Giuseppe Caprin, giornalista e scrittore

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Giuseppe Caprin, giornalista e scrittore.
Dopo studi commerciali si dedicò al giornalismo. Nel 1866 lasciò Trieste per arruolarsi nelle fila di Giuseppe Garibaldi, venendo gravemente ferito a Bezzecca. Rientrato a Trieste, si dedicò completamente al giornalismo e all’editoria, ottenendo anche l’incarico di direttore del quotidiano “L’Indipendente”.
Ottenne due volte il premio comunale, istituito da Domenico Rossetti: nel 1892 per “Tempi andati” e nel 1902 per “Il Trecento a Trieste”.
L’ultima sua opera, “L’Istria nobilissima”, venne pubblicata postuma dalla moglie Caterina Croatto-Caprin.

Trieste: ordini del Podestà

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“ORDINIAMO e vogliamo che suonandosi campana a stormo ogni
persona, dai quindici ai sessanta anni, debba correre in piazza e
mettersi agli ordini del podestà”.


Questa la deliberazione del Maggior Consiglio, e questa la Trieste del secolo decimoquarto, cioè un comune armato, in cui il concetto della patria non andava oltre la solida cinta sorvegliata nel silenzio della notte da dodici scolte, che al più lieve rumore occultavano il lume delle loro lanterne.

(Giuseppe Caprin “Il Trecento a Trieste”, Trieste 1897).

Trieste era una piccola città, che aveva dovuto fortificarsi

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“Trieste era una piccola città, che aveva dovuto fortificarsi; nella sua architettura esterna nessun abbellimento artistico: trascurato per povertà o forse ritenuto superfluo. Ad uno dei suoi lati, nella parte alta, la riparava un gruppo di tigli secolari, il quale, benchè avesse altra volta difficoltato l’adito al nemico, venne un giorno abbattuto, temendo potesse coprire un agguato.
Essa spiccava tra il verde che correva intorno al colle su cui stava adagiata, e dal mare si godeva con l’occhio la grande pace del paesaggio. I fianchi dei monti erano coperti di boschi; la coltivazione padroneggiava i minori rialti, gl’infossamenti ed i terreni ineguali che costeggiavano il golfo.
Rozze casipole, adunate insieme, come branchi di pecore, occupavano l’erta dei Tuguri o di Tigor, e quella di S. Lorenzo; ed alcune capanne, col tetto di paglia e con grosse inferriate alle finestre, stavano affatto sole, tra campi vivi e maggesi pronti alla semina, o in mezzo a festoni di viti, appiccati ai rami dei cotogni. Sul pendio di Scolcula e su quello di Ponzano, ora S. Giacomo in monte, le pergole di uve nere salivano gli scaglioni sostenuti dai muri a secco. Campo Marzio era ombrato da filari di platani bianchi…”

(Giuseppe Caprin “Il Trecento a Trieste”, Trieste 1897).

“Veduta di Trieste”, dal quadro di Benedetto Carpaccio, 1540. Cattedrale di S. Giusto

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"Veduta di Trieste", dal quadro di Benedetto Carpaccio, 1540. Cattedrale di S. Giusto.

Le porte venivano custodite da cittadini armati. I militi, che di notte stavano a guardia delle torri e delle mura, ad ogni tocco della campana di Caboro rispondevano con la grida che erano desti ed attenti. Più tardi, verso il 1365, s’ introdusse una innovazione, cioè la scolta che stava sul campanile di S. Giusto doveva, quattro volte prima della mezzanotte e quattro volte dopo, chiamare per nome, e a tutta voce, gli uomini posti in fazione sugli spaldi, denunziando alla ronda coloro che non avevano risposto. Si voleva che la città fidandosi nelle sentinelle potesse dormire secura. Le mura accompagnate da fosso, si tenevano monde dalle edere o dalle piante che potevano danneggiarle o facilitare la scalata. Cinque erano le porte e torri principali con castelletto, piombatoie e ponte levatoio: Triborgo, Donota, Tor Grande, S. Michele e Cavana; secondarie: Portizza, Saline, Pusterla e S. Lorenzo. Le principali avevano una piccola postierla, che veniva aperta un’ ora al giorno, di prima mattina, per l’ asporto delle immondizie).
(Giuseppe Caprin “Il Trecento a Trieste”. Trieste 1897)

Trieste: Riva del Mandracchio 4. Savoia Excelsior Palace.

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Trieste: Riva del Mandracchio 4. Savoia Excelsior Palace.
Foto Paolo Carbonaio
Trieste: Riva del Mandracchio 4. Savoia Excelsior Palace.
Il palazzo sorge sul sito occupato fino agli inizi del Novecento dagli edifici della Sanità e del Governo Marittimo, trasferiti rispettivamente presso la Lanterna e nell’area di Sant’Andrea. Risale al 1841 il primitivo progetto di costruzione del teatro Ferdinandeo, poi non concretizzato, sull’area di Riva Mandracchio, creata dalle opere settecentesche di imbonimento del tratto di mare antistante. Fu costruito solo tra il 1910 ed il 1912 su progetto, datato 6 luglio 1910, dell’architetto viennese Leopoldo Fiedler. La realizzazione del palazzo viene affidata alla Società di Costruzioni Union, seguita da Giuseppe Hinnel. Le fondamenta furono gettate dall’impresa Ways Wastermann e Cie di Graz, utilizzando il sistema Zublin attraverso l’inserimento a pressione nel terreno di 800 pali in cemento armato.
L’Hôtel Excelsior di proprietà della Prima Società Austriaca d’Alberghi fu inaugurato il 22 giugno 1911, anche se non ancora ultimato.
L’albergo sarà completato con la collocazione alla sommità della facciata delle statue di Nettuno e della Città di Trieste, opera dello scultore Ambrogio Pirovano impiegato nella “fabbrica e vendita di pietra e marmi artificiali”. Tra il 1915 ed il 1918 risalgono i progetti per la costruzione di due verande sulla facciata principale. Nel 1924 furono apportate delle modifiche in facciata per garantire l’accesso al Caffè Savoia, affacciato su Via Mercato Vecchio.
Negli anni Cinquanta saranno sistemati gli spazi destinati al Cinema Savoia e alla taverna su Via Luigi Cadorna. Diversi interventi interessano, poi, l’edificio tra gli anni Sessanta e Settanta, compresa la ristrutturazione generale degli impianti. Al pianoterra vengono create sale riunioni e nuovi ambienti come indicato dai progetti del 1990 e del 1993. L’albergo, dotato di 250 stanze e arredato con diversi stili, dal Luigi XIV all’americano moderno, ha ospitato la sede dell’alta ufficialità austriaca, e durante gli ultimi anni di guerra ospitò un comando truppa e un ospedale militare. Nel 1927 l’Hôtel assumerà il nome di Savoia e nel 1942 di Savoia Excelsior Palace. Nel 1949 sull’edificio vengono realizzati lavori di ripristino a causa dei danni provocati dalle cannonate sparate dalle navi tedesche del maggio 1945. Chiuso nel 1970 per ristrutturazione, l’albergo riapre nell’agosto del 1976. L’edificio ha ospitato fino al 2005 lo Starhotel Savoia Excelsior, albergo a quattro stelle, dotato di 155 camere, una trentina di appartamenti-residence e un ristorante al pianoterra. Ultimamente l’edificio è stato nuovamente ristrutturato.(da: biblioteche.comune.trieste)

Trieste nel Trecento: Processioni e benedizioni

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Ogni anno due processioni sfilavano per le strade campestri: la prima, ai tre di maggio, andava a S.ta Maria di Siaris, presso Bagnoli, ed i devoti portavano rami di lampone e palmette di rosai selvatici, le cui spine vecchie erano tutte mascherate dai boccioli nuovi. La seconda si faceva per implorare una buona raccolta e maledir le locuste.
I preti poi venivano spesso chiamati a benedire la messe in fiore, i bovili nuovi, i puledri e i muli prima di avvezzarli alla soma, e così le gondole dei salinaci, e tutti gli altri navigli maggiori, allorchè si stava per scagliarli in mare. In moltissimi luoghi, non bastando la maledizione, si scomunicavano e si faceva il processo agli insetti ed ai bruti che avevano recato danno o guasto, o si erano resi colpevoli di qualche delitto; ed esiste la storia di questa mostruosa e comica criminologia, a cui è annessa la raccolta delle pene inflitte agli inconsci malfattori; il giudice formulava l’accusa, si nominava un avvocato perchè avesse a difendere gli accusati, e si pronunciavano con solennità le condanne. L’Archivio diplomatico triestino non serba notizia di processi e di sentenze eseguite contro animali; ma invece ci fa conoscere l’ordinanza, con cui s’imponeva ai birri dopo che avranno pagato un soldo per ogni corvo che ad essi si portasse, debbano subito mozzargli le zampe, sotto la loggia e dinanzi al publico,. Questa crudeltà, che si commetteva contro i corvi, supposti apportatori di sventura, derivava dalla superstizione, penetrata a velare con la sua ombra il santuario delle leggi; e gli scongiuri contro le cavallette od altri insetti nocivi erano stati suggeriti dall’interesse di proteggere l’agricoltura.

(Giuseppe Caprin “Il Trecento a Trieste”, Trieste 1897).

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Il palazzo sorge sul sito occupato fino agli inizi del Novecento dagli edifici della Sanità e del Governo Marittimo, trasferiti rispettivamente presso la Lanterna e nell’area di Sant’Andrea. Risale al 1841 il primitivo progetto di costruzione del teatro Ferdinandeo, poi non concretizzato, sull’area di Riva Mandracchio, creata dalle opere settecentesche di imbonimento del tratto di mare antistante. Fu costruito solo tra il 1910 ed il 1912 su progetto, datato 6 luglio 1910, dell’architetto viennese Leopoldo Fiedler. La realizzazione del palazzo viene affidata alla Società di Costruzioni Union, seguita da Giuseppe Hinnel. Le fondamenta furono gettate dall’impresa Ways Wastermann e Cie di Graz, utilizzando il sistema Zublin attraverso l’inserimento a pressione nel terreno di 800 pali in cemento armato.
L’Hôtel Excelsior di proprietà della Prima Società Austriaca d’Alberghi fu inaugurato il 22 giugno 1911, anche se non ancora ultimato.
L’albergo sarà completato con la collocazione alla sommità della facciata delle statue di Nettuno e della Città di Trieste, opera dello scultore Ambrogio Pirovano impiegato nella “fabbrica e vendita di pietra e marmi artificiali”. Tra il 1915 ed il 1918 risalgono i progetti per la costruzione di due verande sulla facciata principale. Nel 1924 furono apportate delle modifiche in facciata per garantire l’accesso al Caffè Savoia, affacciato su Via Mercato Vecchio.
Negli anni Cinquanta saranno sistemati gli spazi destinati al Cinema Savoia e alla taverna su Via Luigi Cadorna. Diversi interventi interessano, poi, l’edificio tra gli anni Sessanta e Settanta, compresa la ristrutturazione generale degli impianti. Al pianoterra vengono create sale riunioni e nuovi ambienti come indicato dai progetti del 1990 e del 1993. L’albergo, dotato di 250 stanze e arredato con diversi stili, dal Luigi XIV all’americano moderno, ha ospitato la sede dell’alta ufficialità austriaca, e durante gli ultimi anni di guerra ospitò un comando truppa e un ospedale militare. Nel 1927 l’Hôtel assumerà il nome di Savoia e nel 1942 di Savoia Excelsior Palace. Nel 1949 sull’edificio vengono realizzati lavori di ripristino a causa dei danni provocati dalle cannonate sparate dalle navi tedesche del maggio 1945. Chiuso nel 1970 per ristrutturazione, l’albergo riapre nell’agosto del 1976. L’edificio ha ospitato fino al 2005 lo Starhotel Savoia Excelsior, albergo a quattro stelle, dotato di 155 camere, una trentina di appartamenti-residence e un ristorante al pianoterra. Ultimamente l’edificio è stato nuovamente ristrutturato.(da: biblioteche.comune.trieste)

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L’albergo sarà completato con la collocazione alla sommità della facciata delle statue di Nettuno e della Città di Trieste, opera dello scultore Ambrogio Pirovano impiegato nella “fabbrica e vendita di pietra e marmi artificiali”. Tra il 1915 ed il 1918 risalgono i progetti per la costruzione di due verande sulla facciata principale. Nel 1924 furono apportate delle modifiche in facciata per garantire l’accesso al Caffè Savoia, affacciato su Via Mercato Vecchio.
Negli anni Cinquanta saranno sistemati gli spazi destinati al Cinema Savoia e alla taverna su Via Luigi Cadorna. Diversi interventi interessano, poi, l’edificio tra gli anni Sessanta e Settanta, compresa la ristrutturazione generale degli impianti. Al pianoterra vengono create sale riunioni e nuovi ambienti come indicato dai progetti del 1990 e del 1993. L’albergo, dotato di 250 stanze e arredato con diversi stili, dal Luigi XIV all’americano moderno, ha ospitato la sede dell’alta ufficialità austriaca, e durante gli ultimi anni di guerra ospitò un comando truppa e un ospedale militare. Nel 1927 l’Hôtel assumerà il nome di Savoia e nel 1942 di Savoia Excelsior Palace. Nel 1949 sull’edificio vengono realizzati lavori di ripristino a causa dei danni provocati dalle cannonate sparate dalle navi tedesche del maggio 1945. Chiuso nel 1970 per ristrutturazione, l’albergo riapre nell’agosto del 1976. L’edificio ha ospitato fino al 2005 lo Starhotel Savoia Excelsior, albergo a quattro stelle, dotato di 155 camere, una trentina di appartamenti-residence e un ristorante al pianoterra. Ultimamente l’edificio è stato nuovamente ristrutturato.(da: biblioteche.comune.trieste)

Trieste nel Trecento: “Nove rivi scorrevano assidui.”

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“Nove rivi scorrevano assidui.”

Quello di S. Giovanni raccoglieva tutti gli scoli di vene vive che incontrava sulla sua strada, ed era attraversato da ponti di legno; si univa al rio delle Sex fontanis, che moveva le ruote delle concie alle Zudecche in Pondares, o Pontaris, cioè Ponte delle aie, e quindi tutti e due sotto il nome di rio Grande lambivano la Val de rîf, o Valdirivo, spartendosi nelle roste di alcuni molini, e sfogando in mare presso il campo dei Sambuchi. Il rio delle Geppe, più tardi del Coroneo, ingrossava con l’acqua spanta dalla fontana della Iuncta (poi Zonta); il rio Montorsino sguisciava in una solcatura di Roiano; il rio di Auresin, presso Grignano, aveva il corso a cascate; il rio Quarto, il rio del Gias, il rio Torto e il rio Corgnoletto tagliavano la valle di Zaule. Gli altri ruscelli minori, formando una rete di tributari, menavano ghiaie e terra molle nei letti aperti dei maggiori torrenti, come il rio Montefiascone e il rio Cilino; erano invece indipendenti il rio Bovedo e il rio Disela. Le acque, come si vede, vagavano liberissime, e nessuno aveva pensato d’ incarcerarle; dove più abbondevoli mettevano in moto le macine del frumento e delle ghiande, i frantoi e i mazzapicchi di qualche gualchiera.

(Giuseppe Caprin “Il Trecento a Trieste”, Trieste 1897).

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Il palazzo sorge sul sito occupato fino agli inizi del Novecento dagli edifici della Sanità e del Governo Marittimo, trasferiti rispettivamente presso la Lanterna e nell’area di Sant’Andrea. Risale al 1841 il primitivo progetto di costruzione del teatro Ferdinandeo, poi non concretizzato, sull’area di Riva Mandracchio, creata dalle opere settecentesche di imbonimento del tratto di mare antistante. Fu costruito solo tra il 1910 ed il 1912 su progetto, datato 6 luglio 1910, dell’architetto viennese Leopoldo Fiedler. La realizzazione del palazzo viene affidata alla Società di Costruzioni Union, seguita da Giuseppe Hinnel. Le fondamenta furono gettate dall’impresa Ways Wastermann e Cie di Graz, utilizzando il sistema Zublin attraverso l’inserimento a pressione nel terreno di 800 pali in cemento armato.
L’Hôtel Excelsior di proprietà della Prima Società Austriaca d’Alberghi fu inaugurato il 22 giugno 1911, anche se non ancora ultimato.
L’albergo sarà completato con la collocazione alla sommità della facciata delle statue di Nettuno e della Città di Trieste, opera dello scultore Ambrogio Pirovano impiegato nella “fabbrica e vendita di pietra e marmi artificiali”. Tra il 1915 ed il 1918 risalgono i progetti per la costruzione di due verande sulla facciata principale. Nel 1924 furono apportate delle modifiche in facciata per garantire l’accesso al Caffè Savoia, affacciato su Via Mercato Vecchio.
Negli anni Cinquanta saranno sistemati gli spazi destinati al Cinema Savoia e alla taverna su Via Luigi Cadorna. Diversi interventi interessano, poi, l’edificio tra gli anni Sessanta e Settanta, compresa la ristrutturazione generale degli impianti. Al pianoterra vengono create sale riunioni e nuovi ambienti come indicato dai progetti del 1990 e del 1993. L’albergo, dotato di 250 stanze e arredato con diversi stili, dal Luigi XIV all’americano moderno, ha ospitato la sede dell’alta ufficialità austriaca, e durante gli ultimi anni di guerra ospitò un comando truppa e un ospedale militare. Nel 1927 l’Hôtel assumerà il nome di Savoia e nel 1942 di Savoia Excelsior Palace. Nel 1949 sull’edificio vengono realizzati lavori di ripristino a causa dei danni provocati dalle cannonate sparate dalle navi tedesche del maggio 1945. Chiuso nel 1970 per ristrutturazione, l’albergo riapre nell’agosto del 1976. L’edificio ha ospitato fino al 2005 lo Starhotel Savoia Excelsior, albergo a quattro stelle, dotato di 155 camere, una trentina di appartamenti-residence e un ristorante al pianoterra. Ultimamente l’edificio è stato nuovamente ristrutturato.(da: biblioteche.comune.trieste)

S. Giusto v’ha una pittura a fresco, che ci presenta la Trieste del Trecento

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S. Giusto v’ha una pittura a fresco, che ci presenta la Trieste del Trecento.
L’artista esegui quella prospettiva con molta verità; ne fanno testimonianza alcuni particolari architettonici e decorativi, ch’egli ha copiati e che si trovano ancora in essere, al loro posto primitivo; segnò per esempio gli stipiti della porta maggiore della cattedrale con le otto incavature in cui si trovano i busti della famiglia Barbia, ed indicò al disopra della porta del campanile la statua del patrono, che ancora oggi vi campeggia sotto a un baldacchino, e che prima della riunione delle due chiese stava sulla facciata del sacello. Le vedute di Trieste fatte posteriormente, una da un pittore murale, la seconda da Benedetto Carpaccio nel 1540, e la terza da Prospero Petronio in sulla fine del secolo XVII, provano che se la città subì dopo le guerre con Venezia, ed anche più tardi, alcune modificazioni, non ne andò per questo alterato l’antico scheletro, reso con molta esattezza ed evidenza dall’ignoto frescante. In queste vedute le mura figurano rinforzate internamente, per maggior saldezza, dagli archivolti che reggono i ballatoi o il girone. Le torri, provvedute di balestriere, hanno, come quelle di Pirano, l’aspetto di una semplice camicia di pietra, a due ripiani, detti solai o battagliere. Quella delle Beccherie era munita di caditoia, da cui si gettavano sugli assalitori pietre, tizzoni ed anche sabbia e polvere di calce per accecarli.

(Giuseppe Caprin “Il Trecento a Trieste”, Trieste 1897).

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Il palazzo sorge sul sito occupato fino agli inizi del Novecento dagli edifici della Sanità e del Governo Marittimo, trasferiti rispettivamente presso la Lanterna e nell’area di Sant’Andrea. Risale al 1841 il primitivo progetto di costruzione del teatro Ferdinandeo, poi non concretizzato, sull’area di Riva Mandracchio, creata dalle opere settecentesche di imbonimento del tratto di mare antistante. Fu costruito solo tra il 1910 ed il 1912 su progetto, datato 6 luglio 1910, dell’architetto viennese Leopoldo Fiedler. La realizzazione del palazzo viene affidata alla Società di Costruzioni Union, seguita da Giuseppe Hinnel. Le fondamenta furono gettate dall’impresa Ways Wastermann e Cie di Graz, utilizzando il sistema Zublin attraverso l’inserimento a pressione nel terreno di 800 pali in cemento armato.
L’Hôtel Excelsior di proprietà della Prima Società Austriaca d’Alberghi fu inaugurato il 22 giugno 1911, anche se non ancora ultimato.
L’albergo sarà completato con la collocazione alla sommità della facciata delle statue di Nettuno e della Città di Trieste, opera dello scultore Ambrogio Pirovano impiegato nella “fabbrica e vendita di pietra e marmi artificiali”. Tra il 1915 ed il 1918 risalgono i progetti per la costruzione di due verande sulla facciata principale. Nel 1924 furono apportate delle modifiche in facciata per garantire l’accesso al Caffè Savoia, affacciato su Via Mercato Vecchio.
Negli anni Cinquanta saranno sistemati gli spazi destinati al Cinema Savoia e alla taverna su Via Luigi Cadorna. Diversi interventi interessano, poi, l’edificio tra gli anni Sessanta e Settanta, compresa la ristrutturazione generale degli impianti. Al pianoterra vengono create sale riunioni e nuovi ambienti come indicato dai progetti del 1990 e del 1993. L’albergo, dotato di 250 stanze e arredato con diversi stili, dal Luigi XIV all’americano moderno, ha ospitato la sede dell’alta ufficialità austriaca, e durante gli ultimi anni di guerra ospitò un comando truppa e un ospedale militare. Nel 1927 l’Hôtel assumerà il nome di Savoia e nel 1942 di Savoia Excelsior Palace. Nel 1949 sull’edificio vengono realizzati lavori di ripristino a causa dei danni provocati dalle cannonate sparate dalle navi tedesche del maggio 1945. Chiuso nel 1970 per ristrutturazione, l’albergo riapre nell’agosto del 1976. L’edificio ha ospitato fino al 2005 lo Starhotel Savoia Excelsior, albergo a quattro stelle, dotato di 155 camere, una trentina di appartamenti-residence e un ristorante al pianoterra. Ultimamente l’edificio è stato nuovamente ristrutturato.(da: biblioteche.comune.trieste)

Trieste nel 1300 si divideva in quattro rioni: Castello, Riborgo, Mercato e Cavana

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I cittadini non potevano girare durante la notte senza essere provvisti di un lampioncino. Di mattina, per tempo, la campana della torre di Caboro, in Castello, invitava ad uscire tutti i giornalieri occupati nei lavori fuori delle mura; mentre la prima campana del palazzo publico mandava i fabri, i falegnami e tutti gli esercenti le arti servili alle proprie botteghe.

La città si divideva in quattro rioni:
Castello, Riborgo, Mercato e Cavana.
Castello comprendeva le contrade Caboro, Pietralba, Pusterla, Figara, S. Lorenzo, Grumazzo, Prelaser, Zudati, Rena, Rivola e Pontar.
Riborgo tutte le straduccie incluse nel triangolo di case tra la porta omonima e la via Malcanton.
Mercato le vie Malcanton, Pozzo bianco, Gusion, Muda e Punta del forno.
Cavana invece andava da Punta del forno al barbacan di porta S. Michele e giù sino alla torre Tiepolo in capo alla via della Torretta.
Quartieri nobili erano Riborgo e Cavana; in quest’ ultimo si trovava la scuola publica, prossima alla chiesa di S. Sebastiano, e non lungi dall’arsenale. Mercato ospitava i trafficanti, i feneratori, i venditori di stoffe e panni, cera e ferramenta. Castello albergava poco numero di agricoltori e di facchini, detti anche bastasi; mentre gli artefici abitavano in via Sporcavilla e nelle rughe vicine. In Crosada c’era la loggia dei brigenti od artieri; un’ altra loggia sorgeva sul pendio di Donota, una terza in Riborgo, poco lungi dall’ospitale e dal vecchio noce, che il Comune difendeva mantenendovi un riparo di stecconi; i pescatori, i marinai ed i pegoloti occupavano le catapecchie, appoggiate quasi addosso alle mura, presso la torre della Fraternità o Fradella.
Abbondavano i torchi d’olio e le cantine in cui si pigiava l’ uva. L’ aspetto un po’ rustico era una parte della fisionomia di quasi tutte le città italiane, che ricettavano alquanti contadini e brentari.

Una delle caratteristiche del Medioevo era la divisione della cittadinanza per caste, visibile nei vari e curiosi aspetti delle stesse città. Il quartiere dei patrizi a Trieste si presentava pulito e tranquillo; rumoroso e laborioso quello della borghesia, la quale cominciava ad arricchirsi nei traffici; oscure e poverissime le vie in cui s’addensavano le famiglie dedite a lavori manuali.
La distinzione degli ordini sociali era voluta dalle leggi. Citiamo in proposito la seguente terminazione del Maggior Consiglio di Venezia : « Nessun scudiero o famiglio di alcun nobile o d’altri, non osi sedere sulle panche intorno alla chiesa di S. Giacomo a Rialto, nè sotto la loggia, nè sulle altre panche dove sogliono stare i nobili.

(Giuseppe Caprin “Il Trecento a Trieste”, Trieste 1897).

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Negli anni Cinquanta saranno sistemati gli spazi destinati al Cinema Savoia e alla taverna su Via Luigi Cadorna. Diversi interventi interessano, poi, l’edificio tra gli anni Sessanta e Settanta, compresa la ristrutturazione generale degli impianti. Al pianoterra vengono create sale riunioni e nuovi ambienti come indicato dai progetti del 1990 e del 1993. L’albergo, dotato di 250 stanze e arredato con diversi stili, dal Luigi XIV all’americano moderno, ha ospitato la sede dell’alta ufficialità austriaca, e durante gli ultimi anni di guerra ospitò un comando truppa e un ospedale militare. Nel 1927 l’Hôtel assumerà il nome di Savoia e nel 1942 di Savoia Excelsior Palace. Nel 1949 sull’edificio vengono realizzati lavori di ripristino a causa dei danni provocati dalle cannonate sparate dalle navi tedesche del maggio 1945. Chiuso nel 1970 per ristrutturazione, l’albergo riapre nell’agosto del 1976. L’edificio ha ospitato fino al 2005 lo Starhotel Savoia Excelsior, albergo a quattro stelle, dotato di 155 camere, una trentina di appartamenti-residence e un ristorante al pianoterra. Ultimamente l’edificio è stato nuovamente ristrutturato.(da: biblioteche.comune.trieste)

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Trieste: Riva del Mandracchio 4. Savoia Excelsior Palace.
Foto Paolo Carbonaio
Trieste: Riva del Mandracchio 4. Savoia Excelsior Palace.
Il palazzo sorge sul sito occupato fino agli inizi del Novecento dagli edifici della Sanità e del Governo Marittimo, trasferiti rispettivamente presso la Lanterna e nell’area di Sant’Andrea. Risale al 1841 il primitivo progetto di costruzione del teatro Ferdinandeo, poi non concretizzato, sull’area di Riva Mandracchio, creata dalle opere settecentesche di imbonimento del tratto di mare antistante. Fu costruito solo tra il 1910 ed il 1912 su progetto, datato 6 luglio 1910, dell’architetto viennese Leopoldo Fiedler. La realizzazione del palazzo viene affidata alla Società di Costruzioni Union, seguita da Giuseppe Hinnel. Le fondamenta furono gettate dall’impresa Ways Wastermann e Cie di Graz, utilizzando il sistema Zublin attraverso l’inserimento a pressione nel terreno di 800 pali in cemento armato.
L’Hôtel Excelsior di proprietà della Prima Società Austriaca d’Alberghi fu inaugurato il 22 giugno 1911, anche se non ancora ultimato.
L’albergo sarà completato con la collocazione alla sommità della facciata delle statue di Nettuno e della Città di Trieste, opera dello scultore Ambrogio Pirovano impiegato nella “fabbrica e vendita di pietra e marmi artificiali”. Tra il 1915 ed il 1918 risalgono i progetti per la costruzione di due verande sulla facciata principale. Nel 1924 furono apportate delle modifiche in facciata per garantire l’accesso al Caffè Savoia, affacciato su Via Mercato Vecchio.
Negli anni Cinquanta saranno sistemati gli spazi destinati al Cinema Savoia e alla taverna su Via Luigi Cadorna. Diversi interventi interessano, poi, l’edificio tra gli anni Sessanta e Settanta, compresa la ristrutturazione generale degli impianti. Al pianoterra vengono create sale riunioni e nuovi ambienti come indicato dai progetti del 1990 e del 1993. L’albergo, dotato di 250 stanze e arredato con diversi stili, dal Luigi XIV all’americano moderno, ha ospitato la sede dell’alta ufficialità austriaca, e durante gli ultimi anni di guerra ospitò un comando truppa e un ospedale militare. Nel 1927 l’Hôtel assumerà il nome di Savoia e nel 1942 di Savoia Excelsior Palace. Nel 1949 sull’edificio vengono realizzati lavori di ripristino a causa dei danni provocati dalle cannonate sparate dalle navi tedesche del maggio 1945. Chiuso nel 1970 per ristrutturazione, l’albergo riapre nell’agosto del 1976. L’edificio ha ospitato fino al 2005 lo Starhotel Savoia Excelsior, albergo a quattro stelle, dotato di 155 camere, una trentina di appartamenti-residence e un ristorante al pianoterra. Ultimamente l’edificio è stato nuovamente ristrutturato.(da: biblioteche.comune.trieste)

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Il palazzo sorge sul sito occupato fino agli inizi del Novecento dagli edifici della Sanità e del Governo Marittimo, trasferiti rispettivamente presso la Lanterna e nell’area di Sant’Andrea. Risale al 1841 il primitivo progetto di costruzione del teatro Ferdinandeo, poi non concretizzato, sull’area di Riva Mandracchio, creata dalle opere settecentesche di imbonimento del tratto di mare antistante. Fu costruito solo tra il 1910 ed il 1912 su progetto, datato 6 luglio 1910, dell’architetto viennese Leopoldo Fiedler. La realizzazione del palazzo viene affidata alla Società di Costruzioni Union, seguita da Giuseppe Hinnel. Le fondamenta furono gettate dall’impresa Ways Wastermann e Cie di Graz, utilizzando il sistema Zublin attraverso l’inserimento a pressione nel terreno di 800 pali in cemento armato.
L’Hôtel Excelsior di proprietà della Prima Società Austriaca d’Alberghi fu inaugurato il 22 giugno 1911, anche se non ancora ultimato.
L’albergo sarà completato con la collocazione alla sommità della facciata delle statue di Nettuno e della Città di Trieste, opera dello scultore Ambrogio Pirovano impiegato nella “fabbrica e vendita di pietra e marmi artificiali”. Tra il 1915 ed il 1918 risalgono i progetti per la costruzione di due verande sulla facciata principale. Nel 1924 furono apportate delle modifiche in facciata per garantire l’accesso al Caffè Savoia, affacciato su Via Mercato Vecchio.
Negli anni Cinquanta saranno sistemati gli spazi destinati al Cinema Savoia e alla taverna su Via Luigi Cadorna. Diversi interventi interessano, poi, l’edificio tra gli anni Sessanta e Settanta, compresa la ristrutturazione generale degli impianti. Al pianoterra vengono create sale riunioni e nuovi ambienti come indicato dai progetti del 1990 e del 1993. L’albergo, dotato di 250 stanze e arredato con diversi stili, dal Luigi XIV all’americano moderno, ha ospitato la sede dell’alta ufficialità austriaca, e durante gli ultimi anni di guerra ospitò un comando truppa e un ospedale militare. Nel 1927 l’Hôtel assumerà il nome di Savoia e nel 1942 di Savoia Excelsior Palace. Nel 1949 sull’edificio vengono realizzati lavori di ripristino a causa dei danni provocati dalle cannonate sparate dalle navi tedesche del maggio 1945. Chiuso nel 1970 per ristrutturazione, l’albergo riapre nell’agosto del 1976. L’edificio ha ospitato fino al 2005 lo Starhotel Savoia Excelsior, albergo a quattro stelle, dotato di 155 camere, una trentina di appartamenti-residence e un ristorante al pianoterra. Ultimamente l’edificio è stato nuovamente ristrutturato.(da: biblioteche.comune.trieste)

Trieste: La fontana della pineta di Barcola detta anche “fontana luminosa”

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La fontana della pineta di Barcola detta anche "fontana luminosa" venne inaugurata nel 1963. Ricordo che al tempo ci furono contestazioni per l'installazione di questa fontana, anche se non so per quali motivi. Per un periodo gli spruzzi creavano dei bei effetti, cambiando colore, probabilmente per fattori legati alla manutenzione vennero tolte le lampadine colorate. Non so quando, ma gli zampilli furono sostituiti da un getto unico. Foto collezione privata

Trieste: Aurisina. Vedetta Liburnia.

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Trieste: Aurisina. Vedetta Liburnia.
Foto Paolo Carbonaio
Trieste: Aurisina. Vedetta Liburnia.
Si tratta di una ex “torre piezometrica”, ovvero di una struttura tecnica a servizio dell’acquedotto, che ha la funzione di mantenere sufficientemente alta e regolare la pressione dell’acqua. In particolare, questa “torre piezometrica” era collegata ad un ramo d’acquedotto da 6 pollici che, partendo dalle Sorgenti di Aurisina, serviva la Stazione ferroviaria. Fu eretta negli anni 1854/56, in quella che allora era una desolata landa carsica, nella quale la torre doveva spiccare come una torre medievale. Oggi è invece circondata da un fitto bosco di pini, che cominciano quasi ad insidiarne il primato dell’altezza. Il progetto di tutto l’acquedotto (ed anche dell’attuale vedetta Liburnia) fu firmato dall’ingegnere viennese Carl Junker (1827-1882) – lo stesso del Castello di Miramare. Bei tempi, nei quali una struttura “tecnica” non doveva esser solo efficiente ma, se possibile, anche architettonicamente aggraziata… e nei quali un architetto di grido non trovava degradante utilizzare il suo talento anche per opere minori. All’epoca della sua edificazione, fu motivo di una querelle con gli abitanti di Santa Croce; infatti la torre, e le relative tubature, si trovano su terreni di proprietà della Comunella di Santa Croce.
Il 09.09.1861 i delegati Antonio Cossutta e Giuseppe Bogatez presentarono un’istanza al Consiglio Municipale di Trieste per il ripristino del pieno diritto di proprietà degli abitanti di Santa Croce sul fondo n. tav. 3348 e n. cat. 454, occupato dalla Società Acquedotto Aurisina con le opere di canalizzazione ed il serbatoio. Ricordano come detti abitanti non furono preventivamente consultati ed alle loro proteste fu risposto, dal Presidente cav. Scrinzi e dall’ing. Junker, che per il bisogno della villa si sarebbe aperta una spina d’acqua perenne.
Invece la popolazione, di oltre milleduecento anime, ha solo una cisterna. La cui acqua non basta nemmeno per quattro mesi all’anno, per cui bisogna recarsi “collo spendio di trequarti d’ora fra andata e ritorno ad una sorgente presso il mare e ciò per aspra strada o addirittura mandare i carri a San Giovanni di Duino”. All’istanza è allegata una “mappa censuaria della Comune di S.ta Croce nel Litorale, Territorio di Trieste”.
Appena nel marzo 1862 il Comune di Trieste informa della questione la Direzione dell’Acquedotto Aurisina, ricordando che “ripetute volte gli abitanti del villaggio hanno chiesto che fosse accordato uno sbocco d’acqua, ad essi stato promesso in compenso del fondo comunale occupato per l’acquedotto” ed invitandola perciò “a voler dichiararsi, in qual modo ritiene di venir incontro alla domanda dei medesimi”. La discussione si trascina negli anni seguenti, con un tentativo di coinvolgere anche la Società della Ferrovia Meridionale (Südbahn – Gesellscahaft), che però declina ogni responsabilità nel merito, in quanto la Direzione dell’Acquedotto Aurisina, all’epoca in cui aveva ceduto gli impianti (1858), si era assunta l’obbligo di definire tutte le pendenze relative all’occupazione dei fondi. Gli abitanti di Santa Croce dovettero quindi attendere ancora a lungo, prima di ottenere finalmente l’acqua, Abbandonata nel secondo dopoguerra, la torre fu riadattata ed attrezzata a vedetta nel 1985, a cura della sezione CAI di Fiume, per celebrare il proprio centenario. (a destra la targa che ricorda i lavori eseguita dall’Impresa Innocente e Stipanovich e sotto quella del CAI) – Da: carsosegreto.it

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Si tratta di una ex “torre piezometrica”, ovvero di una struttura tecnica a servizio dell’acquedotto, che ha la funzione di mantenere sufficientemente alta e regolare la pressione dell’acqua. In particolare, questa “torre piezometrica” era collegata ad un ramo d’acquedotto da 6 pollici che, partendo dalle Sorgenti di Aurisina, serviva la Stazione ferroviaria. Fu eretta negli anni 1854/56, in quella che allora era una desolata landa carsica, nella quale la torre doveva spiccare come una torre medievale. Oggi è invece circondata da un fitto bosco di pini, che cominciano quasi ad insidiarne il primato dell’altezza. Il progetto di tutto l’acquedotto (ed anche dell’attuale vedetta Liburnia) fu firmato dall’ingegnere viennese Carl Junker (1827-1882) – lo stesso del Castello di Miramare. Bei tempi, nei quali una struttura “tecnica” non doveva esser solo efficiente ma, se possibile, anche architettonicamente aggraziata… e nei quali un architetto di grido non trovava degradante utilizzare il suo talento anche per opere minori. All’epoca della sua edificazione, fu motivo di una querelle con gli abitanti di Santa Croce; infatti la torre, e le relative tubature, si trovano su terreni di proprietà della Comunella di Santa Croce.
Il 09.09.1861 i delegati Antonio Cossutta e Giuseppe Bogatez presentarono un’istanza al Consiglio Municipale di Trieste per il ripristino del pieno diritto di proprietà degli abitanti di Santa Croce sul fondo n. tav. 3348 e n. cat. 454, occupato dalla Società Acquedotto Aurisina con le opere di canalizzazione ed il serbatoio. Ricordano come detti abitanti non furono preventivamente consultati ed alle loro proteste fu risposto, dal Presidente cav. Scrinzi e dall’ing. Junker, che per il bisogno della villa si sarebbe aperta una spina d’acqua perenne.
Invece la popolazione, di oltre milleduecento anime, ha solo una cisterna. La cui acqua non basta nemmeno per quattro mesi all’anno, per cui bisogna recarsi “collo spendio di trequarti d’ora fra andata e ritorno ad una sorgente presso il mare e ciò per aspra strada o addirittura mandare i carri a San Giovanni di Duino”. All’istanza è allegata una “mappa censuaria della Comune di S.ta Croce nel Litorale, Territorio di Trieste”.
Appena nel marzo 1862 il Comune di Trieste informa della questione la Direzione dell’Acquedotto Aurisina, ricordando che “ripetute volte gli abitanti del villaggio hanno chiesto che fosse accordato uno sbocco d’acqua, ad essi stato promesso in compenso del fondo comunale occupato per l’acquedotto” ed invitandola perciò “a voler dichiararsi, in qual modo ritiene di venir incontro alla domanda dei medesimi”. La discussione si trascina negli anni seguenti, con un tentativo di coinvolgere anche la Società della Ferrovia Meridionale (Südbahn – Gesellscahaft), che però declina ogni responsabilità nel merito, in quanto la Direzione dell’Acquedotto Aurisina, all’epoca in cui aveva ceduto gli impianti (1858), si era assunta l’obbligo di definire tutte le pendenze relative all’occupazione dei fondi. Gli abitanti di Santa Croce dovettero quindi attendere ancora a lungo, prima di ottenere finalmente l’acqua, Abbandonata nel secondo dopoguerra, la torre fu riadattata ed attrezzata a vedetta nel 1985, a cura della sezione CAI di Fiume, per celebrare il proprio centenario. (a destra la targa che ricorda i lavori eseguita dall’Impresa Innocente e Stipanovich e sotto quella del CAI) – Da: carsosegreto.it

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Si tratta di una ex “torre piezometrica”, ovvero di una struttura tecnica a servizio dell’acquedotto, che ha la funzione di mantenere sufficientemente alta e regolare la pressione dell’acqua. In particolare, questa “torre piezometrica” era collegata ad un ramo d’acquedotto da 6 pollici che, partendo dalle Sorgenti di Aurisina, serviva la Stazione ferroviaria. Fu eretta negli anni 1854/56, in quella che allora era una desolata landa carsica, nella quale la torre doveva spiccare come una torre medievale. Oggi è invece circondata da un fitto bosco di pini, che cominciano quasi ad insidiarne il primato dell’altezza. Il progetto di tutto l’acquedotto (ed anche dell’attuale vedetta Liburnia) fu firmato dall’ingegnere viennese Carl Junker (1827-1882) – lo stesso del Castello di Miramare. Bei tempi, nei quali una struttura “tecnica” non doveva esser solo efficiente ma, se possibile, anche architettonicamente aggraziata… e nei quali un architetto di grido non trovava degradante utilizzare il suo talento anche per opere minori. All’epoca della sua edificazione, fu motivo di una querelle con gli abitanti di Santa Croce; infatti la torre, e le relative tubature, si trovano su terreni di proprietà della Comunella di Santa Croce.
Il 09.09.1861 i delegati Antonio Cossutta e Giuseppe Bogatez presentarono un’istanza al Consiglio Municipale di Trieste per il ripristino del pieno diritto di proprietà degli abitanti di Santa Croce sul fondo n. tav. 3348 e n. cat. 454, occupato dalla Società Acquedotto Aurisina con le opere di canalizzazione ed il serbatoio. Ricordano come detti abitanti non furono preventivamente consultati ed alle loro proteste fu risposto, dal Presidente cav. Scrinzi e dall’ing. Junker, che per il bisogno della villa si sarebbe aperta una spina d’acqua perenne.
Invece la popolazione, di oltre milleduecento anime, ha solo una cisterna. La cui acqua non basta nemmeno per quattro mesi all’anno, per cui bisogna recarsi “collo spendio di trequarti d’ora fra andata e ritorno ad una sorgente presso il mare e ciò per aspra strada o addirittura mandare i carri a San Giovanni di Duino”. All’istanza è allegata una “mappa censuaria della Comune di S.ta Croce nel Litorale, Territorio di Trieste”.
Appena nel marzo 1862 il Comune di Trieste informa della questione la Direzione dell’Acquedotto Aurisina, ricordando che “ripetute volte gli abitanti del villaggio hanno chiesto che fosse accordato uno sbocco d’acqua, ad essi stato promesso in compenso del fondo comunale occupato per l’acquedotto” ed invitandola perciò “a voler dichiararsi, in qual modo ritiene di venir incontro alla domanda dei medesimi”. La discussione si trascina negli anni seguenti, con un tentativo di coinvolgere anche la Società della Ferrovia Meridionale (Südbahn – Gesellscahaft), che però declina ogni responsabilità nel merito, in quanto la Direzione dell’Acquedotto Aurisina, all’epoca in cui aveva ceduto gli impianti (1858), si era assunta l’obbligo di definire tutte le pendenze relative all’occupazione dei fondi. Gli abitanti di Santa Croce dovettero quindi attendere ancora a lungo, prima di ottenere finalmente l’acqua, Abbandonata nel secondo dopoguerra, la torre fu riadattata ed attrezzata a vedetta nel 1985, a cura della sezione CAI di Fiume, per celebrare il proprio centenario. (a destra la targa che ricorda i lavori eseguita dall’Impresa Innocente e Stipanovich e sotto quella del CAI) – Da: carsosegreto.it

Lo Statuto di Trieste del primo o secondo decennio del 1300 vietava di gettar acqua dalle finestre…

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Lo Statuto di Trieste del primo o secondo decennio del 1300 vietava di gettar acqua dalle finestre e di lavar panni, carne, pesce e vasi presso alle publiche fontane; proibiva ai calzolai di esporre, stendere od asciugare pelli sulle mura, o sulla publica via, e sino di lavorare alla finestra, alla porta, o fuori della bottega. Di contro accordava il diritto di poter tenere per un anno letame, vinaccie e legna presso la propria casa.
La pulizia della piazza veniva fatta una volta alla settimana, e lo spazzino non doveva servirsi di rastrelli od altri ordigni di ferro che avrebbero potuto danneggiare lo spiano, ma adoperare soltanto la scopa e raccogliere le immondizie ed i rifiuti con le mani.


(Giuseppe Caprin “Il Trecento a Trieste”, Trieste 1897).

Trieste. Domenica 20 marzo 1921. Si proclama l’annessione

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Trieste, Domenica 20 marzo 1921. Si proclama l'annessione.
A Trieste si proclama solennemente l'annessione della Venezia Giulia all'Italia. Sono presenti le massime autorità dello Stato. Il re Vittorio Emanuele, impossibilitato a venire, manda un fervido saluto augurale. Collezione Dino Cafagna

Trieste, 1936: il Cinema “Impero”, in via Battisti n. 33

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. 
All'angolo con la via Gatteri, progettato dall'arch. Umberto Nordio, fu aperto il 12 dicembre 1930. La sala era servita da sei uscite e poteva contenere 500 persone. Chiuse i battenti nel maggio 1978; oggi al suo posto c'è un negozio di giocattoli. Collezione Dino Cafagna

La baia di Sistiana, 1900

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La baia di Sistiana, 1900. Collezione Dino Cafagna

Tutta la baia di Sistiana era allora di proprietà del principe Federico Hohenlohe.
Il luogo, posto in una baia riparata dai venti, è stato da poco scoperto come luogo ideale per i bagni di mare (Seebad), sabbiature, passeggiate nel verde, il tutto riservato una stretta cerchia dell’agiata società borghese, prevalentemente tedesca.

Trieste: Colle di San Giusto. Ara della III Armata.

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Trieste: Colle di San Giusto. L'Ara della III Armata.
Foto Paolo Carbonaio
Trieste: Colle di San Giusto. L’Ara della III Armata.
Il 3 novembre 1929 il Duca d’Aosta inaugurò l’Ara della III Armata, da lui comandata durante la Grande guerra, opera dell’architetto Carlo Polli. L’Ara, di forma quadrangolare sorge su un piedistallo di pietra grigia e sui suoi riquadri di pietra bianca sono riprodotte due panoplie fatte di mitragliatrici e di fucili che stilizzano “le armi dei moderni eserciti” secondo canoni di chiara matrice classica, e due scudi. Sui quattro lati del monumento è riprodotta la seguente epigrafe: “La vittoriose armi qui consacrò la III Armata al comando di Emanuele Filiberto di Savoia”.Alcuni semplici tratti forniscono sommarie indicazioni sui campi di battaglia, dall’Isonzo al Piave, dove l’unità era stata impegnata.

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Trieste: Colle di San Giusto. L'Ara della III Armata.
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Trieste: Colle di San Giusto. L’Ara della III Armata.
Il 3 novembre 1929 il Duca d’Aosta inaugurò l’Ara della III Armata, da lui comandata durante la Grande guerra, opera dell’architetto Carlo Polli. L’Ara, di forma quadrangolare sorge su un piedistallo di pietra grigia e sui suoi riquadri di pietra bianca sono riprodotte due panoplie fatte di mitragliatrici e di fucili che stilizzano “le armi dei moderni eserciti” secondo canoni di chiara matrice classica, e due scudi. Sui quattro lati del monumento è riprodotta la seguente epigrafe: “La vittoriose armi qui consacrò la III Armata al comando di Emanuele Filiberto di Savoia”.Alcuni semplici tratti forniscono sommarie indicazioni sui campi di battaglia, dall’Isonzo al Piave, dove l’unità era stata impegnata.

La chiesa della Madonna del Mare in piazzale Rosmini : le vetrate

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San Giusto, con inconsuete  caratteristiche guerriere .  Vetrata della chiesa della Madonna del Mare, foto di Elisabetta Marcovich

La chiesa della Madonna del mare

Costruita negli anni 50 in piazzale Rosmini, su progetto dell’architetto Forlati 1948-54.
Precedentemente nel 1937 il podestà di Trieste Salem aveva donato alla comunità dei frati minori un terreno per edificare un convento con chiesa annessa, il convento venne costruito subito mentre la chiesa venne iniziata il 14 maggio 1948.
Di stile ispirato al romanico, in particolare nella sua forma veneta, il suo alto campanile ( il più alto della città, 62 metri) completato nel 1958, svetta sul rione circostante.
Il materiale per la costruzione venne in parte ricavato da donazioni del fedeli e in parte da materiale abbandonato al termine della guerra: da questo, e dalla presenza di pietre volutamente dipinte in bianco ad imitare le chiese medievali in cui si reimpiegavano materiali preesistenti, è nata la leggenda della chiesa costruita con lapidi tombali riciclate.
L’interno misura 57 metri di lunghezza, 22 di larghezza e altrettanti di altezza ed è uno dei più vasti di Trieste e le colonne che dividono le navate sono monoliti di pietra di Aurisina pesano ciascuna 9 tonnellate.
L’altare è un monolito di peralba rosso, ai lati sotto gli amboni di pesco carsico, ci sono gli accessi alla cripta.
Al centro dell’abside un mosaico di Luciano Bartoli , autore anche dei simboli in marmo di Aurisina delle porta a bassorilievo.
Del medesimo autore le vetrate, eseguite fra il 1969 e il 1970, le tre vetrate della controfacciata rappresentano gli episodi della creazione mentre le vetrate
laterali rappresentano simboli mariani.
Nella cripta la venerata immagine della Madonna del mare ed una Madonna di Tristano Alberti; per Natale la cripta ospita un noto e ricco presepio animato. ( E. M.)

La chiesa della Madonna del Mare in piazzale Rosmini : le vetrate

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Sis praesul et custodia sii presidio e custodia dal Salmo di Compieta : immagine della chiesa stessa nelle vetrate Foto Elisabetta Marcovich

La chiesa della Madonna del mare

Costruita negli anni 50 in piazzale Rosmini, su progetto dell’architetto Forlati 1948 54
Precedentemente nel 1937 il podestà di Trieste Salem aveva donato alla comunità dei frati minori un terreno per edificare un convento con chiesa annessa, il convento venne costruito subito mentre la chiesa venne iniziata il 14 maggio 1948.
Di stile ispirato al romanico, in particolare nella sua forma veneta, il suo alto campanile ( il più alto della città, 62 metri) completato nel 1958, svetta sul rione circostante.
Il materiale per la costruzione venne in parte ricavato da donazioni del fedeli e in parte da materiale abbandonato al termine della guerra: da questo, e dalla presenza di pietre volutamente dipinte in bianco ad imitare le chiese medievali in cui si reimpiegavano materiali preesistenti, è nata la leggenda della chiesa costruita con lapidi tombali riciclate.
L’interno misura 57 metri di lunghezza, 22 di larghezza e altrettanti di altezza ed è uno dei più vasti di Trieste e le colonne che dividono le navate sono monoliti di pietra di Aurisina pesano ciascuna 9 tonnellate.
L’altare è un monolito di peralba rosso, ai lati sotto gli amboni di pesco carsico, ci sono gli accessi alla cripta.
Al centro dell’abside un mosaico di Luciano Bartoli , autore anche dei simboli in marmo di Aurisina delle porta a bassorilievo.
Del medesimo autore le vetrate, eseguite fra il 1969 e il 1970, le tre vetrate della controfacciata rappresentano gli episodi della creazione mentre le vetrate
laterali rappresentano simboli mariani.
Nella cripta la venerata immagine della Madonna del mare ed una Madonna di Tristano Alberti; per Natale la cripta ospita un noto e ricco presepio animato. ( E. M.)

La chiesa della Madonna del Mare in piazzale Rosmini : le vetrate

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Un personaggio inconsueto: Uxor Noe, la moglie di Noè. Foto Elisabetta Marcovich

La chiesa della Madonna del mare

Costruita negli anni 50 in piazzale Rosmini, su progetto dell’architetto Forlati 1948 54
Precedentemente nel 1937 il podestà di Trieste Salem aveva donato alla comunità dei frati minori un terreno per edificare un convento con chiesa annessa, il convento venne costruito subito mentre la chiesa venne iniziata il 14 maggio 1948.
Di stile ispirato al romanico, in particolare nella sua forma veneta, il suo alto campanile ( il più alto della città, 62 metri) completato nel 1958, svetta sul rione circostante.
Il materiale per la costruzione venne in parte ricavato da donazioni del fedeli e in parte da materiale abbandonato al termine della guerra: da questo, e dalla presenza di pietre volutamente dipinte in bianco ad imitare le chiese medievali in cui si reimpiegavano materiali preesistenti, è nata la leggenda della chiesa costruita con lapidi tombali riciclate.
L’interno misura 57 metri di lunghezza, 22 di larghezza e altrettanti di altezza ed è uno dei più vasti di Trieste e le colonne che dividono le navate sono monoliti di pietra di Aurisina pesano ciascuna 9 tonnellate.
L’altare è un monolito di peralba rosso, ai lati sotto gli amboni di pesco carsico, ci sono gli accessi alla cripta.
Al centro dell’abside un mosaico di Luciano Bartoli , autore anche dei simboli in marmo di Aurisina delle porta a bassorilievo.
Del medesimo autore le vetrate, eseguite fra il 1969 e il 1970, le tre vetrate della controfacciata rappresentano gli episodi della creazione mentre le vetrate
laterali rappresentano simboli mariani.
Nella cripta la venerata immagine della Madonna del mare ed una Madonna di Tristano Alberti; per Natale la cripta ospita un noto e ricco presepio animato. ( E. M.)

La chiesa della Madonna del Mare in piazzale Rosmini : le vetrate

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Tristis Eva  vetrata di Luciano Bartoli, dettaglio. Foto di Elisabetta Marcovich

La chiesa della Madonna del mare

Costruita negli anni 50 in piazzale Rosmini, su progetto dell’architetto Forlati 1948 54
Precedentemente nel 1937 il podestà di Trieste Salem aveva donato alla comunità dei frati minori un terreno per edificare un convento con chiesa annessa, il convento venne costruito subito mentre la chiesa venne iniziata il 14 maggio 1948.
Di stile ispirato al romanico, in particolare nella sua forma veneta, il suo alto campanile ( il più alto della città, 62 metri) completato nel 1958, svetta sul rione circostante.
Il materiale per la costruzione venne in parte ricavato da donazioni del fedeli e in parte da materiale abbandonato al termine della guerra: da questo, e dalla presenza di pietre volutamente dipinte in bianco ad imitare le chiese medievali in cui si reimpiegavano materiali preesistenti, è nata la leggenda della chiesa costruita con lapidi tombali riciclate.
L’interno misura 57 metri di lunghezza, 22 di larghezza e altrettanti di altezza ed è uno dei più vasti di Trieste e le colonne che dividono le navate sono monoliti di pietra di Aurisina pesano ciascuna 9 tonnellate.
L’altare è un monolito di peralba rosso, ai lati sotto gli amboni di pesco carsico, ci sono gli accessi alla cripta.
Al centro dell’abside un mosaico di Luciano Bartoli , autore anche dei simboli in marmo di Aurisina delle porta a bassorilievo.
Del medesimo autore le vetrate, eseguite fra il 1969 e il 1970, le tre vetrate della controfacciata rappresentano gli episodi della creazione mentre le vetrate
laterali rappresentano simboli mariani.
Nella cripta la venerata immagine della Madonna del mare ed una Madonna di Tristano Alberti; per Natale la cripta ospita un noto e ricco presepio animato. ( E. M.)

La chiesa della Madonna del Mare in piazzale Rosmini: interni

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La  statua di Tristano Alberti raffigurante la Madonna con Bambino nella cripta. Foto di Elisabetta Marcovich

La chiesa della Madonna del mare

Costruita negli anni 50 in piazzale Rosmini, su progetto dell’architetto Forlati 1948 54
Precedentemente nel 1937 il podestà di Trieste Salem aveva donato alla comunità dei frati minori un terreno per edificare un convento con chiesa annessa, il convento venne costruito subito mentre la chiesa venne iniziata il 14 maggio 1948.
Di stile ispirato al romanico, in particolare nella sua forma veneta, il suo alto campanile ( il più alto della città, 62 metri) completato nel 1958, svetta sul rione circostante.
Il materiale per la costruzione venne in parte ricavato da donazioni del fedeli e in parte da materiale abbandonato al termine della guerra: da questo, e dalla presenza di pietre volutamente dipinte in bianco ad imitare le chiese medievali in cui si reimpiegavano materiali preesistenti, è nata la leggenda della chiesa costruita con lapidi tombali riciclate.
L’interno misura 57 metri di lunghezza, 22 di larghezza e altrettanti di altezza ed è uno dei più vasti di Trieste e le colonne che dividono le navate sono monoliti di pietra di Aurisina pesano ciascuna 9 tonnellate.
L’altare è un monolito di peralba rosso, ai lati sotto gli amboni di pesco carsico, ci sono gli accessi alla cripta.
Al centro dell’abside un mosaico di Luciano Bartoli , autore anche dei simboli in marmo di Aurisina delle porta a bassorilievo.
Del medesimo autore le vetrate, eseguite fra il 1969 e il 1970, le tre vetrate della controfacciata rappresentano gli episodi della creazione mentre le vetrate
laterali rappresentano simboli mariani.
Nella cripta la venerata immagine della Madonna del mare ed una Madonna di Tristano Alberti; per Natale la cripta ospita un noto e ricco presepio animato. ( E. M.)