a due antichi pozzi

VIA DEL CROCEFISSO
Via del Crocefisso, il nome è dovuto ad un edicola con il crocefisso posta all’inizio della via. L’originale settecentesco è stato asportato nel 1913 e sostituito da un altro appositamente eseguito che fu trafugato il 23 dicembre 1980. L’Associazione commercianti ed esercenti e e il comitato “Fiorire Trieste” fecero realizzare un nuovo crocefisso ad opera dello scultore R. Possenelli che fu posto nell’edicola il 30 ottobre 1987.
In via del Crocefisso (da via Donota a piazzetta Tor Cucherna) c’è un edicola dedicata a S.Maria, a protezione della via , la cupoletta con le finestre in vetro è scomparsa, ma in seguito l’edicola con la madonnina è stata restaurata, sulla base c’è scritto A 1834- S. Maria Mater Grazie-

(Margherita Tauceri)


Testi consultati:

Le Antiche Mura e Torri di Trieste di Dino Cafagna
Vie e Piazza di Trieste Moderna di Antonio Trampus
Cittavecchia di Fabio Zubini

Zona Sant’Andrea da una fotografia del 1870

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Zona Sant'Andrea da una fotografia del 1870 - Collezione Dino Cafagna


1870: (probabilmente) la fotografia più vecchia della zona di San Andrea.
A sinistra l’inizio dell’attuale via Murat, a destra l’attuale Via Romolo Gessi. Al centro la Villa Gialuzzi (non ancora trasformata – nel 1875 – nella Stazione Geologica). A sinistra la casa del conte Vojnovich corrisponde all’attuale villa Segrè-Melzi di via G. Murat.

Trieste : Veduta del 1840

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Trieste: Veduta del 1840


Veduta del 1840. La riva arcuata è la Via del Mare (adesso luogo deI giardino di Piazza della Libertà, davanti alla Stazione Centrale). La villa coi cipressi fu della famiglia patrizia degli Argento, e poi del negoziante Trapp. Nella lunga tettoia si trovava la corderia Bozzini. La villa a sinistra, dal lato di Roiano appartenne allo scrittore triestino Antonio de’ Giuliani, che la fece erigere per sè alla fine del ‘700.

 

Cattedrale di san Giusto, cartolina degli anni Venti

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Cattedrale di san Giusto in una cartolina degli anni Venti
La Cattedrale di san Giusto.
Al culmine del colle omonimo, dove si suppone, ma senza prove evidenti, che ci potesse essere stato un castelliere, in epoca romana si creò una sorta di Acropoli. In corrispondenza all’attuale cattedrale vi era un tempio dedicato alla Triade Capitolina (provato dalle cuspidi con le immagini simboliche di Giove Giunone e Minerva) e quello che adesso viene considerato dai più come un propileo a due corpi laterali avanzanti, sul tipo dell’altare di Pergamo e di cui parte è inglobata nel Campanile.
Nei primi tempi cristiani, la zona sacra cimiteriale si trovava a mare, presso la Basilica dei SS Martiri e della Madonna del Mare e probabilmente là era conservato il venerato corpo di san Giusto, martire protettore della città.
Già nel V secolo d.C. si ritiene che ci sia stata una primitiva basilica paleocristiana sul Colle, di cui rimangono alcune tracce reimpiegate o esposte. Successivamente, verso l’anno Mille, ma le date sono tuttora controverse, sono comparse due chiese parallele, una dedicata alla Vergine ed una a san Giusto, impreziosite dalla due absidi a mosaico. La Vergine in trono, gli Apostoli e il Cristo fra san Giusto e san Servolo.All’inizio del Trecento il vescovo Rodolfo Pedrazzani unificò le due chiese eliminando un lato di ciascuna per creare una basilica unica a cui aggiunse il rosone trecentesco.
Su questa versione, le fonti concordano, tranne A. Tamaro, che sulla base di citazioni relative alla Basilica di S Maria e san Giusto, e di evidenze stilistiche dei capitelli, sostiene che la chiesa unificata sia stata molto precedente e progettata direttamente; in questo caso i capitelli son di reimpiego, molto diversi uno dall’altro e nell’absidina della chiesa di san Giusto troviamo reimpiegati capitelli portanti il monogramma del vescovo Frugifero, il primo vescovo triestino storicamente accertato.
Con la costruzione della nuova basilica venne pure costruito il campanile su cui è inserita una statua di san Giusto con in mano la città ed una piccola epigrafe in caratteri medievali. Il portale venne decorato con a stele dei Barbi e la  nuova abside venne dipinta a fresco con un’Incoronazione della Vergine fra i Santi triestini, che venne distrutta nei lavori del 1843. Frammenti sono conservati al Museo del Castello.
L’absidiola di san Giusto che ora mostra gli affreschi romanici, venne decorata con quegli affreschi di storie del santo che adesso ammiriamo esposte nel Battistero.
Tracce delle pitture della Basilica del Tre e Quattrocento si trovano ancora in Cattedrale…Fra il Trecento e il Quattrocento furono aggiunte alcune cappelle laterali dedicate rispettivamente a S. Caterina (poi san Carlo), san Servolo e S. Antonio Abate. Nel Seicento venne aggiunta la cappella di san Giuseppe, affrescata nel Settecento.
Nel 1630 il vescovo Scarlichio “ritrovò” le reliquie di san Giusto, come dice una lapide in facciata ed una per terra che la commemora un secolo dopo. Altari seicenteschi come quello nell’abside dell’altar maggiore e quello della cappella dell’Addolorata vennero rimossi nei lavori dell’Ottocento.
Nel Seicento / Settecento la cappella di san Giusto venne decorata dalle tele del Panza rappresentanti sempre il martirio del Santo.Nel 1842-43 imponenti lavori eliminarono l’antica abside affrescata per sostituirla con una a cassettoni neoclassici, vennero tolte tutte le lapidi delle tombe terragne per metterle a decorare l’esterno della chiesa.
Negli anni Trenta venne eliminata l’abside neoclassica e dopo un concorso venne scelto il progetto di Guido Cadorin. Vennero riportate in chiesa la maggior parte delle lapidi.
Sono conservati pur dei bozzetti di Guido Marussich giudicati troppo innovativi per essere inseriti nella chiesa.
Negli anni 50 venne eliminato l’altare barocco della cappella della Vergine o del santissimo – in cui sono sepolti gli ultimi vescovi triestini – altare proveniente da una chiesa veneziana e ora trasferito a san Bartolomeo a Barcola. Venne sostituito da un altare moderno opera di Marcello Mascherini a cui si deve pure il san Giusto dell’acqua con un mosaico neutro per evidenziare quello superiore. Dalla Cappella di san Giusto venne spostata una statua ottocentesca di san Giusto ad una navata.
Nell’Ottocento e nel Novecento la cappella di san Carlo è diventata la cappella di sepoltura degli ultimi Borboni Carlisti di Spagna.(Elisabetta Marcovich)

Cattedrale e Castello di san Giusto, incisione ottocentesca

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Cattedrale e Castello di san Giusto, incisione ottocentesca
La Cattedrale di san Giusto.
Al culmine del colle omonimo, dove si suppone, ma senza prove evidenti, che ci potesse essere stato un castelliere, in epoca romana si creò una sorta di Acropoli. In corrispondenza all’attuale cattedrale vi era un tempio dedicato alla Triade Capitolina (provato dalle cuspidi con le immagini simboliche di Giove Giunone e Minerva) e quello che adesso viene considerato dai più come un propileo a due corpi laterali avanzanti, sul tipo dell’altare di Pergamo e di cui parte è inglobata nel Campanile.
Nei primi tempi cristiani, la zona sacra cimiteriale si trovava a mare, presso la Basilica dei SS Martiri e della Madonna del Mare e probabilmente là era conservato il venerato corpo di san Giusto, martire protettore della città.
Già nel V secolo d.C. si ritiene che ci sia stata una primitiva basilica paleocristiana sul Colle, di cui rimangono alcune tracce reimpiegate o esposte. Successivamente, verso l’anno Mille, ma le date sono tuttora controverse, sono comparse due chiese parallele, una dedicata alla Vergine ed una a san Giusto, impreziosite dalla due absidi a mosaico. La Vergine in trono, gli Apostoli e il Cristo fra san Giusto e san Servolo.All’inizio del Trecento il vescovo Rodolfo Pedrazzani unificò le due chiese eliminando un lato di ciascuna per creare una basilica unica a cui aggiunse il rosone trecentesco.
Su questa versione, le fonti concordano, tranne A. Tamaro, che sulla base di citazioni relative alla Basilica di S Maria e san Giusto, e di evidenze stilistiche dei capitelli, sostiene che la chiesa unificata sia stata molto precedente e progettata direttamente; in questo caso i capitelli son di reimpiego, molto diversi uno dall’altro e nell’absidina della chiesa di san Giusto troviamo reimpiegati capitelli portanti il monogramma del vescovo Frugifero, il primo vescovo triestino storicamente accertato.
Con la costruzione della nuova basilica venne pure costruito il campanile su cui è inserita una statua di san Giusto con in mano la città ed una piccola epigrafe in caratteri medievali. Il portale venne decorato con a stele dei Barbi e la  nuova abside venne dipinta a fresco con un’Incoronazione della Vergine fra i Santi triestini, che venne distrutta nei lavori del 1843. Frammenti sono conservati al Museo del Castello.
L’absidiola di san Giusto che ora mostra gli affreschi romanici, venne decorata con quegli affreschi di storie del santo che adesso ammiriamo esposte nel Battistero.
Tracce delle pitture della Basilica del Tre e Quattrocento si trovano ancora in Cattedrale…Fra il Trecento e il Quattrocento furono aggiunte alcune cappelle laterali dedicate rispettivamente a S. Caterina (poi san Carlo), san Servolo e S. Antonio Abate. Nel Seicento venne aggiunta la cappella di san Giuseppe, affrescata nel Settecento.
Nel 1630 il vescovo Scarlichio “ritrovò” le reliquie di san Giusto, come dice una lapide in facciata ed una per terra che la commemora un secolo dopo. Altari seicenteschi come quello nell’abside dell’altar maggiore e quello della cappella dell’Addolorata vennero rimossi nei lavori dell’Ottocento.
Nel Seicento / Settecento la cappella di san Giusto venne decorata dalle tele del Panza rappresentanti sempre il martirio del Santo.

Nel 1842-43 imponenti lavori eliminarono l’antica abside affrescata per sostituirla con una a cassettoni neoclassici, vennero tolte tutte le lapidi delle tombe terragne per metterle a decorare l’esterno della chiesa.
Negli anni Trenta venne eliminata l’abside neoclassica e dopo un concorso venne scelto il progetto di Guido Cadorin. Vennero riportate in chiesa la maggior parte delle lapidi.
Sono conservati pur dei bozzetti di Guido Marussich giudicati troppo innovativi per essere inseriti nella chiesa.
Negli anni 50 venne eliminato l’altare barocco della cappella della Vergine o del santissimo – in cui sono sepolti gli ultimi vescovi triestini – altare proveniente da una chiesa veneziana e ora trasferito a san Bartolomeo a Barcola. Venne sostituito da un altare moderno opera di Marcello Mascherini a cui si deve pure il san Giusto dell’acqua con un mosaico neutro per evidenziare quello superiore. Dalla Cappella di san Giusto venne spostata una statua ottocentesca di san Giusto ad una navata.
Nell’Ottocento e nel Novecento la cappella di san Carlo è diventata la cappella di sepoltura degli ultimi Borboni Carlisti di Spagna.

(Elisabetta Marcovich)

Cattedrale e Castello di san Giusto, incisione ottocentesca

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San Giusto, stampa del 1860
La Cattedrale di san Giusto.
Al culmine del colle omonimo, dove si suppone, ma senza prove evidenti, che ci potesse essere stato un castelliere, in epoca romana si creò una sorta di Acropoli. In corrispondenza all’attuale cattedrale vi era un tempio dedicato alla Triade Capitolina (provato dalle cuspidi con le immagini simboliche di Giove Giunone e Minerva) e quello che adesso viene considerato dai più come un propileo a due corpi laterali avanzanti, sul tipo dell’altare di Pergamo e di cui parte è inglobata nel Campanile.
Nei primi tempi cristiani, la zona sacra cimiteriale si trovava a mare, presso la Basilica dei SS Martiri e della Madonna del Mare e probabilmente là era conservato il venerato corpo di san Giusto, martire protettore della città.
Già nel V secolo d.C. si ritiene che ci sia stata una primitiva basilica paleocristiana sul Colle, di cui rimangono alcune tracce reimpiegate o esposte. Successivamente, verso l’anno Mille, ma le date sono tuttora controverse, sono comparse due chiese parallele, una dedicata alla Vergine ed una a san Giusto, impreziosite dalla due absidi a mosaico. La Vergine in trono, gli Apostoli e il Cristo fra san Giusto e san Servolo.All’inizio del Trecento il vescovo Rodolfo Pedrazzani unificò le due chiese eliminando un lato di ciascuna per creare una basilica unica a cui aggiunse il rosone trecentesco.
Su questa versione, le fonti concordano, tranne A. Tamaro, che sulla base di citazioni relative alla Basilica di S Maria e san Giusto, e di evidenze stilistiche dei capitelli, sostiene che la chiesa unificata sia stata molto precedente e progettata direttamente; in questo caso i capitelli son di reimpiego, molto diversi uno dall’altro e nell’absidina della chiesa di san Giusto troviamo reimpiegati capitelli portanti il monogramma del vescovo Frugifero, il primo vescovo triestino storicamente accertato.
Con la costruzione della nuova basilica venne pure costruito il campanile su cui è inserita una statua di san Giusto con in mano la città ed una piccola epigrafe in caratteri medievali. Il portale venne decorato con a stele dei Barbi e la  nuova abside venne dipinta a fresco con un’Incoronazione della Vergine fra i Santi triestini, che venne distrutta nei lavori del 1843. Frammenti sono conservati al Museo del Castello.
L’absidiola di san Giusto che ora mostra gli affreschi romanici, venne decorata con quegli affreschi di storie del santo che adesso ammiriamo esposte nel Battistero.
Tracce delle pitture della Basilica del Tre e Quattrocento si trovano ancora in Cattedrale…Fra il Trecento e il Quattrocento furono aggiunte alcune cappelle laterali dedicate rispettivamente a S. Caterina (poi san Carlo), san Servolo e S. Antonio Abate. Nel Seicento venne aggiunta la cappella di san Giuseppe, affrescata nel Settecento.
Nel 1630 il vescovo Scarlichio “ritrovò” le reliquie di san Giusto, come dice una lapide in facciata ed una per terra che la commemora un secolo dopo. Altari seicenteschi come quello nell’abside dell’altar maggiore e quello della cappella dell’Addolorata vennero rimossi nei lavori dell’Ottocento.
Nel Seicento / Settecento la cappella di san Giusto venne decorata dalle tele del Panza rappresentanti sempre il martirio del Santo.

Nel 1842-43 imponenti lavori eliminarono l’antica abside affrescata per sostituirla con una a cassettoni neoclassici, vennero tolte tutte le lapidi delle tombe terragne per metterle a decorare l’esterno della chiesa.
Negli anni Trenta venne eliminata l’abside neoclassica e dopo un concorso venne scelto il progetto di Guido Cadorin. Vennero riportate in chiesa la maggior parte delle lapidi.
Sono conservati pur dei bozzetti di Guido Marussich giudicati troppo innovativi per essere inseriti nella chiesa.
Negli anni 50 venne eliminato l’altare barocco della cappella della Vergine o del santissimo – in cui sono sepolti gli ultimi vescovi triestini – altare proveniente da una chiesa veneziana e ora trasferito a san Bartolomeo a Barcola. Venne sostituito da un altare moderno opera di Marcello Mascherini a cui si deve pure il san Giusto dell’acqua con un mosaico neutro per evidenziare quello superiore. Dalla Cappella di san Giusto venne spostata una statua ottocentesca di san Giusto ad una navata.
Nell’Ottocento e nel Novecento la cappella di san Carlo è diventata la cappella di sepoltura degli ultimi Borboni Carlisti di Spagna.

(Elisabetta Marcovich)

Cattedrale di san Giusto

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Stampa ottocentesca della Cattedrale di san Giusto con ancora gli oculi sulla facciata, le pietre tombali interne già spostate all'esterno, e insoliti abiti di popolane (E. Marcovich)
La Cattedrale di san Giusto.
Al culmine del colle omonimo, dove si suppone, ma senza prove evidenti, che ci potesse essere stato un castelliere, in epoca romana si creò una sorta di Acropoli. In corrispondenza all’attuale cattedrale vi era un tempio dedicato alla Triade Capitolina (provato dalle cuspidi con le immagini simboliche di Giove Giunone e Minerva) e quello che adesso viene considerato dai più come un propileo a due corpi laterali avanzanti, sul tipo dell’altare di Pergamo e di cui parte è inglobata nel Campanile.
Nei primi tempi cristiani, la zona sacra cimiteriale si trovava a mare, presso la Basilica dei SS Martiri e della Madonna del Mare e probabilmente là era conservato il venerato corpo di san Giusto, martire protettore della città.
Già nel V secolo d.C. si ritiene che ci sia stata una primitiva basilica paleocristiana sul Colle, di cui rimangono alcune tracce reimpiegate o esposte. Successivamente, verso l’anno Mille, ma le date sono tuttora controverse, sono comparse due chiese parallele, una dedicata alla Vergine ed una a san Giusto, impreziosite dalla due absidi a mosaico. La Vergine in trono, gli Apostoli e il Cristo fra san Giusto e san Servolo.All’inizio del Trecento il vescovo Rodolfo Pedrazzani unificò le due chiese eliminando un lato di ciascuna per creare una basilica unica a cui aggiunse il rosone trecentesco.
Su questa versione, le fonti concordano, tranne A. Tamaro, che sulla base di citazioni relative alla Basilica di S Maria e san Giusto, e di evidenze stilistiche dei capitelli, sostiene che la chiesa unificata sia stata molto precedente e progettata direttamente; in questo caso i capitelli son di reimpiego, molto diversi uno dall’altro e nell’absidina della chiesa di san Giusto troviamo reimpiegati capitelli portanti il monogramma del vescovo Frugifero, il primo vescovo triestino storicamente accertato.
Con la costruzione della nuova basilica venne pure costruito il campanile su cui è inserita una statua di san Giusto con in mano la città ed una piccola epigrafe in caratteri medievali. Il portale venne decorato con a stele dei Barbi e la  nuova abside venne dipinta a fresco con un’Incoronazione della Vergine fra i Santi triestini, che venne distrutta nei lavori del 1843. Frammenti sono conservati al Museo del Castello.
L’absidiola di san Giusto che ora mostra gli affreschi romanici, venne decorata con quegli affreschi di storie del santo che adesso ammiriamo esposte nel Battistero.
Tracce delle pitture della Basilica del Tre e Quattrocento si trovano ancora in Cattedrale…Fra il Trecento e il Quattrocento furono aggiunte alcune cappelle laterali dedicate rispettivamente a S. Caterina (poi san Carlo), san Servolo e S. Antonio Abate. Nel Seicento venne aggiunta la cappella di san Giuseppe, affrescata nel Settecento.
Nel 1630 il vescovo Scarlichio “ritrovò” le reliquie di san Giusto, come dice una lapide in facciata ed una per terra che la commemora un secolo dopo. Altari seicenteschi come quello nell’abside dell’altar maggiore e quello della cappella dell’Addolorata vennero rimossi nei lavori dell’Ottocento.
Nel Seicento / Settecento la cappella di san Giusto venne decorata dalle tele del Panza rappresentanti sempre il martirio del Santo.Nel 1842-43 imponenti lavori eliminarono l’antica abside affrescata per sostituirla con una a cassettoni neoclassici, vennero tolte tutte le lapidi delle tombe terragne per metterle a decorare l’esterno della chiesa.
Negli anni Trenta venne eliminata l’abside neoclassica e dopo un concorso venne scelto il progetto di Guido Cadorin. Vennero riportate in chiesa la maggior parte delle lapidi.
Sono conservati pur dei bozzetti di Guido Marussich giudicati troppo innovativi per essere inseriti nella chiesa.
Negli anni 50 venne eliminato l’altare barocco della cappella della Vergine o del santissimo – in cui sono sepolti gli ultimi vescovi triestini – altare proveniente da una chiesa veneziana e ora trasferito a san Bartolomeo a Barcola. Venne sostituito da un altare moderno opera di Marcello Mascherini a cui si deve pure il san Giusto dell’acqua con un mosaico neutro per evidenziare quello superiore. Dalla Cappella di san Giusto venne spostata una statua ottocentesca di san Giusto ad una navata.
Nell’Ottocento e nel Novecento la cappella di san Carlo è diventata la cappella di sepoltura degli ultimi Borboni Carlisti di Spagna.

(Elisabetta Marcovich)

Cattedrale e Castello di san Giusto, incisione ottocentesca

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Sul nuovo piazzale di San Giusto, allargato nel 1840, Giacomo Sinigoi esercita la propria arte di cordaiuolo, come si può vedere in questa incisione. Le corde, generalmente, venivano prodotte sulle strade a cielo aperto.La colonna venne messa nel nel 1843, e nella stampa ancora non è rappresentata. (M. Tauceri)
La Cattedrale di san Giusto.
Al culmine del colle omonimo, dove si suppone, ma senza prove evidenti, che ci potesse essere stato un castelliere, in epoca romana si creò una sorta di Acropoli. In corrispondenza all’attuale cattedrale vi era un tempio dedicato alla Triade Capitolina (provato dalle cuspidi con le immagini simboliche di Giove Giunone e Minerva) e quello che adesso viene considerato dai più come un propileo a due corpi laterali avanzanti, sul tipo dell’altare di Pergamo e di cui parte è inglobata nel Campanile.
Nei primi tempi cristiani, la zona sacra cimiteriale si trovava a mare, presso la Basilica dei SS Martiri e della Madonna del Mare e probabilmente là era conservato il venerato corpo di san Giusto, martire protettore della città.
Già nel V secolo d.C. si ritiene che ci sia stata una primitiva basilica paleocristiana sul Colle, di cui rimangono alcune tracce reimpiegate o esposte. Successivamente, verso l’anno Mille, ma le date sono tuttora controverse, sono comparse due chiese parallele, una dedicata alla Vergine ed una a san Giusto, impreziosite dalla due absidi a mosaico. La Vergine in trono, gli Apostoli e il Cristo fra san Giusto e san Servolo.

All’inizio del Trecento il vescovo Rodolfo Pedrazzani unificò le due chiese eliminando un lato di ciascuna per creare una basilica unica a cui aggiunse il rosone trecentesco.
Su questa versione, le fonti concordano, tranne A. Tamaro, che sulla base di citazioni relative alla Basilica di S Maria e san Giusto, e di evidenze stilistiche dei capitelli, sostiene che la chiesa unificata sia stata molto precedente e progettata direttamente; in questo caso i capitelli son di reimpiego, molto diversi uno dall’altro e nell’absidina della chiesa di san Giusto troviamo reimpiegati capitelli portanti il monogramma del vescovo Frugifero, il primo vescovo triestino storicamente accertato.
Con la costruzione della nuova basilica venne pure costruito il campanile su cui è inserita una statua di san Giusto con in mano la città ed una piccola epigrafe in caratteri medievali. Il portale venne decorato con a stele dei Barbi e la  nuova abside venne dipinta a fresco con un’Incoronazione della Vergine fra i Santi triestini, che venne distrutta nei lavori del 1843. Frammenti sono conservati al Museo del Castello.
L’absidiola di san Giusto che ora mostra gli affreschi romanici, venne decorata con quegli affreschi di storie del santo che adesso ammiriamo esposte nel Battistero.
Tracce delle pitture della Basilica del Tre e Quattrocento si trovano ancora in Cattedrale…

Fra il Trecento e il Quattrocento furono aggiunte alcune cappelle laterali dedicate rispettivamente a S. Caterina (poi san Carlo), san Servolo e S. Antonio Abate. Nel Seicento venne aggiunta la cappella di san Giuseppe, affrescata nel Settecento.
Nel 1630 il vescovo Scarlichio “ritrovò” le reliquie di san Giusto, come dice una lapide in facciata ed una per terra che la commemora un secolo dopo. Altari seicenteschi come quello nell’abside dell’altar maggiore e quello della cappella dell’Addolorata vennero rimossi nei lavori dell’Ottocento.
Nel Seicento / Settecento la cappella di san Giusto venne decorata dalle tele del Panza rappresentanti sempre il martirio del Santo.

Nel 1842-43 imponenti lavori eliminarono l’antica abside affrescata per sostituirla con una a cassettoni neoclassici, vennero tolte tutte le lapidi delle tombe terragne per metterle a decorare l’esterno della chiesa.
Negli anni Trenta venne eliminata l’abside neoclassica e dopo un concorso venne scelto il progetto di Guido Cadorin. Vennero riportate in chiesa la maggior parte delle lapidi.
Sono conservati pur dei bozzetti di Guido Marussich giudicati troppo innovativi per essere inseriti nella chiesa.
Negli anni 50 venne eliminato l’altare barocco della cappella della Vergine o del santissimo – in cui sono sepolti gli ultimi vescovi triestini – altare proveniente da una chiesa veneziana e ora trasferito a san Bartolomeo a Barcola. Venne sostituito da un altare moderno opera di Marcello Mascherini a cui si deve pure il san Giusto dell’acqua con un mosaico neutro per evidenziare quello superiore. Dalla Cappella di san Giusto venne spostata una statua ottocentesca di san Giusto ad una navata.
Nell’Ottocento e nel Novecento la cappella di san Carlo è diventata la cappella di sepoltura degli ultimi Borboni Carlisti di Spagna.

(Elisabetta Marcovich)

Veduta generale della città e del porto di Trieste, fine ‘700

Veduta generale della città e del porto di Trieste, fine '700. Coll. Dino Cafagna

Manca ancora la costruzione della lanterna (1833); il colle di Sant’Andrea è ancora spoglio (senza ville); le rive della sacchetta erano sabbiose e permettevano di tirare le barche dei pescatori a secco; numerosi e lunghi erano i magazzini costruiti sulle rive.

1) Il molo San Carlo; 2) l’entrata del Canal Grande; 3) il torrente Grande, che scorre ancora all’aperto e che sfocia in mare; 4) i due campanili della primitiva chiesa di San Spiridione di forma moscovita (vennero abbattuti nel 1850 perché pericolanti a causa della cedevolezza del terreno).

Era severamente vietato, da secoli, costruire attorno le strutture militari, in questo caso il castello di San Giusto, qualsiasi abitazione o manufatto per ovvi motivi militari, cioè per non impedire agli occupanti la visuale del nemico che si avvicina; con l’andar del tempo i canoni persero la loro importanza difensiva, per cui vennero utilizzati, come in questo caso, per sparare a salve e salutare così i velieri che arrivavano in porto con a bordo personalità importanti (come si vede tale saluto veniva corrisposto). (Dino Cafagna)

Alexander Kircher (Trieste, 1867 – Berlino, 1939). Pittore e illustratore di marine e paesaggi

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 "Veduta aerea di Duino durante la Grande Guerra" Post di Giancarla Scubini

 

Alexander Kircher (Trieste, 1867 – Berlino, 1939). Pittore e illustratore di marine e paesaggi.
Nato a Trieste nel 1867, Kircher ha studiato pittura all’Accademia di Berlino (1888), sotto la guida diHans Gude e Hermann Eschke, dedicandosi fin dall’inizio ai soggetti di marina. E’ stato uno dei pittori ufficiali delle navi della Marina da guerra austro-ungarica e un eccellente pittore di vedute, a firma Alex. Kircher. Alla fine della guerra ha lasciato Trieste e si è trasferito a Dresda, continuando a dipingere navi della Marina da guerra tedesca. La Città di Rovigno gli ha dedicato una sala Museo dove sono esposte 12 sue opere.

Trieste – Castello di Miramare, da una stampa colorata dell’Ottocento

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Trieste - Castello di Miramare, da una stampa colorata dell'Ottocento
Massimiliano, voleva a Trieste, una residenza adeguata al suo nome, al suo rango e ai suoi incarichi ufficiali. Amante della natura e della botanica, vedeva nell’aspro promontorio di Grignano, il posto ideale per le sue sperimentazioni di giardinaggio. Nel 1856 acquista un territorio in quella zona, denomina tutto il comprensorio con la parola spagnola di “Miramar”. Incarica della progettazione l’ing. civile Carl Junker, poco dopo, dà delle precise indicazioni all’arch,. Giovanni Berlam, al quale richiede il progetto di un castello. L’arciduca non è soddisfatto di entrambi i progetti, vorrebbe una sede con spazi più ampi, un edificio più imponente e più rappresentativo. Forse in questo momento decide di spostare la dimora sul promontorio più grande di Miramare, dove effettivamente il castello verrà costruito. Junker prova a soddisfare le richieste con un nuovo progetto, che verrà accolto. Tutto questo si svolge in tempi brevissimi, il 1° marzo 1856 iniziano i lavori che procedono veloci, come si può vedere in questa stampa di Albert Rieger, datata 1857. dove è già costruito il muraglione e la bella scalinata. Ovviamente per la complessità della costruzione con i giardini, il padiglione e le serre, ma soprattutto le decorazioni e gli arredi degli interni verranno impiegati molti anni.
Nel 1859 assieme a Carlotta va ad alloggiare al “Castelletto”. (Margherita Tauceri)

Trieste – Via del Molino a Vento

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Trieste - Via del Molino a Vento: pianta di Trieste del 1829 dove è segnato il punto preciso dove stava il mulino a vento che diede poi il nome alla via
Intorno alla metà del Settecento alcuni imprenditori, volendo utilizzare il vento della bora, costruirono un molino sul terreno allora privo di fabbricati. Questo mulino ovviamente era mosso dalla forza del vento, ma per l’intensità e l’intermittenza della bora l’attività fallì; di questa attività rimasero fino alla fine 1700, solo un rudere, una sorta di torre diroccata.
Nel 1798 un certo Giuseppe Duprè volle ritentare la prova, costruendo un altro molino poco lontano dal primo, ma il risultato fu lo stesso. Di quei due mulini rimasero le rovine che diedero poi il nome alla nuova via che andò formandosi in quelle adiacenze nei primi anni del 700.
Qui la via in nero che si biforca a sinistra ( = 2 ) continua con la via dell’Istria, mentre l’altra ( = 1 ) continua con la strada di Fiume.
La via fu aperta nel 1728 quando cioè venne regolata per volontà del Capitano Cesareo Andrea Barone de Fin, che volle inoltre fortificare il corso della lunga strada, che scendeva da Montebello, con solidi travi in legno, costruendo inoltre anche il muro di sostegno nel lato a sinistra della stessa salendo, che ancor oggi delimita verso il basso la ripida salita. (Dino Cafagna)

Campo Marzio – Il primo arsenale del Lloyd Austriaco

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Il primo arsenale del Lloyd Austriaco in androna Campo Marzio. (Illustrierte Zeitung, 1851)

Canal Grande, acquaforte. Sullo sfondo la primitiva chiesa di Sant’Antonio.

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Canal Grande, acquaforte. Sullo sfondo la primitiva chiesa di Sant'Antonio.

Canal Grande, acquaforte. Sullo sfondo la primitiva chiesa di Sant'Antonio.

Canal Grande:  Il Canal Grande di Trieste è un canale navigabile che si trova nel cuore del Borgo Teresiano, in pieno centro città, a metà strada circa tra la stazione ferroviaria e piazza Unità d’Italia, con imboccatura dal bacino di San Giorgio del Porto Vecchio.
Fu realizzato nel 1754-1756 dal veneziano Matteo Pirona, scavando ulteriormente il collettore principale delle saline, quando queste vennero interrate per permettere lo sviluppo urbanistico della città all’esterno delle mura. È stato costruito affinché le imbarcazioni potessero giungere direttamente sino al centro della città per scaricare e caricare le loro merci.
Nella sua conformazione iniziale, il canale era più lungo di come si presenta oggi, ed arrivava sino a lambire la chiesa di Sant’Antonio. La parte terminale del canale è stata infatti interrata nel 1934, con le macerie derivanti dalla demolizione della città vecchia, ricavando così l’attuale piazza Sant’Antonio. Nell’interramento si dice che sia stata sepolta anche una piccola nave che si trovava lì ormeggiata in avaria ed abbandono dalla fine della guerra sebbene dalle fotografie dell’epoca, ritraenti i lavori di interramento, non si scorga alcuno scafo.

Piazza San Antonio Nuovo: Il piazzale antistante la chiesa di S. Antonio Taumaturgo (architetto Pietro Nobile, 1828-1849), sempre così chiamato dalla tradizione popolare, venne ufficializzato in «piazza S. Antonio» il 28 marzo 1919, con delibera della Giunta Municipale. A quell’epoca il piazzale copriva un’area pari a circa la metà di quella attuale, estendendosi il Canal Grande fino all’altezza dell’attuale Caffè Stella Polare. La parte terminale del canale venne interrata nel 1934, essendo riempita con i detriti provenienti dalle demolizioni di Cittavecchia. La piazza, abbellita dalla fontana ancora esistente, ebbe nuova denominazione di piazza Umberto I il 16 febbraio 1935. Nel 1944 numero 498 venne soppressa questa intitolazione e venne sostituita con quella di piazza S. Antonio Nuovo, una denominazione per distinguerla dalla chiesa della Beata Vergine del Soccorso vulgo S. Antonio Vecchio di piazza Lipsia (oggi piazza Hortis). Già nel 1827 l’architetto Pietro Nobile parlava della chiesa di S. Antonio «nuovissimo» che stava per sorgere.

Chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo: chiamata comunemente chiesa di Sant’Antonio Nuovo, è il principale edificio religioso del Borgo Teresiano e del centro di Trieste, situata nell’omonima piazza, a ridosso del Canale Grande.
Il progetto della chiesa risale al 1808, ma i lavori cominciarono solo nel 1825. La facciata dell’edificio è caratterizzata da sei colonne ioniche. Sempre sulla facciata principale, nell’attico, sono presenti sei statue scolpite da Francesco Bosa nel 1842, raffiguranti san Giusto, san Sergio, san Servolo, san Mauro, sant’Eufemia e santa Tecla. Fino alla meta del Settecento, al suo posto sorgeva una cappella privata dedicata all’Annunciazione. Dopo la concessione da parte di Antonio Rossetti di rendere l’accesso alla cappella pubblico, essa divenne insufficiente dato il grande afflusso dei credenti. Così fu deciso di innalzare una chiesa più grande, in stile barocco dedicata a Sant’Antonio Nuovo. Attorno al 1771 si completò questa struttura, ma ben presto anche questa divenne troppo piccola.
Nel 1808, diversi architetti progettarono un’alternativa alla chiesa di Sant’Antonio Nuovo. Vinse il concorso il progetto neoclassico dell’architetto svizzero Pietro Nobile. Tuttavia, la consacrazione dell’imponente chiesa (92 x 28 m.) si ebbe solo nel 1849. La chiesa, nel tempo è stata sottoposta a ripetuti interventi di restauro, specie degli interni (restauro dell’affresco di S. Santi sul catino dell’abside, 1985) e della cupola (1987). È stata ufficialmente intavolata a favore del Comune di Trieste su richiesta del Consiglio Comunale d.d. 30.6.1987. Il nuovo altare marmoreo è opera dell’architetto A. Guacci (consacrato 13.6.1988), mentre la nuova statua di San Sergio che è andata a sostituire sull’attico quella distrutta nel 1976 è stata eseguita su disegno dell’architetto L. Pavan.

Testi da: Wikipedia; E. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989; S. Rutteri, Trieste, Storia ed Arte tra Vie e Piazze. Trieste 1981.

Canal Grande con piazza e vecchia chiesa di Sant’Antonio demolita nel 1827

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Chiesa di Sant'Antonio 1771, demolita nel 1827

Canal Grande con piazza e vecchia chiesa di Sant’Antonio, demolita nel 1827

Piazza San Antonio Nuovo: Il piazzale antistante la chiesa di S. Antonio Taumaturgo (architetto Pietro Nobile, 1828-1849), sempre così chiamato dalla tradizione popolare, venne ufficializzato in «piazza S. Antonio» il 28 marzo 1919, con delibera della Giunta Municipale. A quell’epoca il piazzale copriva un’area pari a circa la metà di quella attuale, estendendosi il Canal Grande fino all’altezza dell’attuale Caffè Stella Polare. La parte terminale del canale venne interrata nel 1934, essendo riempita con i detriti provenienti dalle demolizioni di Cittavecchia. La piazza, abbellita dalla fontana ancora esistente, ebbe nuova denominazione di piazza Umberto I il 16 febbraio 1935. Nel 1944 numero 498 venne soppressa questa intitolazione e venne sostituita con quella di piazza S. Antonio Nuovo, una denominazione per distinguerla dalla chiesa della Beata Vergine del Soccorso vulgo S. Antonio Vecchio di piazza Lipsia (oggi piazza Hortis). Già nel 1827 l’architetto Pietro Nobile parlava della chiesa di S. Antonio «nuovissimo» che stava per sorgere.

Chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo: chiamata comunemente chiesa di Sant’Antonio Nuovo, è il principale edificio religioso del Borgo Teresiano e del centro di Trieste, situata nell’omonima piazza, a ridosso del Canale Grande.
Il progetto della chiesa risale al 1808, ma i lavori cominciarono solo nel 1825. La facciata dell’edificio è caratterizzata da sei colonne ioniche. Sempre sulla facciata principale, nell’attico, sono presenti sei statue scolpite da Francesco Bosa nel 1842, raffiguranti san Giusto, san Sergio, san Servolo, san Mauro, sant’Eufemia e santa Tecla. Fino alla meta del Settecento, al suo posto sorgeva una cappella privata dedicata all’Annunciazione. Dopo la concessione da parte di Antonio Rossetti di rendere l’accesso alla cappella pubblico, essa divenne insufficiente dato il grande afflusso dei credenti. Così fu deciso di innalzare una chiesa più grande, in stile barocco dedicata a Sant’Antonio Nuovo. Attorno al 1771 si completò questa struttura, ma ben presto anche questa divenne troppo piccola.
Nel 1808, diversi architetti progettarono un’alternativa alla chiesa di Sant’Antonio Nuovo. Vinse il concorso il progetto neoclassico dell’architetto svizzero Pietro Nobile. Tuttavia, la consacrazione dell’imponente chiesa (92 x 28 m.) si ebbe solo nel 1849. La chiesa, nel tempo è stata sottoposta a ripetuti interventi di restauro, specie degli interni (restauro dell’affresco di S. Santi sul catino dell’abside, 1985) e della cupola (1987). È stata ufficialmente intavolata a favore del Comune di Trieste su richiesta del Consiglio Comunale d.d. 30.6.1987. Il nuovo altare marmoreo è opera dell’architetto A. Guacci (consacrato 13.6.1988), mentre la nuova statua di San Sergio che è andata a sostituire sull’attico quella distrutta nel 1976 è stata eseguita su disegno dell’architetto L. Pavan.

Canal Grande:  Il Canal Grande di Trieste è un canale navigabile che si trova nel cuore del Borgo Teresiano, in pieno centro città, a metà strada circa tra la stazione ferroviaria e piazza Unità d’Italia, con imboccatura dal bacino di San Giorgio del Porto Vecchio.
Fu realizzato nel 1754-1756 dal veneziano Matteo Pirona, scavando ulteriormente il collettore principale delle saline, quando queste vennero interrate per permettere lo sviluppo urbanistico della città all’esterno delle mura. È stato costruito affinché le imbarcazioni potessero giungere direttamente sino al centro della città per scaricare e caricare le loro merci.
Nella sua conformazione iniziale, il canale era più lungo di come si presenta oggi, ed arrivava sino a lambire la chiesa di Sant’Antonio. La parte terminale del canale è stata infatti interrata nel 1934, con le macerie derivanti dalla demolizione della città vecchia, ricavando così l’attuale piazza Sant’Antonio. Nell’interramento si dice che sia stata sepolta anche una piccola nave che si trovava lì ormeggiata in avaria ed abbandono dalla fine della guerra sebbene dalle fotografie dell’epoca, ritraenti i lavori di interramento, non si scorga alcuno scafo.

Testi da: Wikipedia; E. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989; S. Rutteri, Trieste, Storia ed Arte tra Vie e Piazze. Trieste 1981.

Il Bagno (galleggiante) Maria


Il Bagno (galleggiante) Maria

Il Bagno (galleggiante) Maria
Due parole su questo straordinario “Bagno”. Il costruttore Edoardo Strudthoff volle iniziare i lavori dello Stabilimento Tecnico Triestino aperto nel 1857, con la costruzione dello “Stabilimento Balneare Maria”, il varo avvenne il 15 maggio 1858 nel cantiere di San Rocco, la costruzione fu rimorchiata nella rada di trieste, di fronte all’Hotel de la Ville e immediatamente messa in funzione. Il disegno a tempera dell’avvenimento è conservato al Museo Scaramangà di via Filzi. La struttura in ferro fusa da Ferrari e Chiozza, su progetto era dell’ing. Lorenzo Furian era larga circa 50 metri per 27, poggiava su una serie di tubi di ferro che formavano dei cassoni che ne permettevano il galeggiamento, tutt’intorno erano sistemate le cabine di legno. L’insieme era forte e resistente alle intemperie, ma allo stesso tempo molto elegante e arredato con lusso, c’erano due zone divise, una riservata agli uomini e una alle donne, aveva un ampio terrazzo, una sala e un caffè, i bagnanti avevano a disposizione il personale d’istruzione per il nuoto e la ginnastica. Dopo l’apertura della ferrovia, arrivarono forestieri soprattutto dalla Germania, Stiria e Carinzia, per approfittare dei benefici dei bagni di mare. Nel periodo invernale veniva rimorchiato in una zona riparata della Sacchetta. Resistette per molti anni, risulta ancora attivo nel 1911 anche se già corroso dalla salsedine.
(M. Tauceri)

Le Rive non sono solo dei luoghi caratteristici della città, ma dei punti nevralgici per il traffico sia veicolare che commerciale. Riva Carciotti prese il nome dall’omonimo bel palazzo neoclassico che Matteo Pertsch costruì per il commerciante greco Demetrio Carciotti i lavori iniziarono nel 1799 e furono conclusi nel 1805. Prima dell’allargamento e l’interramento del mare avvenuto nel 1906, la riva risultava molto stretta e si potevano vedere le imbarcazioni quasi a ridosso alle case.
In seguito la denominazione della riva venne mutata in “Riva III Novembre”a ricordo dello sbarco dei bersaglieri avvenuto il 3 novembre 1918
Sulla destra dopo il palazzo Carciotti, si trova il palazzo neoclassico già sede dell’ Hotel et de la Ville, progettato da Giovanni Degasperi, inaugurato il 1 giugno 1841, con il nome di Albergo principe di Metternich, nel’48 un gruppo di rivoltosi distrusse l’insegna ritenendo il nome, un simbolo dell’impero e in quell’occasione cambiò in Hotel de la Ville. In questo albergo fu installato il primo ascensore della città 1884 e fu il primo ad essere dotato di riscaldamento centralizzato. Rimase in esercizio fino al 1975. Segue la chiesa dedicata alla SS. Trinità ed a San Nicolò di rito greco-ortodosso consacrata il 18 febbraio 1787 . La facciata fu successivamente abbellita ad opera dell’architetto Matteo Pertsch nel periodo 1818-1821.
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CORSO CAVOUR già “via della Stazione” divenne nel 1919 “Corso Cavour” a ricordo del noto statista piemontese: Camillo Benso conte di Cavour (Torino 1810 – ivi 1861). Ufficiale del genio (1827-31), fece il suo ingresso in politica nel 1847, fondando il giornale Il Risorgimento. Deputato, fu più volte ministro (1850, 1851) e presidente del consiglio (1852). Nel 1860 assunse il pieno controllo diplomatico dell’impresa garibaldina. Inoltre gettò poi le premesse di un’azione volta a sanare i rapporti tra Stato e Chiesa ma morì prima di essere riuscito a portarla a compimento. Fu ospite a Trieste della famiglia Morpurgo dal 17 al 21 aprile 1836.
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RIVA DEL MANDRACCHIO – (mandrakion dal greco piccolo recinto) da Piazza Unità d’Italia a Riva Nazario Sauro, il toponimo deriva dal nome dell’antico porto di Trieste, interrato nel 1863 e corrispondente alla metà, lato mare, della piazza Unità. Dal 1865 si inizia a costruire la riva a cui viene dato il nome nel 1883.        (M. Tauceri)

Alberto Rieger (Trieste, 1834 – Vienna, 1905), Teatro Armonia.


Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905),Teatro Armonia, litografia.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905), Teatro Armonia, litografia.

L’imponente edificio galleggiante venne costruito nel 1858 su disegno dell’ingegner Lorenzo Furian presso le officine Strudthoff. Furian progettò uno stabilimento analogo per Portorose (anch’esso immortalato da Rieger in una litografia dal titolo “Bagno marittimo e villeggiatura di S. Lorenzo in Porto-Rose”).
Il “bagno galleggiante Maria”, costruito in legno, era attraccato nel centro del porto, di fronte all’Hotel de la Ville, era in grado di accogliere duecento persone, lungo 50 metri e largo 26 era dotato di cento camerini, di una caffetteria e di due piscine: una per gli uomini, l’altra per le donne ed i bambini. Sembra sia stato distrutto da una tempesta nel 1911.

Rieger nasce a Trieste nel 1834. Formatosi presso lo studio del padre Giuseppe, entra all’Accademia di Belle Arti di Venezia su sostegno economico del barone Pasquale Revoltella. Risiede a Trieste sino al 1870 dove tiene bottega, come buona parte dei pittori austriaci residenti nella città di Trieste, in quegli anni.
Si dedicò prevalentemente alle vedute cittadine e di paesaggio, anche a volo d’uccello, non prive di qualche fantasioso inserimento, sapendo ben cogliere gli angoli più suggestivi del territorio. Le sue opere verranno sovente riprodotte in edizioni litografiche di grande tiratura.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 – Vienna, 1905), Piazza Cavana, 1863.


Albert Rieger, Trieste, Piazza Cavana

Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905), Piazza Cavana, 1863.

L’imponente edificio galleggiante venne costruito nel 1858 su disegno dell’ingegner Lorenzo Furian presso le officine Strudthoff. Furian progettò uno stabilimento analogo per Portorose (anch’esso immortalato da Rieger in una litografia dal titolo “Bagno marittimo e villeggiatura di S. Lorenzo in Porto-Rose”).
Il “bagno galleggiante Maria”, costruito in legno, era attraccato nel centro del porto, di fronte all’Hotel de la Ville, era in grado di accogliere duecento persone, lungo 50 metri e largo 26 era dotato di cento camerini, di una caffetteria e di due piscine: una per gli uomini, l’altra per le donne ed i bambini. Sembra sia stato distrutto da una tempesta nel 1911.

Rieger nasce a Trieste nel 1834. Formatosi presso lo studio del padre Giuseppe, entra all’Accademia di Belle Arti di Venezia su sostegno economico del barone Pasquale Revoltella. Risiede a Trieste sino al 1870 dove tiene bottega, come buona parte dei pittori austriaci residenti nella città di Trieste, in quegli anni.
Si dedicò prevalentemente alle vedute cittadine e di paesaggio, anche a volo d’uccello, non prive di qualche fantasioso inserimento, sapendo ben cogliere gli angoli più suggestivi del territorio. Le sue opere verranno sovente riprodotte in edizioni litografiche di grande tiratura.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 – Vienna, 1905), Stabilimento Balneare Maria, 1858.


Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905), Stabilimento Balneare Maria, 1858.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905), Stabilimento Balneare Maria , litografia, 1858. 

L’imponente edificio galleggiante venne costruito nel 1858 su disegno dell’ingegner Lorenzo Furian presso le officine Strudthoff. Furian progettò uno stabilimento analogo per Portorose (anch’esso immortalato da Rieger in una litografia dal titolo “Bagno marittimo e villeggiatura di S. Lorenzo in Porto-Rose”).
Il “bagno galleggiante Maria”, costruito in legno, era attraccato nel centro del porto, di fronte all’Hotel de la Ville, era in grado di accogliere duecento persone, lungo 50 metri e largo 26 era dotato di cento camerini, di una caffetteria e di due piscine: una per gli uomini, l’altra per le donne ed i bambini. Sembra sia stato distrutto da una tempesta nel 1911.

Rieger nasce a Trieste nel 1834. Formatosi presso lo studio del padre Giuseppe, entra all’Accademia di Belle Arti di Venezia su sostegno economico del barone Pasquale Revoltella. Risiede a Trieste sino al 1870 dove tiene bottega, come buona parte dei pittori austriaci residenti nella città di Trieste, in quegli anni.
Si dedicò prevalentemente alle vedute cittadine e di paesaggio, anche a volo d’uccello, non prive di qualche fantasioso inserimento, sapendo ben cogliere gli angoli più suggestivi del territorio. Le sue opere verranno sovente riprodotte in edizioni litografiche di grande tiratura.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 – Vienna, 1905), La baia di Trieste, 1859.


Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905), La baia di Trieste, 1859.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905), La baia di Trieste, 1859.

Rieger nasce a Trieste nel 1834. Formatosi presso lo studio del padre Giuseppe, entra all’Accademia di Belle Arti di Venezia su sostegno economico del barone Pasquale Revoltella. Risiede a Trieste sino al 1870 dove tiene bottega, come buona parte dei pittori austriaci residenti nella città di Trieste, in quegli anni.
Si dedicò prevalentemente alle vedute cittadine e di paesaggio, anche a volo d’uccello, non prive di qualche fantasioso inserimento, sapendo ben cogliere gli angoli più suggestivi del territorio. Le sue opere verranno sovente riprodotte in edizioni litografiche di grande tiratura.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 – Vienna, 1905), Veduta aerea di Trieste, 1865.


 

Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905), Veduta aerea di Trieste, 1865.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905), Veduta aerea di Trieste, cromolitografia, 1865.

Rieger nasce a Trieste nel 1834. Formatosi presso lo studio del padre Giuseppe, entra all’Accademia di Belle Arti di Venezia su sostegno economico del barone Pasquale Revoltella. Risiede a Trieste sino al 1870 dove tiene bottega, come buona parte dei pittori austriaci residenti nella città di Trieste, in quegli anni.
Si dedicò prevalentemente alle vedute cittadine e di paesaggio, anche a volo d’uccello, non prive di qualche fantasioso inserimento, sapendo ben cogliere gli angoli più suggestivi del territorio. Le sue opere verranno sovente riprodotte in edizioni litografiche di grande tiratura.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 – Vienna, 1905), Ferdinandeo, 1868.


 

Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905), Ferdinandeo, 1868.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905), Ferdinandeo, 1868.

Rieger nasce a Trieste nel 1834. Formatosi presso lo studio del padre Giuseppe, entra all’Accademia di Belle Arti di Venezia su sostegno economico del barone Pasquale Revoltella. Risiede a Trieste sino al 1870 dove tiene bottega, come buona parte dei pittori austriaci residenti nella città di Trieste, in quegli anni.
Si dedicò prevalentemente alle vedute cittadine e di paesaggio, anche a volo d’uccello, non prive di qualche fantasioso inserimento, sapendo ben cogliere gli angoli più suggestivi del territorio. Le sue opere verranno sovente riprodotte in edizioni litografiche di grande tiratura.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 – Vienna, 1905), Piroscafo postale presso Trieste


Albert Rieger Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905), Piroscafo postale presso Trieste.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905), Piroscafo postale presso Trieste 

Rieger nasce a Trieste nel 1834. Formatosi presso lo studio del padre Giuseppe, entra all’Accademia di Belle Arti di Venezia su sostegno economico del barone Pasquale Revoltella. Risiede a Trieste sino al 1870 dove tiene bottega, come buona parte dei pittori austriaci residenti nella città di Trieste, in quegli anni.
Si dedicò prevalentemente alle vedute cittadine e di paesaggio, anche a volo d’uccello, non prive di qualche fantasioso inserimento, sapendo ben cogliere gli angoli più suggestivi del territorio. Le sue opere verranno sovente riprodotte in edizioni litografiche di grande tiratura.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 – Vienna, 1905), Sbarco del feretro di Massimiliano I a Trieste, 1868.


Sbarco del feretro di Massimiliano a Trieste

Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905), Sbarco del feretro di Massimiliano I a Trieste, 1868.

Rieger nasce a Trieste nel 1834. Formatosi presso lo studio del padre Giuseppe, entra all’Accademia di Belle Arti di Venezia su sostegno economico del barone Pasquale Revoltella. Risiede a Trieste sino al 1870 dove tiene bottega, come buona parte dei pittori austriaci residenti nella città di Trieste, in quegli anni.
Si dedicò prevalentemente alle vedute cittadine e di paesaggio, anche a volo d’uccello, non prive di qualche fantasioso inserimento, sapendo ben cogliere gli angoli più suggestivi del territorio. Le sue opere verranno sovente riprodotte in edizioni litografiche di grande tiratura.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 – Vienna, 1905), Trieste nel 1700.


15241188_10Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905),Trieste, nel 1700.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905),Trieste nel 1700.

Rieger nasce a Trieste nel 1834. Formatosi presso lo studio del padre Giuseppe, entra all’Accademia di Belle Arti di Venezia su sostegno economico del barone Pasquale Revoltella. Risiede a Trieste sino al 1870 dove tiene bottega, come buona parte dei pittori austriaci residenti nella città di Trieste, in quegli anni.
Si dedicò prevalentemente alle vedute cittadine e di paesaggio, anche a volo d’uccello, non prive di qualche fantasioso inserimento, sapendo ben cogliere gli angoli più suggestivi del territorio. Le sue opere verranno sovente riprodotte in edizioni litografiche di grande tiratura.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 – Vienna, 1905), Veduta di Trieste, 1850 ca.


Alberto Rieger, Veduta di Trieste, 1850

Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905), Veduta di Trieste, 1850 ca.

Rieger nasce a Trieste nel 1834. Formatosi presso lo studio del padre Giuseppe, entra all’Accademia di Belle Arti di Venezia su sostegno economico del barone Pasquale Revoltella. Risiede a Trieste sino al 1870 dove tiene bottega, come buona parte dei pittori austriaci residenti nella città di Trieste, in quegli anni.
Si dedicò prevalentemente alle vedute cittadine e di paesaggio, anche a volo d’uccello, non prive di qualche fantasioso inserimento, sapendo ben cogliere gli angoli più suggestivi del territorio. Le sue opere verranno sovente riprodotte in edizioni litografiche di grande tiratura.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 – Vienna, 1905), Pescatori nei pressi del Castello di Miramare


Alberto Rieger, pescatori nei pressi di Miramare

Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905), Pescatori nei pressi del Castello di Miramare al tramonto.

Rieger nasce a Trieste nel 1834. Formatosi presso lo studio del padre Giuseppe, entra all’Accademia di Belle Arti di Venezia su sostegno economico del barone Pasquale Revoltella. Risiede a Trieste sino al 1870 dove tiene bottega, come buona parte dei pittori austriaci residenti nella città di Trieste, in quegli anni.
Si dedicò prevalentemente alle vedute cittadine e di paesaggio, anche a volo d’uccello, non prive di qualche fantasioso inserimento, sapendo ben cogliere gli angoli più suggestivi del territorio. Le sue opere verranno sovente riprodotte in edizioni litografiche di grande tiratura.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 – Vienna, 1905)


Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905), Trieste, Piazza Grande.

Alberto Rieger (Trieste, 1834 - Vienna, 1905), Trieste, Piazza Grande

Rieger nasce a Trieste nel 1834. Formatosi presso lo studio del padre Giuseppe, entra all’Accademia di Belle Arti di Venezia su sostegno economico del barone Pasquale Revoltella. Risiede a Trieste sino al 1870 dove tiene bottega, come buona parte dei pittori austriaci residenti nella città di Trieste, in quegli anni.
Si dedicò prevalentemente alle vedute cittadine e di paesaggio, anche a volo d’uccello, non prive di qualche fantasioso inserimento, sapendo ben cogliere gli angoli più suggestivi del territorio. Le sue opere verranno sovente riprodotte in edizioni litografiche di grande tiratura.