Trieste nel Trecento: Processioni e benedizioni

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Ogni anno due processioni sfilavano per le strade campestri: la prima, ai tre di maggio, andava a S.ta Maria di Siaris, presso Bagnoli, ed i devoti portavano rami di lampone e palmette di rosai selvatici, le cui spine vecchie erano tutte mascherate dai boccioli nuovi. La seconda si faceva per implorare una buona raccolta e maledir le locuste.
I preti poi venivano spesso chiamati a benedire la messe in fiore, i bovili nuovi, i puledri e i muli prima di avvezzarli alla soma, e così le gondole dei salinaci, e tutti gli altri navigli maggiori, allorchè si stava per scagliarli in mare. In moltissimi luoghi, non bastando la maledizione, si scomunicavano e si faceva il processo agli insetti ed ai bruti che avevano recato danno o guasto, o si erano resi colpevoli di qualche delitto; ed esiste la storia di questa mostruosa e comica criminologia, a cui è annessa la raccolta delle pene inflitte agli inconsci malfattori; il giudice formulava l’accusa, si nominava un avvocato perchè avesse a difendere gli accusati, e si pronunciavano con solennità le condanne. L’Archivio diplomatico triestino non serba notizia di processi e di sentenze eseguite contro animali; ma invece ci fa conoscere l’ordinanza, con cui s’imponeva ai birri dopo che avranno pagato un soldo per ogni corvo che ad essi si portasse, debbano subito mozzargli le zampe, sotto la loggia e dinanzi al publico,. Questa crudeltà, che si commetteva contro i corvi, supposti apportatori di sventura, derivava dalla superstizione, penetrata a velare con la sua ombra il santuario delle leggi; e gli scongiuri contro le cavallette od altri insetti nocivi erano stati suggeriti dall’interesse di proteggere l’agricoltura.

(Giuseppe Caprin “Il Trecento a Trieste”, Trieste 1897).

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