Trieste – Campo San Luigi

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Campo San Luigi (Google Maps)

 

LUIGI San (campo)

Campo San Luigi: Barriera Vecchia/Chiadino-Rozzol. Al termine di via del Farneto. C.A.P. 34142.
Denominazione apposta nel 1912, suggerita dal nome di una cappella già esistente nelle vicinanze, costruita nel 1770 dal commerciante Antonio Rossetti e soppressa nel 1784; era dedicata a San Luigi Gonzaga. La nuova chiesa di San Luigi, invece, benedetta nel 1949 ed eretta a sede parrocchiale nel 1954, si trova all’angolo tra le vie C. Archi e B. Biasoletto.

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

Un sentito ringraziamento va al Prof. Antonio Trampus, per aver acconsentito all'utilizzo dei suoi testi.

Trieste – Piazzetta Santa Lucia

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Piazzetta Santa Lucia (Google Maps)

 

LUCIA Santa (piazzetta)

Piazzetta Santa Lucia: San Vito-Città Vecchia. Tra via Santi Martiri e via dei Crociferi. C.A.P. 34124.

Denominazione già esistente nell’Ottocento, suggerita dalla presenza di una chiesetta dedicata a quella Santa, già scomparsa alla fine del XVIII secolo.
In piazzetta Santa Lucia, di fronte alla chiesa della B.V. del Soccorso, si trova il nuovo ingresso della Curia Vescovile, aperto in questo dopoguerra contemporaneamente ad altri lavori di ristrutturazione del palazzo (prog. architetto V. Frandoli); all’interno venne posta una lapide commemorativa con l’iscrizione dettata da Mons. G. Del Ton: «VETERIBUS AEDIBUS PENITUS REFECTIS / NOVA CONTIGNATIONE EXSTRUCTA / APTO ORDINE DISPOSITA CONCLAVIUM SERIE / UT ADEUNTIBUS COMMODIOR INGRESSUS PATERET / UTQUE OFFICIALIBUS EXPEDITIOR / MUNERUM PERFUNCTIO CONTINGERET / IN HANG NOBILIOREM AMPLIOREMQUE FORMAM / EPISCOPALIS CURIA / REDACTA / ANNO MCMLVI /».
In uno dei cortili interni è stata ripristinata, per cura di Mons. L. Parentin, una lapide barocca già posta sulla facciata della chiesetta di San Francesco da Paola, lì vicino costruita nel 1733 e abbattuta dopo il 1784; reca l’iscrizione: «D.O.M. / SACELLUM ET CONFRATERNITAS 1 AD DIVI FRANCISCI DE PAULA /
HONOREM ERECTAE / AC CAROLI VI PII IMPERATORIS / CAESAREIS INSIGNIBUS / DECORATAE DIE XXIX APR. LIS / MDCCXXXIII /».

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Piazza della Libertà

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Piazza della Libertà (Google Maps)

LIBERTÀ (piazza della): Città Nuova-Barriera Nuova. Dinanzi alla stazione ferroviaria centrale, all’inizio di viale Miramare. C.A.P. numero 1: 34135; dal numero 2 al numero 7: 34132; dal numero 8 a fine: 34135.
Già piazza della Stazione, divenne «piazza della Libertà» con Delibera della Giunta Municipale d.d. 28.3.1919 numero IX-31/5-19.
È una della principali piazze della città, importante perché offre la prima impressione di Trieste al viaggiatore che vi giunge per la strada Costiera o per ferrovia. Al numero civico 1 si trova casa Catolla, pregevole edificio costruito nel 1898 (prog. 5.4.1897) dall’ing. Giusto Catolla, con ingresso su corso Cavour; al numero civico 2 è l’imponente palazzo Panfilli, la cui costruzione, terminata nel 1881, venne effettuata dagli ingegneri Giov. Berlam, Giov. Righetti e Giov. Scalmanini su progetto (d.d. 26.8.1878) degli architetti viennesi Anton Gross e Wilhelm Jelinek; reca il numero civico 3 casa Brunner, costruita nel 1873 su progetto (17.5.1871) dell’ing. Giuseppe Naglos; al numero civico 4 si trova invece palazzo Miller, costruito nel 1878 dall’impr. Giov. Batt. Dreina su progetto dell’architetto G. Bruni per la ditta Miller & Comp. (prog. 28.8.1876); al numero civico 5 è palazzo Kalister (proprietà Parisi dal 1911), in stile neogreco, costruito nel 1881 su progetto (2.9.1879) dell’architetto Giov. Scalmanini, con la collaborazione dell’architetto Luigi Zabeo per la parte decorativa. Reca invece il numero civico 6 un’altra casa Catolla (poi, dal 1894, proprietà Parisi), eretta nel 1883 su progetto (15.8.1882) dell’architetto Francesco Catolla. Notevole è al numero civico 7 palazzo Economo, in stile neogreco, costruito nel 1887 su progetto (16.12.1884) dell’architetto Giov. Scalmanini con la collaborazione per la parte decorativa dell’architetto L. Zabeo; oggi accoglie la Galleria di Arte Antica e la Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici, Archeologici, Artistici e Storici del Friuli-Venezia Giulia (B.A.A.A.A.S.). Segue, al numero civico 8, la stazione ferroviaria centrale, inaugurata il 19 giugno 1878 (prog. architetto Flattich), che sostituì il primitivo edificio risalente al 1856 ubicato altrove. Più moderno è invece l’edificio destinato a Stazione comunale delle autolinee (1935, architetto U. Nordio), mentre al 1951 risale la costruzione riservata a Mensa comunale (numero civico 12) (inaugur. 19.12.1951, prog. dell’Ufficio Tecnico Comunale). Nel giardino di fronte alla stazione venne inaugurato il 25 marzo 1889 il monumento commemorativo del quinto centenario della dedizione di Trieste all’Austria (1382-1882); di buona fattura, era costituito da un basamento sul quale poggiava un gruppo marmoreo raffigurante ruderi romani e sovrastato da un obelisco, mentre Trieste era allegoricamente rappresentata da una bronzea figura femminile che sorgeva da quelle rovine. L’intero monumento era poi cinto da una bassa cancellata in bronzo recante, ai quattro angoli, quattro interessanti fanali pure di bronzo. Il progetto del monumento fu steso dallo scultore dalmata Ivan Rendic, la statua venne fusa a Vienna dallo scultore Poeninger. Sul basamento era incisa l’epigrafe dettata da don Pietro Tomasin: «PRAEVIDENS MAIORUM CONSILIUM TERGESTINAM PRAECLARAM URBEM / PRID. KAL. OCTOBRIS MCCCLXXXII LEOPOLDO III PIO AUSTRIAE DUCI / SPONTE OBTULIT / ET NEPOTES EMPORII INCOLAE / SEDENTE FRANCISCO JOSEPHO / AUG. IMPERATORE ET REGE APOSTOLICO / HOC FIDELITATIS AVITAE MONUMENTUM / AERE CONLATO / EREXERE A.D. MDCCCLXXXIX / QUOD BONUM FAUSTUMQUE SIT / » .
Un disco marmoreo decorato di tredici stemmi ricordava le antiche tredici casate triestine. Il monumento venne demolito nel 1936: la statua bronzea venne fusa (con eccezione della testa che finì nella collezione de Henriquez), l’obelisco fu abbandonato nei depositi comunali, le pietre del basamento furono adoperate per la costruzione dell’edicola contenente l’immagine sacra della Madonna in piazzale Monte Re a Opicina, la cancellata venne destinata a decorazione del Museo del Risorgimento di villa Basevi, i quattro fanali vennero posti alle imboccature del nuovo ponte «rosso» sul Canal Grande (oggi ne rimangono superstiti solo due), il disco con gli stemmi delle tredici casate è stato posto nel castello di San Giusto. Nell’altro giardinetto, quello già prospiciente il Silos e oggi in gran parte scomparso con la costruzione della Stazione comunale delle autolinee, venne collocato nel 1912 il monumento commemorativo dell’imperatrice Elisabetta, moglie di Francesco Giuseppe I (scultore Ferdinando Seifert), smontato dopo il primo conflitto mondiale e oggi in attesa di nuova destinazione.

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Piazzale dei Legnami

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Piazzale dei Legnami (Google Maps)

 

LEGNAMI (piazzale dei)

Piazzale dei Legnami: Servola-Chiarbola. Tra via I. Svevo e via degli Alti Forni. C.A.P. 34145.
Risale al 6.4.1956 (Delibera del Consiglio Comunale numero 60) questa intitolazione, «dall’uso del piazzale come porto di legnami» (così dalla motivazione). Lo scalo legnami era situato originariamente nella zona di Campo Marzio, nel sito oggi occupato dalla stazione ferroviaria di Sant’Andrea; per la costruzione di questa stazione, fin dal 1902, si rese necessario il trasferimento dello scalo legnami ai piedi del colle di Servola, su di un vasto terreno (190.000 mq.) ottenuto con l’interramento di un tratto di mare.

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Largo Ugo Irneri

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Largo Ugo Irneri (Google Maps)

IRNERI Ugo (largo)

Largo Ugo Irneri: San Vito-Città Vecchia. Alla confluenza tra viale R. Gessi e passeggio S. Andrea. C.A.P. 34123.

Già tratto di passeggio Sant’Andrea, ebbe questa denominazione dal 28.12.1987, suggerita dalla presenza del nuovo palazzo del Lloyd Adriatico di Assicurazioni, istituto fondato da Irneri. Ugo Irneri (Hirn) nacque a Trieste il 26.1.1896; laureatosi dottore commercialista, si impegnò nel ramo assicurativo e nel 1936, assieme ad alcuni colleghi, fondò la «Società Anonima Cooperativa Sabauda di Assicurazioni» cui si aggiunse nel 1938 la «Mutua Sabauda Malattie», entrambe fuse nel 1939 nella «Mutua Sabauda di Assicurazioni» che nel 1946 divenne «Lloyd Adriatico di Assicurazioni e Riassicurazioni» con sede in Venezia.
Dal 1956, ormai società per azioni, il Lloyd Adriatico ebbe nuovamente sede a Trieste, in via del Lazzaretto Vecchio. Ugo Irneri, che come presidente della società diede un contributo non indifferente all’impresa assicurativa italiana, lasciò la direzione nel 1971 assumendo la carica di presidente onorario e pubblicò un’autobiografia dal titolo Cinquant’anni di battaglie: memorie di un assicuratore. Nominato Cavaliere del Lavoro nel 1978, morì a Trieste il 2 gennaio 1979.
Al numero civico 1 di largo Irneri si trova oggi il nuovo palazzo del Lloyd Adriatico, costruito nel 1986 (grog. architetto Celii e Tognon) sui terreni già occupati dagli edifici della fabbrica macchine di Sant’Andrea.

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Piazza Attilio Hortis

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Piazza Attilio Hortis (Google Maps)

 

HORTIS Attilio (piazza)

Piazza Attilio Hortis: San Vito-Città Vecchia. Tra via dell’Annunziata e via S. Giorgio. C.A.P. dal numero 1 al numero 5: 34123; dal numero 6 a fine: 34124.

Già piazza Lipsia, con Delibera della Giunta Municipale d.d. 28.3.1919 numero IX-31/5-19 venne denominata «piazza degli Studi» (per la presenza dell’edificio sede dell’Istituto Nautico e del palazzo della Biblioteca Civica); con Delibera della Giunta Municipale d.d. 26.4.1926 numero 37/5-VIII-31/12/2-26, ottenuta l’autorizzazione dal Ministero della Pubblica Istruzione, la piazza venne intitolata all’umanista e patriota Attilio Hortis, nato a Trieste il 13 maggio 1850, primogenito dell’avv. Arrigo, noto esponente del partito liberale nazionale giuliano. Giovane intelligente e brillante fin dagli anni che videro la sua frequentazione del Ginnasio comunale, Attilio Hortis studiò poi contemporaneamente a Padova giurisprudenza e lettere: laureatosi in giurisprudenza nel 1871 (ripetuti poi alcuni esami nel 1872 a Graz per ottenere il riconoscimento da parte del governo austriaco) esercitò per poco tempo l’avvocatura, dedicandosi poi completamente agli studi letterari. Nel 1872, a ventidue anni, ottenne l’incarico di direttore della Biblioteca Civica di Trieste, nel 1875, a venticinque anni, divenne direttore dell’Archeografo Triestino. Alla sua attività di studioso sono dovuti fondamentali contributi apparsi in quegli anni: il volume Scritti inediti di Francesco Petrarca (Trieste 1874), lo studio Alcune lettere di Pietro Metastasio pubblicate dagli autografi (Trieste 1876) e l’importante lavoro Studi sulle opere latine del Boccaccio (Trieste 1879); opere che gli valsero consensi e riconoscimenti unanimi da parte della critica nazionale ed europea, cui seguirono l’offerta della cattedra di Filologia romanza all’Università di Graz e della Prefettura della Biblioteca nazionale di Roma, incarichi che Hortis tuttavia non accettò. Proprio in quegli stessi anni la sua attività di studioso conobbe una nuova fase; anche a seguito delle ridotte possibilità economiche – dovute alla morte del padre, del quale si accollò alcuni debiti rimasti insoluti – rinunciò alle lunghe e dispendiose ricerche sulla storia letteraria italiana, pur continuando a seguire l’attività scientifica sugli argomenti prediletti e intervenendo ancora con notevoli saggi critici. Profuse allora maggiore impegno nell’attività politica, militando nelle file del partito liberale nazionale giuliano e divenendo uno degli esponenti politici più amati dalla cittadinanza, oltre ad essere quello culturalmente più preparato; nel 1897 risultò eletto deputato al Parlamento di Vienna e in quell’assise operò per oltre un decennio con rara capacità: celebre è il discorso da lui tenuto in lingua tedesca nel 1902 a favore dell’università italiana a Trieste, nel quale – ricorda M. Gentile – «manifesta in una forma che nella sua esemplarità può essere definita classica [la] vitale consonanza tra dottrina e sentimento, tra l’autorità dello studioso di fama universale e la precisa rilevanza del mandato rappresentativo». Parallelamente all’attività politica, e più volte anche in funzione di questa, Hortis si dedicò quindi alla storia patria, interessandosi in particolare del basso Medioevo e pubblicando contributi di notevole rilievo, dedicandosi alla raccolta dei materiali per una progettata storia della cultura giuliana, purtroppo non compiuta, della quale fornì una sorta di anticipazione nei tre manoscritti La chiesa, Il commercio e La pubblica istruzione che gli valsero, già nel 1883, il premio Rossetti. Dell’attività storicoletteraria di Hortis è da rilevare, ancora, un aspetto che lo distinse per metodo scientifico e per modernità di proponimento. Nell’opera storica di Hortis, infatti, è ben distinguibile una posizione maturata dallo studioso e dovuta in non poca misura al carattere dei lavori compiuti fin dalla giovinezza: quella relativa al modo di fare storia locale, anche storia politica nel caso specifico, superando il gusto dell’erudizione tardo-ottocentesca tipica di un Kandler – per la cui opera, comunque, nutriva grande ammirazione – inquadrando la storia cittadina nel più vasto àmbito della storia nazionale ed europea. Si tratta, come accennato, di una impostazione moderna, che porta al superamento del particolarismo geografico e alla relativizzazione del concetto di storia locale; una necessità ben presente oggi alla generazione di studiosi intellettualmente più maturi, il cui operato rivela sempre maggiore attenzione per le nuove prospettive della storia locale. Al termine del primo conflitto mondiale Hortis venne nominato senatore (24 febbraio 1919) e pure a Roma continuò intensamente l’attività politica in favore della Venezia Giulia. Studioso e uomo politico di ormai riconosciuto Trieste il 23 febbraio 1926. Al numero civico 1 di piazza Hortis si trova l’Istituto Tecnico Nautico Statale «Tomaso di Savoia Duca di Genova»,  dall’antica Accademia reale e di nautica, ospitato oggi in un edificio costruito nel 1877 su progetto dell’ing. Giovanni Righetti. E posto nel mezzo del giardinetto che occupa gran parte della piazza il busto marmoreo di A. Hortis, opera dello scultore G. Mayer; reca il numero civico 4 palazzo Maurizio (o Bisserini), costruito nel 1802, ristrutturato nel 1817 dall’architetto P. Nobile, che lo alzò di un piano, sede della Biblioteca Civica dal 1820 e dal 1856 del Museo Civico di Storia Naturale (fino al 1924 Civico Museo Ferdinando Massimiliano).

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Largo Granatieri

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Largo Granatieri (Google Maps)

 

GRANATIERI (largo)

Largo Granatieri: San Vito-Città Vecchia. Attiguo a piazza Piccola, dietro il Palazzo municipale. C.A.P. 34121.
Delibera del Consiglio Comunale numero 206 d.d. 29.5.1951 questo largo, creato con le demolizioni degli anni Trenta e fino a quell’epoca privo di intitolazione, venne denominato «largo Granatieri», a ricordo del corpo di soldati specializzati dell’Esercito italiano (fanteria), chiamato «granatieri» nel 1567 perché costituito da lanciatori di granate a mano; la Brigata Granatieri fu una delle prime ad essere ricostituite dopo l’armistizio. L’ampio e moderno palazzo dell’anagrafe, sede di uffici comunali (ingresso passo Costanzi numero 1), venne eretto nel 1958 su progetto (1954) degli architetto A. Cervi e R. Boico. Al numero civico 2 di largo Granatieri, invece, si trova l’ingresso dell’ala nuova del municipio, un edificio costruito su progetto dell’ing. V. Privileggi (1937) sul sedime di alcune antiche abitazioni, già con ingresso su via Malcanton.

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Piazza Carlo Goldoni

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GOLDONI Carlo (piazza)

Piazza Carlo Goldoni: Barriera Vecchia-Città Nuova-Barriera.

L’attuale piazza Goldoni ha cambiato più volte denominazione; nel Settecento si chiamava piazza San Lazzaro, dal 15 giugno 1886 divenne piazza delle Legna, denominazione frequente anche in altre città italiane. Nel 1902, la piazza prese il nome di Carlo Goldoni; nel periodo 1915-1918, dopo la dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria-Ungheria, venne ripristinato il toponimo ottocentesco; dal 1919 ritornerà ad essere piazza Goldoni.

La primitiva denominazione Piazza delle Legna si deve al mercato che venne a costituirsi spontaneamente nella distesa che si apriva dopo il Corso e che riforniva di legna la città con gli alberi della collina di Montuzza.

La palazzina Tonello (civico 1), già sede degli uffici di redazione del Piccolo (dal 1897), venne incendiata nel 1915; alla fine del conflitto fu restaurata; al numero civico 10 si trova casa Caccia, su progetto dell’architetto G. Berlam, 1875.

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Piazza San Giovanni

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Piazza San Giovanni (Google Maps)

 

GIOVANNI San (piazza)

Piazza San Giovanni: Città Nuova-Barriera Nuova.

Denominazione ottocentesca suggerita dal nome dell’acquedotto romano, detto di San Giovanni perché percorre la omonima vallata, il cui tracciato originariamente attraversava questo sito raggiungendo, più oltre, l’attuale piazza dell’Unità d’Italia. Con Delibera del Podestà d.d. 5.3.1938 si decise di mutare il nome di piazza San Giovanni in quello di «piazza Caduti Fascisti»; questa nuova denominazione venne soppressa con Delibera Commissario Prefettizio numero 648 d.d. 4.9.1943 (conf. Del. Pres. numero 407 d.d. 6.7.1946).
L’edificio principale che prospetta la piazza è palazzo Diana al numero civico 5, costruito nel 1882 per il commerciante M. Diana (grog. ing. C. Holzner), sede dal 1948 della sezione provinciale della Democrazia Cristiana e al cui pianterreno si trova l’ottocentesca farmacia «All’Ercole Trionfante»; al numero civico 3 si trova palazzo Minerbi (architetto F. Angeli, 1880) mentre al numero civico 4 si trova casa Gentilli (ing. C. Vallon, 1882, ristrutturata nel 1890 dall’ing. E. Geiringer). Al centro della piazza, sul sito già occupato da una fontana risalente al 1866, venne eretto nel 1906 il monumento marmoreo dedicato a G. Verdi, inaugurato il 27 gennaio 1906 (scultore A. Laforet); distrutto dai filoaustriaci nel 1915 a seguito della dichiarazione di guerra dell’Italia all’impero austroungarico, venne rifatto in bronzo nel 1926 dalla fonderia Savini e Ripamonti di Milano. Reca scolpite, sul basamento in pietra calcarea, le parole: «ERETTO NEL MARMO / DALLA FEDE DEI CITTADINI / IL XXVII GENNAIO MCMVI / DISTRUTTO DA ODIO NEMICO / IL XXIII MAGGIO MCMXV / VOLLE IL COMUNE / CHE QUI RISORGESSE NEL BRONZO / IL XXIV MAGGIO MCMXXVI /».

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Piazza Virgilio Giotti

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GIOTTI Virgilio (piazza)

Piazza Virgilio Giotti: Città Nuova-Barriera Nuova. All’incrocio tra le vie S. Francesco d’Assisi e G. Zanetti. C.A.P. 34133.

Già piazza San Francesco d’Assisi, ebbe nuova denominazione Delibera del Consiglio Comunale numero 513 d.d. 13.6.1967; tuttavia, già in data 7.5.1962 il Comune di Trieste, d’accordo con la Società di Minerva, trasmise alla Prefettura la richiesta di intitolare una via o una piazza al poeta triestino, in deroga alla legge 23.6.1927 numero 1188 che prevede siano trascorsi dieci anni dalla morte del personaggio che si intende onorare, salvo che questi non si sia reso benemerito per la Nazione; Giotti, infatti, era morto nel 1957. Nonostante fosse stata rammentata agli organi competenti la lunsinghiera motivazione con la quale, pochi mesi prima della morte, la commissione dell’Accademia dei Lincei aveva conferito al poeta il premio di fondazione Feltrinelli («uno dei pochissimi poeti veri dell’Italia del nostro tempo: poeta italiano e non dialettale, anche se la poesia più sua e originale è da ricercare non nei versi in lingua, bensì nelle poesie in dialetto triestino»), la deroga richiesta non venne concessa.
Virgilio Schònbeck (in arte V. Giotti) nacque a Trieste il 15 gennaio 1885; frequentò la Scuola Industriale e dal 1907 al 1919 visse a Firenze, ove pubblicò la sua prima opera, il Piccolo canzoniere in dialetto triestino (Gonnelli, Firenze 1914). Rientrato nella città natale al termine della guerra, aprì una rivendita di giornali in Cittavecchia, per ottenere poi un impiego alla Lega Nazionale (1920) e venendo assunto, infine, presso il Comune di Trieste (1932) con l’incarico, successivamente, di avventizio all’Ospedale Maggiore. Nel 1920 apparve la sua seconda opera, Il mio cuore e la mia casa e negli anni successivi, raccolta sempre maggiore attenzione dalla critica nazionale, venne affermandosi come uno dei più interessanti poeti triestini; nel 1941 venne pubblicato il volume di poesie Colori (Parenti, Firenze), *destinato a numerose ristampe. Morì a Trieste il 21 settembre 1957. Negli ultimi anni si è rinnovata l’attenzione della critica per l’opera poetica di Giotti (che ha scoperto, pure, il suo estro di disegnatore) attraverso un proficuo confronto tra studiosi culminato nel 1985 con la creazione del Comitato per le celebrazioni di V. Giotti nel centenario della nascita al quale si deve la recente edizione delle Opere. L’edificio più significativo della piazza è il Tempio Israelitico. Per la costruzione di questo nuovo edificio sacro venne bandito un concorso cui parteciparono gli architetti R. e A. Berlam di Trieste, F. Matouschek ed E. Adler di Budapest, E. Forh e J. Sandy di Budapest, E. Lindner e T. Schreier di Vienna; risultarono vincitori i Berlam, padre e figlio (23.6.1904). I lavori di costruzione iniziarono nel 1908 e si conclusero nel 1912; l’edificio venne inaugurato il 27 giugno 1912. Il Tempio Israelitico di Trieste è considerato uno degli edifici di culto ebraico più importanti d’Europa e il più significativo esempio – assieme al Tempio Israelitico di Torino – di sinagoga italiana moderna.

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Piazzale Vincenzo Gioberti

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Piazzale Vincenzo Gioberti (Google Maps)

 

GIOBERTI Vincenzo (piazzale)

Piazzale Vincenzo Gioberti: San Giovanni. Al termine di viale R. Sanzio. C.A.P. 34128.
Denominazione risalente al 10.1.1942 (Delibera del Podestà 10.1.1942), che ricorda il filosofo e uomo politico Vincenzo Gioberti, nato a Torino nel 1801; laureato in teologia e sacerdote, visse in esilio a Parigi e a Bruxelles dal 1834 al 1845; rientrato in Italia, fu deputato (1848) e presidente del Consiglio (16.12.1848-20.2.1849). Fu esponente del cattolicesimo liberale, sviluppando una teoria filosofica e storico-politica che attribuiva all’Italia un primato e una missione rinnovatrice nel quadro della tradizione cattolica; assunse posizioni critiche nei confronti della filosofia moderna e del pensiero di A. Rosmini. Opere principali: Degli errori filosofici di A. Rosmini (1842), Il Primato civile e morale degli Italiani (1842-1843), Prolegomeni al Primato (1845), Il Gesuita moderno (1847), Il Rinnovamento civile dell’Italia (1851); postume: La riforma cattolica della Chiesa (1856), La filosofia della Rivelazione (1857), Pensieri (1858-1860). Da ricordare ancora le opere Del Bello (1841) e Del Buono (1843), tra i primi lavori nei quali si trova enunciato il suo pensiero filosofico e i cui manoscritti autografi sono conservati presso l’Archivio Diplomatico di Trieste (Racc. Zajotti numero 541), assieme a parte del carteggio con il veneziano Falconetti, dal quale provengono i brani di questa lettera, datata Brussel 14.10.1840, ove declinava l’invito, poi invece accettato, a collaborare con alcune voci all’Enciclopedia Italiana: «all’accettare il suo invito si frappone un ostacolo, che mi pare insuperabile. Il quale si è, che trattandosi di una scienza destituita di base e di metodo universalmente ricevuti, e così sottoposta alla varietà dei sistemi, com’è al di d’oggi la filosofia, l’unico modo di dare una certa unità all’opera si è di fare, che tutti gli articoli partano da una sola mano, ovvero che i vari componitori se la intendano fra di loro, e professino sostanzialmente la stessa dottrina. Ora questo secondo partito non è possibile nel mio caso, perché la filosofia che professo differisce in molti punti essenziali dalle tecniche che sono in voga al dì d’oggi». Morì a Parigi nel 1852. In piazzale V. Gioberti si trova la chiesa di San Giovanni Decollato, la cui costruzione, iniziata il 29 giugno 1856, fu portata a termine nel 1858 (consacr. 27 giugno 1858; prog. ing. G. Sforzi); l’arredo liturgico venne completato in gran parte nel 1891. Da ricordare l’importante Via Crucis (1858), dovuta al pennello del triestino G.L. Rose, e la pala San Giovanni in attesa del martirio (1858) del pittore viennese E. de Heinrich. L’organo originale, qui trasferito dalla cattedrale di S. Giusto e risalente al 1780 (real. G. Calido-Venezia), venne sostituito nel 1953 da uno moderno della ditta F.lli Zaninumero La chiesa di San Giovanni Decollato è sede’ di parrocchia cittadina dal 1864.

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Piazzale di Giarizzole

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Piazzale di Giarizzole (Google Maps)

 

GIARIZZOLE (piazzale di)

Piazzale di Giarizzole: Valmaura-Borgo San Sergio. Lungo via Flavia, poco prima di piazzale U. Cagni. C.A.P. 34148.
Piazzale creato con la costruzione di nuovi complessi abitativi dell’Istituto Autonomo Case Popolari nell’immediato secondo dopoguerra e intitolato con Delibera della Giunta Municipale numero 147 d.d. 14.2.1949. Giarizzole è toponimo attestato dal XIV e XV secolo (che anche Carezolo, XIII sec.) nelle forme Giarizolis (1346), Giaruzulis (1350) e, nel secolo successivo, Giarizulis (1472: in Zaulis sive Giarizulis); indicava questa zona del territorio, verso Zaule, ai piedi del monte S. Pantaleone. Il toponimo deriva dal lat. CARICEUS più suffisso diminutivo -oLus, da CAREX = carice, pianta delle Ciperacee diffusa nelle paludi. Priva di fondamento, quindi, l’ipotesi di Pinguentini, di un etimo da giàra «attraverso il vezzeggiativo femminile di giarìz: giarìzula».

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Campo San Giacomo

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Campo San Giacomo (Google Maps)

 

GIACOMO San (campo): Da via S. Giacomo in monte a via dell’Istria. C.A.P. nnumero 8-9-10: 34144; dal numero 1 al numero 7 e dal numero 11 a fine: 34137.
Denominazione risalente al secolo scorso, suggerita dalla presenza della chiesa dedicata a San Giacomo. La necessità di costruire una chiesa nella zona di Rena Nuova, popoloso rione all’epoca in pieno sviluppo, fu avvertita già nel 1840, essendo vescovo M. Raunicher e Preside del Magistrato M. de Tommasini; la prima pietra venne posta il 27.7.1851 e l’edificio, progettato dall’ing. G. Sforzi, venne portato a compimento nel 1854. La consacrazione avvenne il 25.7.1854. All’interno, tra gli altari laterali, venne posto un altare offerto dall’arciduca Ferdinando Massimiliano nel 1855, decorato da una pala recentemente attribuita al pittore viennese Johann Till (1827-1894). La chiesa non ha conosciuto particolari vicende nell’ultimo secolo, eccezion fatta per un recente intervento di consolidamento delle fondazioni del campanile (1987-1988); viceversa la pubblicistica sulla chiesa si è arricchita negli ultimi anni di nuovi ed analitici contributi, che hanno puntualizzato e riesaminato alcune vicende relative all’edificio sacro e all’arredo liturgico ivi contenuto. E da rilevare ancora che l’organo segnalato da E. Generini venne sostituito nel 1931 da altro più recente della ditta Zanin, mentre l’arredo liturgico si è arricchito di un calice d’argento donato nel 1888 al parroco C. G. Mosè e di una grande pisside d’argento dorato, fabbricata a Lubiana e donata alla chiesa nel 1918 dai fedeli di lingua slovena (cesellatore L. Sarazin).

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Piazza Giuseppe Garibaldi

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Piazza Giuseppe Garibaldi (Google Maps)

 

GARIBALDI Giuseppe (piazza)

Piazza Giuseppe Garibaldi: Barriera Vecchia. Al termine di via A. Oriani, all’inizio di viale G. D’Annunzio. C.A.P. 34131.
Già piazza della Barriera Vecchia, ebbe nuova denominazione con delibera Giunumero Mun, d.d. 28. 3. 1919 numero IX-31/5-19. Giuseppe Garibaldi, generale e uomo politico italiano, nacque a Nizza nel 1807; membro della Giovine Italia dal 1832, visse rifugiato nell’America del Sud dal 1835 al 1847, dopo il fallimento dell’insurrezione a Genova (1834). Rientrato in Italia, partecipò alla prima guerra di indipendenza al comando di gruppi di volontari; deputato della città di Macerata, fu tra i fautori e difensori della Repubblica Romana, dopo la sua caduta visse in Sardegna e dal 1857 si stabilì nell’isola di Caprera. Partecipò alla seconda guerra di indipendenza (1859) e, divenuto generale dell’esercito sardo, fu a capo del gruppo di volontari denominato «Cacciatori delle Alpi». Nel 1860 organizzò la celebre «Spedizione dei Mille» e, sbarcato a Marsala, assunse la dittatura della Sicilia iniziando la marcia alla volta di Roma, interrotta a Teano per volontà di Vittorio Emanuele II. Ritiratosi a Caprera, tentò nuovamente la presa di Roma, senza successo, nel 1862 e nel 1867.
Combattente in Trentino durante la terza guerra di indipendenza (1866), difese la Francia nella guerra franco-prussiana conquistando Digione. Ritiratosi nuovamente a Caprera, vi trascorse gli ultimi anni di vita, morendo nel 1882. Benché mai giunto a Trieste, Garibaldi esercitò notevole fascino e influenza sugli irredentisti della regione, atteggiandosi a vate profetico della sua redenzione. Notevoli furono quindi gli echi garibaldini nella regione Giulia specialmente a partire dal 1860, rafforzati da una visita del generale a Udine nel marzo 1867, occasione nella quale ricevette una delegazione di giuliani ed istriani; in una lettera ((Ai Triestini» del 1 ° aprile 1876 ebbe a scrivere della «amata nostra Trieste – preziosa gemma di cui tuttora trovasi vedovata l’Italia – e le Romane imponenti rovine di Pola, monumenti che attestano la maggiore delle grandezze romane. Oh! si! io patrocinerò la causa dei fratelli oppressi sino all’ultimo soffio di vita». In piazza G. Garibaldi, la colonna con la statua in bronzo dorato dello scultore F. Asco venne eretta in occasione dell ‘Anno Mariano, il 12 settembre 1954. La fontana, opera attribuita all’architetto G. Bernardi (scultore G. Depaul) fu restaurata dallo scultore numero Spagnoli e poi riattivata nel 1951.

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Piazza dei Foraggi

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Piazza dei Foraggi (Google Maps)

 

FORAGGI (piazza dei)

Piazza dei Foraggi: Barriera Vecchia. Al termine di viale G. D’Annunzio. C.A.P. dal numero 1 al numero 4 e numero 9: 34138; numero 5 e numero 6: 34139; numero 7 e numero 8: 34137.

La denominazione indicava originariamente la piazza situata dietro la Caserma Grande, corrispondente all’incirca, oggi, a foro Ulpiano. Il toponimo era dovuto al fatto che lì si svolgeva il mercato dei foraggi, in particolare del fieno. Agli inizi del secolo il mercato venne trasferito in zona periferica, nella piazza odierna che dal 1910 assunse il nome di «piazza nuova di Foraggi» e poi, semplicemente, «piazza dei Foraggi». Con Delibera del Podestà d.d. 3.3.1934 il nome di piazza dei Foraggi venne modificato in quello di «piazza dei Caduti Fascisti», intitolazione soppressa con Delibera del Podestà d.d. 5.3.1938 allorché ne venne disposto il trasferimento all’attuale piazza San Giovanni. Risale al 1912 il gruppo di case dell’I.C.A.M. all’angolo viale D’Annunzio via Signorelli, un cui lato prospetta piazza dei Foraggi, sorto su terreni già appartenuti al barone Sessler. L’ampio caseggiato al numero civico 4, la cui facciata prospetta la piazza verso la galleria di Montebello, venne progettato nel 1926 per conto dell’I.A.C.P. dall’architetto U. Nordio.

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Piazzale Europa

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EUROPA (piazzale)

Piazzale Europa: Cologna-Scorcola. Tra via Fabio Severo e via A. Valerio. C.A.P. 34127.
Si tratta di «denominazione simboleggiante la’unità Europea […] assegnata in ottemperanza a quanto disposto dal Ministro dell’Interno con circolare […] pervenuta alla Segreteria della Commissione toponomastica in allegato alla nota numero XXV/a/20 d.d. 5.3.1958 della locale Prefettura»; così dal 6.3.1961 (Delibera del Consiglio Comunale numero 59). L’intitolazione venne suggerita a seguito della firma dei Trattati di Roma (25 marzo 1957), cioè del trattato istitutivo della Comunità Economica Europea (C.E.E.) e del trattato istitutivo della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom). Quello relativo alla Comunità Economica Europea stabilisce l’instaurazione di un mercato comune generale, il progressivo ravvicinamento delle politiche economiche degli Stati membri e uno sviluppo armonioso e continuo delle attività economiche, provvedendo alla libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali nell’ambito comunitario. Il trattato istitutivo della Comunità europea dell’energia atomica prevede invece lo sviluppo delle industrie nucleari e il miglioramento del tenore di vita negli stati membri, un mercato comune dei materiali e delle attrezzature speciali e delle materie fissili.
Al numero civico 1 si trova il complesso dell’Università degli Studi di Trieste; l’edificio principale, che prospetta piazzale Europa e che ospita anche il Rettorato, venne costruito dagli architetto U. Nordio e R. Fagnoni (prima pietra posta il 19.9.1938) e l’atrio dell’ala destra è decorato con mosaici pavimentali di U. Carà. Il complesso venne inaugurato dal Ministro Gonella il 3.11.1950; gli edifici della Facoltà di Ingegneria vennero costruiti nel 1965-1971 su progetto dell’architetto U. Nordio mentre la nuova Casa dello studente è opera dell’architetto R. Boico (1974). Il bassorilievo posto alla base dell’avancorpo di destra dell’edificio principale venne scolpito dal fiorentino M. Moschi (1943); quello dell’avancorpo di sinistra, che ha di fronte una statua Minerva dello scultore M. Mascherini, fu posto nel secondo dopoguerra. L’attuale Università degli Studi di Trieste deriva dal R. Istituto Superiore di Studi Commerciali che con R.D. 8 agosto 1924 numero 1338 assunse il nome di Regia Università degli Studi Economici e Commerciali; con R.D. 8 luglio 1938 numero 252, infine, divenne Università degli Studi. Alla Facoltà di Economia e Commercio seguì l’istituzione della Facoltà di Giurisprudenza (R.D. 8.7.1938), della Facoltà di Lettere (1943, conval. G.M.A. 8.11.1945), della Facoltà di Ingegneria (1945, istituita nominalmente già nel 1942), della Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali (1946), della Facoltà di Magistero e della Facoltà di Farmacia (1955-1956), della Facoltà di Medicina (1965), della Facoltà di Scienze Politiche (1970). Gli edifici dell’I.A.C.P. ai nnumero civico 2-5, progettati dallo studio Ghira-Polacco, vennero costruiti nel 1926.

L’aspirazione della comunità triestina a dotarsi di istituzioni universitarie è documentata sin dal XVIII secolo, quando lo sviluppo portuale della città indusse l’establishment locale a chiedere alla Casa d’Austria la fondazione di un ateneo, capace di affiancare la fiorente attività mercantile con adeguate infrastrutture formative in ambito giuridico ed economico.

È noto che il governo di Vienna si rifiutò reiteratamente di assecondare tale aspirazione, tanto più quando, con il secolo successivo, l’apertura di una sede universitaria a Trieste finì per rientrare tra le istanze irredentiste della locale comunità italiana. La mancata soluzione della “questione universitaria” non impedì, peraltro, che la città si dotasse d’istituti di alta formazione, ancorché non universitari. È il caso della “Scuola Superiore di Commercio”, creata nel 1877 dal barone Pasquale Revoltella, protagonista della Trieste emporiale ottocentesca e grande mecenate della cultura e dell’arte, al fine di corrispondere alle crescenti esigenze professionali e pratiche nei settori del commercio, della navigazione e delle discipline collegate.

È solo con il passaggio alla sovranità italiana, a seguito del primo conflitto mondiale, che Trieste inizia a sviluppare proprie istituzioni di studi superiori e universitari. In particolare, il regio decreto-legge 7 novembre 1920, numero 1667, trasformava la Scuola, con l’aggiunta di un terzo anno di corso, in “Istituto Superiore di Studi Commerciali”, parificandolo ai consimili istituti italiani e, di fatto, incardinando quella che sarebbe divenuta, di lì a poco, sede universitaria sulle fondamenta della Scuola Superiore voluta da Revoltella.

Aggiunto nel 1921 un quarto anno all’ordinamento degli studi e conseguita l’assimilazione degli istituti superiori alle università, grazie al voto del corpo docente e all’impegno finanziario del Comune di Trieste, che devolveva i fondi raccolti sotto la dominazione austriaca per la realizzazione dell’università, l’Istituto Superiore veniva costituito, con regio decreto 8 agosto 1924, numero 1338, in “Università degli Studi Economici e Commerciali”, comprendente la sola Facoltà di Scienze Economiche e Commerciali. Primo rettore ne fu il giurista Alberto Asquini, titolare della cattedra di diritto commerciale.

Dal 1° dicembre 1930 il rettorato veniva assunto da Manlio Udina, titolare della cattedra di diritto internazionale. Udina si adoperò per il potenziamento dell’Università triestina, giovandosi dell’appoggio del ministro dei Lavori Pubblici dell’epoca, il triestino Cobolli Gigli, e del sostegno del ministro dell’Educazione Nazionale Bottai. Questi, in occasione di una visita all’Università, il 15 maggio 1938, annunziava l’istituzione della nuova Facoltà di Giurisprudenza, ordinata nei due corsi di laurea in giurisprudenza e in scienze politiche: impegno, questo, concretizzatosi con il regio decreto 8 luglio 1938, numero 252, con il quale si disponeva, al contempo, che l’Ateneo, ormai costituito da due facoltà, assumesse la denominazione di ”Regia Università degli Studi”.

Nei decenni successivi, l’Università avrebbe registrato un progressivo sviluppo, con l’insediamento graduale di ulteriori dieci facoltà: Ingegneria (1942), Lettere e Filosofia (1943), Scienze Matematiche Fisiche e Naturali (1946), Farmacia (1956), Scienze della Formazione (1956), Medicina e Chirurgia (1965), Scienze Politiche (1974),Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori (1978), Psicologia (1997) e Architettura (1998).

Tale assetto si è mantenuto in vita sino alla riforma universitaria del 2010 (l. 30 dicembre 2010, numero 240), in attuazione della quale il nuovo Statuto di Ateneo, entrato in vigore nel 2012, ha ridisegnato l’architettura istituzionale dell’Università, decretando, per un verso, la cessazione delle preesistenti facoltà e, per l’altro, l’attribuzione delle funzioni di organizzazione didattica e di gestione dell’attività scientifica ai seguenti dipartimenti: Fisica; Ingegneria e Architettura; Matematica e Geoscienze; Scienze Chimiche e Farmaceutiche; Scienze Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche; Scienze Giuridiche, del Linguaggio, dell’Interpretazione e della Traduzione; Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute; Scienze Politiche e Sociali; Scienze della Vita; Studi Umanistici.

Elenco dei rettori e direttori dal 1877 ad oggi.

 

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Piazza di Donota

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DONOTA (piazza di)

Piazza di Donota: San Vito-Città Vecchia. A sinistra di via di Donota. C.A.P. 34121.

Denominazione antichissima, attestata almeno dal XIV secolo, di origine non accertata. Certamente Donota indicava, fin dal Medioevo, una delle principali porte della città: Donote Ianua riportano gli Statuti comunali del 1350; successivamente il termine divenne odonimo e come tale si è conservato fino ai nostri giorni.
Interpretazioni ottocentesche vogliono far derivare il termine Donota dal fatto che la porta in questione sarebbe stata l’unica aperta anche di notte; L. de Jenner suppose un’origine dall’antroponimo femminile Donata, poiché una Donata ved. di Cadolo dei Cadoli avrebbe posseduto nella zona beni immobili (a. 1349). Si tratta di etimologie prive di fondamento, come quella proposta dal Pinguentini che, con riferimento a una zona paludosa e ricca di canneti, suppose un’origine dal greco (!) «donakeús» = canneto, canna, termine epico del greco seriore. Gli edifici all’angolo piazza di Donota – via della Piccola Fornace vennero demoliti nell’aprile 1935. Il gruppo di case verso via delle Candele è stato ristrutturato nel 1983-1985 dall’I.A.C.P. per conto del Comune di Trieste.

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Piazzale Alcide De Gasperi

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DE GASPERI Alcide (piazzale)

Piazzale Alcide De Gasperi: Barriera Vecchia/Chiadino-Rozzol. Al termine di viale dell’Ippodromo. C.A.P. numero 1: 34131; rimanenti numeri: 34139.
Così intitolato Delibera del Consiglio Comunale d.d. 22.12.1964 numero 477. Alcide De Gasperi, uomo politico e statista italiano, nato a Pieve Tesino (Trento) nel 1881. Accostatosi alla vita politica nel 1905, entrò nelle file dell’Unione politica popolare di ispirazione cattolica e fu eletto deputato al Parlamento di Vienna ove sostenne l’autonomia trentina. Dopo il I conflitto mondiale si iscrisse al Partito popolare e nel 1921 fu eletto deputato al Parlamento italiano; dopo la marcia su Roma appoggiò dapprima il governo fascista per passare in seguito all’opposizione. Alla fine del 1926, dopo la secessione parlamentare dell’Aventino, visse ricercato dalla polizia a Milano e a Roma; mentre era in viaggio alla volta di Trieste venne arrestato, processato e giudicato colpevole di espatrio clandestino. Scontati sedici mesi di carcere, fu impiegato alla Biblioteca Vaticana e dal 1942-1943 riorganizzò il Partito popolare con il nome di Democrazia Cristiana, della quale fu rappresentante nel Comitato di Liberazione Nazionale. Fu Presidente del consiglio dal 10.12.1945 al 17.8.1953, legando il proprio nome agli anni della ricostruzione politica ed economica. Morì a Sella di Valsugana nel 1954.
Al numero civico 1 di piazzale De Gasperi si trova il comprensorio della Fiera Campionaria Internazionale di Trieste, su terreni già occupati dal campo sportivo dell’Unione Sportiva Triestina. Gli impianti, costruiti nel 1949-1950, vennero inaugurati il 27 agosto 1950; l’edificio riservato agli uffici di amministrazione è opera dell’architetto U. Nordio (1950). Si trova al numero civico 4, invece, l’ingresso principale dell’Ippodromo detto di Montebello, costruito nel 1890 su progetto dell’architetto Ruggero Berlam su fondi appartenuti alla principessa Teresa della Torre-Hohenlohe; l’impianto venne inaugurato con la disputa del «Premio Trieste» il 4.9.1892. Inutilizzato durante il primo conflitto mondiale, venne solennemente riaperto il 22.5.1922 alla presenza dei sovrani mentre verso il 1933 fu acquistato a rate dal Comune di Trieste che nel 1938 ne concesse la gestione all’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo. All’interno si trovano le iscrizioni: «ANTONIO DE VOLPI / NELL’IPPODROMO CHE FU SUO PENSIERO / LA SOCIETÀ DELLE CORSE / 1912 /»; «GIUSEPPE ROSSI DA CRESPANO / EDUCATORE MIRABILE DI CAVALLI / AGONISTA VITTORIOSO / QUI MORTO IN CAMPO AL DI VIII GIUGNO MCMX / QUI RICORDATO PER VOTO DELLA SOCIETÀ DELLE CORSE / » « L’IMMENSO GIUBILO DI TRIESTE / IL XXI MAGGIO MCMXXII / ACCLAMAVA IL RE NOSTRO / VITTORIO EMANUELE III / NELL ‘ IPPODROMO SOLENNEMENTE RIAPERTO / DOPO IN NEMBO DI GUERRE / AL SOLE AL TRICOLORE / DE LA VITA NUOVA / D .

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Piazzale Antonio De Berti

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Piazzale Antonio De Berti (Google Maps)

 

DE BERTI Antonio (piazzale)

Piazzale Antonio De Berti: Valmaura-Borgo San Sergio. A destra di via R. Batagely. C.A.P. 34148.
Ricorda dal 9.7.1962 (Delibera del Consiglio Comunale numero 370) Antonio De Berti, nato a Pago in Dalmazia nel 1889; studiò al ginnasio di Trieste e fin da giovane fu attratto dagli ideali mazziniani e irredentistici. Fu iscritto alla Democrazia Sociale Italiana e nel 1908 venne arrestato mentre partecipava al congresso giovanile regionale di quel partito e fu condannato a qualche mese di reclusione (1909). Nel 1911 intervenne a Capodistria al congresso del Fascio Giovanile Istriano e nel 1912, trasferitosi a Pola, divenne segretario del Circolo Sportivo «Edera» fondando pure, assieme a A. Pesante e a R. Rinaldi, il periodico La Fiamma. Giornalista di valore, difensore dell’identità italiana dell’Istria, ammiratore e diffusore del pensiero crociano, De Berti si avvicinò alla socialdemocrazia. Richiamato alle armi nel 1914 nelle file dell’esercito austriaco, dopo avere tentato inutilmente la fuga in Italia venne internato nel campo di concentramento di Mittergraben dal quale fuggì nel 1917 nascondendosi in Istria e organizzando un servizio clandestino di informazioni per l’Esercito italiano. Concluso il primo conflitto mondiale si laureò in giurisprudenza e fu collaboratore dell’amm. U. Cagni a Pola, ove fondò il quotidiano L ‘Azione. Nel 1921 fu eletto deputato del Blocco Nazionale e operò in Parlamento manifestando opposizione al comunismo e al fascismo; dopo la marcia su Roma (1922), sospese le pubblicazioni de L ‘Azione, esercitò l’avvocatura e presentò le dimissioni dalla carica di deputato, però non accettate; dal 1943 aderì al socialismo riformista e fu Commissario prefettizio a Pola. Arrestato dai tedeschi nel dicembre 1944, venne rilasciato nel marzo 1945 e si trasferì a Trieste ove partecipò attivamente ai programmi del Comitato di Liberazione Nazionale. Dopo il 1945 fu a Roma presidente del Comitato per l’assistenza ai profughi e venne nominato membro della Consulta Nazionale e delegato italiano alla Conferenza della pace a Parigi e a Londra. Nel 1946 partecipò ai lavori della Commissione alleata per la regolazione dei confini e diresse il quotidiano La ricostruzione; successivamente ottenne la nomina a Capo di gabinetto alla Vicepresidenza del Consiglio e al Ministero della Marina mercantile e inoltre fu Consigliere di Stato nonché membro del Supremo Tribunale Militare e del Consiglio superiore delle Forze Armate. Morì a Roma il 2 maggio 1952.

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Piazza Dalmazia

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DALMAZIA (piazza)

Piazza Dalmazia: città Nuova-Barriera Nuova. Attigua a piazza G. Oberdanumero C.A.P. numero 1: 34132; numero 2/a: 34122; numero 3: 34133; numero 4: 34134.
Dal 12.6.1925 (Delibera della Giunta Municipale numero 54) si decise di «denominare il nuovo largo formato in seguito alla regolazione della piazza G. Oberdan: piazza Dalmazia», dalla regione balcanica lungo la fascia costiera dell’Adriatico dal 1947 appartenente alla Jugoslavia. La regione, abitata fino a non molto tempo fa nella zona costiera da popolazioni di lingua italiana e nell’interno da una maggioranza serbo-croata, era stata definitivamente romana dal I secolo a.C.; successivamente fece parte dell’impero romano d’Occidente, poi di quello bizantino. Contesa fra la Repubblica di San Marco e il Regno d’Ungheria, venne ceduta a Venezia nel 1409. Dal 1814, dopo la parentesi napoleonica, fece parte dell’impero austriaco fino al 1918; con il trattato di Rapallo (1920) Zara e le isole del Quarnaro (tranne Veglia) vennero cedute al Regno d’Italia mentre la Dalmazia venne a far parte del Regno di Jugoslavia. Militarmente occupata dalle truppe italiane (1941), fu riconquistata dagli jugoslavi nel 1943.
Attualmente la Dalmazia (3.985 kmq) è divisa dal punto di vista amministrativo fra Croazia, Bosnia-Erzegovina e Montenegro; confina a nord con il passo Vrata, a sud con il fiume Boiana, a est con le Alpi Beble e Dinariche. Città principali: Zara, Sebenico, Spalato, Arbe, Pago, Ragusa.

Al numero civico 2 di piazza Dalmazia si trova il palazzo della SAIMA s.p.a., eretto negli anni 1923-1925 dall’imp. Pollak e Ghira; il sito apparteneva, in precedenza, a piazza della Caserma con, al centro, il fontanone pubblico costruito nel 1851 dall’ing. G. Sforzi e demolito nel 1923. Reca il numero civico 1 casa Nussa, poi Di Demetrio, appartenuta dal 1785 al commerciante greco Antonio Nussa; l’edificio venne sopraelevato nella seconda metà dell’Ottocento. Segue al numero civico 3 (palazzo dell’I.numeroA., 1929) casa Fabris (numero civico 4), già sede di un noto caffè cittadino; l’edificio venne costruito dall’architetto F. Giordani nel 1853 per Giovanni Fabris.

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Piazza Cornelia Romana

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CORNELIA ROMANA (piazza)

Piazza Cornelia Romana: San Vito-Città Vecchia. Tra le vie G. Stampa, dei Fabbri e dei Capuano. C.A.P. 34124.
Dal 13.2.1903 ricorda la celebre matrona romana Cornelia (IV sec. a.C.), figlia di Scipione l’Africano, moglie di T. Sempronio Gracco e madre dei tribuni Tiberio e Caio Gracco. Al numero civico 1 si trova un edificio progettato dall’ing. L. Miani, con motivi liberty, del 1904-1905.

 

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Largo Città di Santos

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CITTA DI SANTOS (largo)

Largo Città di Santos: Città Nuova-Barriera Nuova. Attigua a piazza della Libertà. C.A.P. 34135.

Intitolazione disposta con Delibera Commissario Prefettizio numero 1725 d.d. 20.4.1982, nell’ambito delle cerimonie per il gemellaggio tra le città di Santos e diTrieste, quale segno – affermò il Sindaco di Trieste allo scoprimento della targa toponomastica «di speranza e della convinzione di un futuro sempre più attivo (…). Qui si apre il Punto Franco Vecchio del Porto, da cui trassero origine le fortune di Trieste; qui è l’ingresso alla città per chi vi giunga in ferrovia o dall’aereoporto o dalle autostrade che la collegano all’Italia o all’Europa». Santos, città del Brasile, fondata dai portoghesi nel 1545, capitale dello stato brasiliano di San Paolo, sorge su un’isola della baia omonima che si apre sull’Oceano Atlantico. È il porto più importante del Brasile, notevole per l’esportazione nel mondo, specie del caffè. Il gemellaggio con Santos venne deliberato dal Consiglio Comunale di Trieste il 28.6.1977, in considerazione dei rapporti ultradecennali tra le due città e «in particolare di un’affinità di importanza commerciale ed amministrativa nell’ambito dei rispettivi Paesi e della similitudine di una pluralità di attività che comunque si incentrano nell’attività portuale». La cerimonia di gemellaggio si svolse il 13 marzo 1978 nella Prefettura di Santos, alla presenza del sindaco di Trieste Marcello Spaccini e del sindaco di Santos António Manoel de Carvalho. Il vicino edificio della Stazione Comunale delle Autocorriere (architetto U. Nordio) venne inaugurato il 5 maggio 1935. Sul largo danno i varchi del Punto Franco Vecchio, opera dell’architetto G. Zaninovich (1910-1914).

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

Un sentito ringraziamento va al Prof. Antonio Trampus, per aver acconsentito all'utilizzo dei suoi testi.

Trieste – Piazza San Cipriano

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Piazza San Cipriano (Google Maps)

 

CIPRIANO San (piazza)

Piazza San Cipriano: San Vito-Città Vecchia. Tra via delle Monache e via della Cattedrale. C.A.P. 34121.
Denominazione ottocentesca suggerita dalla presenza del vicino convento con annessa chiesa dedicata a quel Santo. Il toponimo San Cipriano deriva dalla chiesa omonima eretta nel 1302 e ceduta alle Monache Benedettine nel 1458; la piazzetta è priva di numeri civici.

 

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

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Trieste – Piazza Cavana

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Piazza Cavana (Google Maps)

 

CAVANA (piazza)

Piazza Cavana: San Vito-Città Vecchia. Tra via San Sebastiano e via Cavana. C.A.P. 34121.
Antichissima piazzetta cittadina già al limite delle mura, presso il mare, la cui denominazione riprende, dal Settecento, il toponimo medioevale e il nome della porta già situata verso l’attuale via Cavana, costruita nel 1471 e demolita nel 1778. Piazza Cavana raggiunse le attuali dimensioni nel secondo decennio del nostro secolo; al 1913 risale l’edificio numero civico 1, con motivi neorinascimentali, che ospita al pianterreno l’antica farmacia Serravallo (oggi Al Redentore); venne eretto in parte sul sedime di una più vasta casa settecentesca(già via del Pesce numero 5). All’opposto, verso via San Sebastiano, venne demolita nel 1925 circa una modesta casa dietro alla quale correva la scomparsa androna dell’Angolo.

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

 

Un sentito ringraziamento va al Prof. Antonio Trampus, per aver acconsentito all'utilizzo dei suoi testi.

Trieste – Piazza della Cattedrale (San Giusto)

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Piazza della Cattedrale (Google Maps)

 

CATTEDRALE (piazza della)

Piazza della Cattedrale: San Vito-Città Vecchia. Al termine di via Capitolina e di via della Cattedrale. C.A.P. 34121.

 

Denominazione settecentesca suggerita dalla presenza della cattedrale di San Giusto. Come noto, dall’epoca romana esisteva un tempio romano con propileo sullo stesso sito, e del quale rimangono alcune vestigia. Nel V secolo venne eretta sulle sue rovine una basilica dedicata alla Madonna e forse già allora anche a San Giusto; i resti di questa basilica paleocristiana furono esplorati nel 1949. Andata in rovina questa basilica probabilmente durante le invasioni barbariche, venne costruito alla sua destra, nel IX secolo, un sacello dedicato a San Giusto, forse sul sito precedentemente occupato da un sacello paleocristiano. Le strutture del sacello del IX secolo, ora incorporate nella navata destra della cattedrale, vennero consolidate e studiate nel 1932 e nel 1967. A sinistra, invece, sul sedime della basilica paleocristiana del V secolo è accertata la presenza, dall’XI secolo, di una cattedrale romanica dedicata all’Assunta, i cui resti vennero rilevati nel 1967. Nel Trecento questi due edifici sacri, cattedrale e sacello, vennero fusi nella grande cattedrale che tuttora si ammira, restaurata negli anni 1928-1932, con la demolizione di sovrastrutture tarde e prive di rilevante valore artistico e storico. Nella navata sinistra, il mosaico absidale dell’Assunta venne restaurato nel 1950 come da epigrafe ai piedi degli apostoli: «PIETATIS ET SPEI TEMPORIBUS ACERBIS TESTIMONIUM A.D. MCML RENOVATUM»; a quell’epoca risalgono pure la grata e il tabernacolo bronzeo dello scultore M. Mascherini. Vicino è il sepolcro dei vescovi che accoglie le spoglie mortali dell’arcivescovo mons. A. Santin, come da iscrizione sormontata dallo stemma episcopale: «ANTONIO SANTINI ARCHIEPISCOPUS / EPISCOPUS FLUMINENSIS / 1933-1938 / TERGESTINUS ET JUSTINOPOLITANUS / 1938-1975 /
IN CARITATE / ET FORTITUDINE PRAEFUIT / DEFENSOR CIVITATIS / RUBINII IN HISTRIA /
9.12.1895 / TERGESTI / 17.3.1981/».
L’abside maggiore della cattedrale venne ricostruito nel 1932 dall’architetto F. Forlati e decorato a mosaico dal veneziano G. Cadorin con motivi raffiguranti Cristo e la Vergine con i martiri Giusto, Servolo, Eufemia, Sergio, Apollinare e Tecla. Sull’arco della conca absidale è l’iscrizione del 1928: ITALIAE MATRIS GREMIO RECEPTI TERGESTINI OVANTES ANNO XIV». All’ingresso della cattedrale vi è inoltre un’acquasantiera con figura bronzea di San Giusto opera dello scultore Mascherini (1949). Nel 1928-1932 venne pure restaurato il vicino battistero di S. Giovanni, a sinistra del campanile. In piazza della Cattedrale si trova pure, dal 1929, l’Ara della III Armata, costruita in onore del Duca d’Aosta (architetto C. Polli). Poco lontano si trova invece il Monumento ai Caduti della prima guerra mondiale, eretto nel 1935, opera dello scultore Attilio Selva. Sulla facciata del campanile venne murata, nel 1919, una grande lapide recante inciso il testo del Bollettino della Vittoria (3.11.1918) a firma del generale A. Diaz. All’interno della Cattedrale, infine, venne posta nel 1922 sopra la cantoria l’iscrizione: «L’INDUSTRE AMORE PER L’AVITA BASILICA / DEL CAnumeroCO PARR.CO MONS. GIUSTO BUTTIGNONI / E LA MUNIFICENZA DEL GR. UFF. BAR.NE ROSARIO CURRÒ / DONARONO A TRIESTE QUEST’ORGANO / OPERA PRECLARA DI VINCENZO MASCIONI DA CUVIO / 1922 /D.

Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

 

Un sentito ringraziamento va al Prof. Antonio Trampus, per aver acconsentito all'utilizzo dei suoi testi.